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Chiuso in un ego alternativo (2010)

Quello che spinge Alfredo De Giuseppe a scrivere non è tanto la preoccupazione per la caducità della propria carne quanto l'impulso a salvare certe cose del proprio mondo, della propria civiltà personale, della propria continuità non semantica.La sua poesia non è un' esistenza migliore, è un'esistenza alternativa; non è un tentativo di sfuggire alla realtà ma un tentativo di animarla. è spirito che cerca la carne ma trova le parole. Parole che Alfredo tesse in una poesia accesa da lumi orfici, traversata e scossa da persistenti domande, aperta, talvolta, in abissi febbrili. Parole che sono un amato spazio di rivelazioni dove fermare l' eternità nell' incanto radioso degli istanti. L' eternità di gesti, luoghi, suoni, riti che vengono sottratti alla consunzione delle cose e alla lenta e fatale opera di erosione del tempo per essere trasfigurati in un luogo librato fuori dallo spazio-tempo. Ci sono Keith Jarret e Bob Dylan a ricordarci che la sua poesia è un' offerta che si prefigge di conservare nelle parole l' intuizione che essa ha vissuto nel loro suono. "L' uomo che non ha la musica nell' anima non sarà mai un vero poeta" scrisse Coleridge. Il suo verso è mondato di ogni ridondanza, nettato da ogni orpello. Alfredo scava le parole fino a farle risplendere di solitudine; sollevandole al loro ultimo e irriducibile significante ci porta ad essere in intima comunione col suo sentire. Ama, sogna, spera, esorta e sfaccetta i suoi rimpianti, i suoi ricordi, il suo futuro in versi essenziali e casti. Casti, sì. Perché anche dove la parola sembra essere prosaica, decontestualizzata dall'uso cui è comunemente destinata, si rivela un fendente che ti inchioda all' esperienza, alla vita, che Alfredo vuole raccontare. Al suo paesaggio interiore popolato di echi e voci nostalgiche, di suggestioni dolci e amare, di ironia e corrosivo sarcasmo. L' ironia con cui sferza i salutisti, per esempio. O quella, spiazzante perché lontanissima dalla retorica, nella chiusa della poesia che dedica ad Eleonora. O il sarcasmo riservato a chi "proclama poesie senza conoscere Borges". "La poesia non è la mia ambizione, è la mia maniera di stare solo" soleva ripetere Pessoa. Ebbene, Alfredo in questi versi si denuda rimanendo inerme. Solo con "il bicchiere vuoto nella mano", solo "al caffè del nulla", solo al passare delle stagioni, solo "fra un libro iniziato e un giornale buttato", solo con i romanzi non letti, gli amori non goduti e le lettere non scritte, solo con "le pietre amare e carse/ grigie e bianche"... solo con lo splendore di non capire e di essere. Solo con la sua vita. Perché "non ho mai visto/ un uomo più innamorato" di lui della vita.

Tommaso Ciardo

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