1980-10 "Natio borgo selvaggio" - Nuove Opinioni
Vedere Tricase a settecento chilometri di distanza (e da dentro una caserma dell’esercito) è un’operazione da tentare. E non è, francamente, il paese delle meraviglie.
Le immagini poetiche sono cancellate da ricordi più sobri. La nostalgia coinvolge persone care più che situazioni pubbliche o collettive. Tricase appare in tutta la sua mediocrità, in tutto il suo futile perbenismo. Ci sono stato una settimana, fra agosto e settembre, e l’estate si avviava verso la conclusione senza scossoni. Il solito bel tempo, il solito mare. Ah, si, c’era l’affaire dell’esproprio di Codacci Pisanelli! Davvero piccole cose. Cose da discutere “sotto l’orologio”, fra un probabile marito cornuto e un sicuro omosessuale, più che dietro i tavoli della “seria programmazione”.
È inutile negarcelo: siamo miseri nel nostro provincialismo. Le case vengono su senza criterio, il centro storico è periferia, il centro reale è squallido, non esiste verde pubblico, l’agricoltura è solo lavoro nero, le piccole imprese vivono alla giornata sfruttando la manodopera, l’unica occupazione è offerta dalla “Premiata Ditta Comune spa” (ognuno di noi ha investito qualcosa). Ma nel frattempo dobbiamo rallegrarci delle iniziative culturali, di una fantasia pari a Nicolini e Lizzani messi insieme, dei Festival dell’Unità e dell’Amicizia, tanto vicini alle feste di Sant’Andrea e San Luigi (e per fortuna il PSI non esiste se no ci toccava pure quella dell’Avanti!) e del fiorire di campeggi ed alberghi.
La nuova ricchezza non entra in tutte le case, non diventa bene di tutti, ma un privilegio di pochi, che arricchiscono le banche, che a loro volta arricchiscono i ricchi.
Oltre al mare, l’immagine più frequentata è quella dei nostri vecchi. Penso ad Angelo, in particolare, morto qualche tempo fa. Lo conoscevo da bambino, ma mi dicono, da trent’anni era lì seduto, immobile, senza interessi, fumando e sputando, bestemmiando di tanto in tanto contro i ragazzini che lo disturbavano. Stava lì, immutabile nel tempo, con il naso nero fumo e i capelli bianchissimi, ad aspettare, senza neanche dignità o qualche sorta di fachirismo, l’ora segnata-. Una presenza, nonostante tutto. L’immagine politico-culturale del Salento è questa. C’è, ma è immobile, restia ai mutamenti.
Ad essere realista, mi sembra che nei prossimi dieci anni questo panorama non possa cambiare. Le forze di sinistra sono più che mai nel limbo. Il PSI è pressoché sparito nelle ultime elezioni, dimostrando i propri limiti nel non sapersi dare una reale immagine laica e libertaria. Troppe volte i suoi voti sono stati i voti di fuoriusciti democristiani insoddisfatti in qualche faccenda personale.
Il PCI è un partito guidato da gente pronta e decisa ma che parla e ragiona con gli schemi di Togliatti, con un’idea verticistica che fa paura. Sono indietro, sempre pronti a mascherare le nefandezze di sinistra siano esse locali, nazionali o internazionali. E gli esempi non mancano. Il giovanilismo politico spontaneo non esiste più perché non ha più il supporto culturale che aveva cinque, dieci anni fa, perché a scuola conta di nuovo il voto, musica scema e televisione hanno rimbecillito. Della D.C. meglio non parlarne.
Tutti sanno tutto, tutti ne parlano, ma ognuno ha i propri interessi da difendere, i legami familiari da rispettare, una colpa da nascondere. Le iniziative culturali, tipo il cineforum, sono destinate al fallimento per una mancanza di chiarezza e di rinnovamento gestionali.
Può andar bene il cineforum, tipo sessantotto, a chi parla di musica SKA e chi vede al massimo i films di Dario Argento?
E possiamo accontentarci di uno spettacolo teatrale all’anno o di vedere sempre films porno o di karatè? Anche la rassegna bandistica ha entusiasmato e aperto vecchi ricordi ma quanto contribuisce al dibattito e alla crescita collettiva? Sono le solite parole eppure mi sembra più intelligente che mai ribadire che le trasformazioni culturali hanno una profondità che va al di là delle vuote forme politiche. C’è ancora qualcuno con la voglia di parlarne?
“Nuove Opinioni” – Ottobre 1980
Alfredo De Giuseppe