1984-10 "In margine al rifiuto del calcetto" - Nuove Opinioni

 

I problemi della nostra cittadina (e della nostra provincia) non sono semplici, e quelli macroscopici, della disoccupazione e dell’assoluta mancanza di prospettive industriali o di un fertile e programmato sfruttamento del territorio, non hanno formule matematiche, applicabili con assoluta certezza, ma solo piccoli assiomi, in parte ancora da teorizzare.

Il turismo poi è poco più di uno spettro, da richiamare al momento opportuno, da acclamare quando qualcuno dice che l’economia stagna, da vanificare (e dire anzi che è un’anima cattiva) quando tocca qualche nostro piccolo  interesse o qualche piccola, atavica tradizione.

Penso che uno studio serio, concreto, realistico (basato almeno sulle effettive –scarne- presenze “straniere”) non sia mai stato affrontato in consessi comuni dei vari enti.

La nostra terra stenta a diventare produttrice di ricchezza, ma soprattutto stenta ad avere un “pensiero” proprio.

Carmelo Bene, a pagina 10 della sua ultima (ironica e bellissima) autobiografia “Sono apparso alla Madonna” scrive: “…Ora dove questo pensiero “depensa”, si spensiera, via via scendendo fino al Capo di Leuca, lì comincia la Magna Grecia. A sud del sud. La Magna Grecia è il “depensamento” del pensiero del sud”.

Il pensiero proprio è cultura in un momento storico bombardato di notizie, basato sulla nuova comunicazione, avere un “pensiero” significa conoscere, gestire con nuova professionalità i nuovi molteplici, (a volte effimeri cretini e fanciulleschi) bisogni della gente che li abita.

Questa necessità di “pensiero” deve (deve e deve) passare attraverso tutte le componenti sulle quali si basa la nostra convivenza: operatori economici, uomini di cultura (quella classica intendo statuaria e personalistica) e soprattutto amministratori.

Al di là degli schieramenti politici (ai quali, onestamente, non ci crede più nessuno, tranne una minoranza di mestieranti), l’ideale vicino, comune, raggiungibile, eppure traguardo ambito, bellissimo e massimo consentito dalla nostra società, dovrebbe essere quello di creare un rapporto dialettico – mai formale – fra bisogni, nuove esigenze e gestione del potere.

Il rapporto tipico “ti offro un caffè e ti dico che mi devi fare quel favore” è vecchio, ha esasperato gli animi, umiliato le intelligenze. L’amministratore, il delegato alla gestione della “res pubblica” (è bene di tanto in tanto ricordare questi concetti fondamentali) dovrebbe essere quello che spinge verso il “nuovo” o semplicemente verso il movimento, non colui che, disperatamente, pur di dimostrare che sta esercitando il suo potere, frena continuamente tutto ciò che non gli appartiene.

In questo senso e con queste premesse non posso condividere il diniego da parte della Giunta Comunale a far disputare il secondo torneo di calcetto su Piazza Cappuccini.

Perché l’anno scorso ha avuto tanto successo una manifestazione di per sé semplice e realizzata in pochi giorni? Per il semplice motivo che era una novità, che richiamava, antropologicamente, l’uso che di quello spazio era stato fatto per cinquant’anni. Perché una manifestazione, per la prima volta, non assumeva carattere occasionale (i due giorni della festa dell’Unità, il giorno dedicato all’ADOVOS, il blando concerto del giorno dopo di san Luigi), ma spettacolarmente occupava una pizza per circa un mese.

La manifestazione veniva sponsorizzata e organizzata da piccole ditte individuali, che dimostravano così il buon proposito di spostare l’idea della spesa pubblicitaria da affiancare ai nuovi veicoli spettacolari. Una strada, questa, che , se aperta e ben costruita, potrebbe portare, in breve, alla possibilità di creare spazi culturali (cinema, teatro e musica) che in altri modi non trovano più momenti di attuazione.

Potrei, retoricamente, ricordare il successo, l’enorme popolarità ricevuta in tutto il Salento e altre cose simili, ma mi fermo qui. È il pensiero della “non cultura” che lascia poche speranze.

Simbolicamente, per far risaltare la fine della speranza, il posto concesso per disputare il nuovo calcetto è la piazzetta adiacente il Cimitero, che suona come un ridimensionamento di tutta la manifestazione.

Ecco perché “il calcetto in piazza” non è stato organizzato (senza danno per nessuno, senz’altro, né gesti di disperazione): mi sembrerebbe, ancora una volta, di relegare una cosa viva in un luogo di morte.

 

Nuove Opinioni - 14 ottobre 1984

Alfredo De Giuseppe

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