1992-04 "Gioco dunque sono" - Nuove Opinioni

Gennaro Ingletti che ha il merito di insistere su “Nuove Opinioni”, e di credere nello sport, mi chiede di parlarmi addosso, del calcio, del mio calcio. Ma l’impresa non è facile.

Viviamo in un momento in cui il calcio si identifica con il “Processo del Lunedì” e “L’Appello del martedì” in campo nazionale; mentre fra i dilettanti è sparita quell’idea di società intesa come associazionismo curato e colto ed ha lasciato il posto ad una specie di limbo sospeso tra affari e politica, sempre e comunque poco chiaro. Prova ne sia che dell’U.S.Tricase, che gioca in un ottimo campionato, quello di Eccellenza, non si sa chi sia il presidente, la società e neanche, forse, l’allenatore. E come il Tricase, purtroppo, anche tutte le società del Salento.

In una situazione così degradata, e dove il pubblico pagante non supera quasi mai la cinquantina di persone, lo scenario si sposta su livelli diversi, magari più personali. O più antropologicamente sociologici.

Infatti la battaglia competitiva domenicale, degli 11 contro 11, definita da molti la continuazione naturale delle guerre tribali per la conquista di nuovi territori, dà spazio alle più sfrenate fantasie psicoanalitiche. Per quel che mi riguarda, oltre alla voglia di vittoria, e al banale “hobby domenicale”, vi è una guerra nella guerra, quella cioè che combatto contro ragazzi più giovani e, a volte, più violenti. Perché, se guerra deve essere, allora che sia una guerra con delle regole tra galantuomini (come quelle guerre combattute fino a qualche secolo fa tra capitani coraggiosi, onesti e orgogliosi) e che vinca chi ha più il senso del tatticismo, chi ha più fantasia, chi ha più necessità, più motivazioni.

Ed ecco perché il calcio, della terza categoria alla serie A è, in fondo, uguale. Ti prende allo stesso modo quando giochi.

Comunque, caro Gennaro, se abbandoni per un attimo la pallavolo (sport più evoluto, perché giocato con le mani, arti che erano primordialmente dei piedi) potrai vedermi in pantaloncini tutte le domeniche. E ti faccio una confidenza: qualche mese fa avevo deciso di smettere; portare a spasso una pancetta incipiente cominciava ad avere un peso preponderante, rispetto alla pulizia del tocco, alle finte di corpo e ai lanci di cinquanta metri. Poi il Tricase ha ingaggiato un calciatore di 42 anni, che io avevo incontrato da avversario nel ‘74/’75 ed ho deciso di continuare, almeno fino a quella età, fino cioè al momento in cui qualcuno più in alto si accorgerà di me (come calciatore) e mi chiamerà in una bella squadra. Giocare, giocare.

 

“Nuove Opinioni” – Aprile 1992

Alfredo De Giuseppe

 

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