1993-02 "Carissimo don Donato," - Siamo la Chiesa

salto i convenevoli. Mi parli da anni, quando ci vediamo, della nuova Chiesa. Ho letto su “Siamo la Chiesa” il tuo entusiastico annuncio.

Da anni ti dico che non sono d’accordo. E ho sempre esitato nel rendere pubblica la mia idea per evitare di passare per il solito imperterrito “bastian contrario”. E mi permetto di esserlo con te, con la massima franchezza, data la profonda stima che ho di te, per quello che nel sociale e nella comunicazione hai fatto negli ultimi venti anni.

La tua motivazione (mi sembra unica) è solo di ordine pratico: l’attuale chiesa di S.Antonio è piccola, la gente vi entra a difficoltò, bisogna edificarne una più grande ed accogliente.

Il dissenso lo riassumo brevemente in tre ordini di motivi:

1)  l’abbandono di un centro storico dovrebbe essere di per sé un fatto traumatizzante e che dovrebbe far riflettere. Lasciare una posizione tenacemente conquistata può voler dire disperdere quel poco di buono, per fedeli e non, che si è costruito negli anni. Essere in Piazza Cappuccini (per tutto ciò che essa rappresenta nell’immaginario giovanile) significa essere un baluardo, o almeno una presenza, una certezza. Non esserci più significa abbandonare, andare a cementificare ancora, da qualche altra parte, allungando a dismisura una cittadina di appena sedicimila abitanti. Storicamente i nostri avi hanno costruito le loro case vicino ad altri perché, nonostante le antipatie, le gelosie, le cupidigie umane, avevano bisogno di confrontarsi e difendersi. Ora le loro case sono quasi tutte abbandonate, escluse quelle gentilizie, e la gente ha preferito le periferiche “167” con l’appartamento di 80 mq, lasciando casa di uguali dimensioni in centro storico. Se si fosse speso il giusto per ripristinare, con i nuovi e necessari servici, le vecchie abitazioni, oggi avremmo un paese più bello, più vivibile, più raccolto. Gli stessi ragionamenti devono valere per la tua chiesa.

2) Mi sembra non sia stata espressa tutta la fantasia possibile per trovare gli spazi giusti in piazza Cappuccini. Le nuove tecnologie hanno mostrato tante soluzioni efficienti ed eleganti anche per strutture provvisorie (tensoplast e vari) che avrebbero permesso un ottimo utilizzo degli spazi vicinali all’attuale chiesa. E sicuramente con uno sforzo economico inferiore all’attuale. Senza contare che era scontato che prima o poi quel carcere soprastante sarebbe ritornato ad una destinazione più consona e certamente vicina alle tue esigenze.

3) È un vecchio vizio, dai faraoni in poi. Non vorrei che sentendo qualche brontolio (o adulazione) del fedele “fedele”, ti sia completamente dimenticato delle motivazioni dei due punti precedenti e ti sia convinto che fare una chiesa un po’ più grande avrebbe significato fare una grande Chiesa. In buona fede, senza dubbio. Ma inconsciamente è nata la voglia del monumento, di un segno tangibile che rimanesse.

Oggi su quel terreno vi sono due bei campi di calcetto.

A me sembra che quei campi, su cui oggi giocano tanti ragazzi, realizzati dai tuoi parrocchiani con spirito libero e divertente, siamo molto più Chiesa di quattro muri nuovi.

Solo per farti sentirequalche voce disseziente, con amicizia.

 

“Siamo la Chiesa” – Febbraio 1993

Alfredo De Giuseppe

 

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