2003-10 "Egoismi e inefficienze" - 39° Parallelo
Mi sono chiesto più volte quale sia il significato della parola Comune o Municipio e se sia giusto che ogni piccola comunità abbia il proprio parlamentino, se sia corretto che in ogni Comune vi sia una politica alternativa e spesso in contrasto con quella del paese confinante. Le risposte non sono facili perché da un lato è bello avere amore per il proprio campanile, per la storia patria e per le piccole circostanze storiche che fanno di un semplice agglomerato di case una comunità consapevole. D’altra parte una frantumazione progettuale è stata in questi ultimi anni una disgrazia per il nostro ambiente e per la nostra reale crescita socio-economica. Ci siamo trovati di fronte a zone industriali doppiate nel giro di poche centinaia di metri, a servizi come quelli dei rifiuti urbani e delle discariche persi nei grovigli delle liti municipali, a faraonici progetti irrealizzabili con le casse di un piccolo comune e a paesi (vedi Surano) che hanno inseguito una visibilità interplanetaria a scapito di tutte le regole ecologiche, edilizie, commerciali ed industriali. Guerre fra poveri per una Pretura, un ufficio della ASL spostato di pochi chilometri, dieci porticcioli per dieci barche, venti megauffici a disposizione dei cittadini (non ti dico poi dei giovani) che vogliono informazioni su investimenti, leggi e leggine regionali. Questi fatti non vengono analizzati dai media con attenzione, se non in presenza di clamorose inchieste giudiziarie: il quotidiano locale ed il periodico paesano si muovono troppo spesso a difesa di un localismo di facciata e ad uso e consumo del politico in auge. Analizzarli significherebbe porsi il problema in una scala un po’ più vasta: dove porre l’unica discarica, dove posizionare una bella, organizzata e ben servita zona artigianale/industriale, dove creare infrastrutture turistiche ricettive e dove non toccare neanche una pietra, perché una pietra potrebbe valere più di un’industria (finanziata con i nostri stessi soldi e chiusa dopo sei mesi). Ma tutto questo significherebbe avere un’unione dei comuni vera, un “progetto” condiviso, fatto su misura alle esigenze dei cittadini e non queste incomprensibili e balzane idee di legare ad esempio Tricase a Castro e Castrignano e non a Tiggiano ed Andrano, fare un pò di annunci sui giornali, due riunioni l’anno, due foto e poi ognuno a casa sua. Vorrebbe dire che i nostri sindaci (le nostre Amministrazioni per intero, opposizioni comprese) dovrebbero fare qualche atto di umiltà e accettare qualcosa dal vicino, ricercare una vera collaborazione, fuori dagli schematismi burocratici. C’è da lavorare poi sull’immaginario collettivo: per un cittadino di Tricase i problemi di Tiggiano (e viceversa) è come se fossero quelli di un Comune delle province lombarde. L’atteggiamento mentale del paesotto appena più grande è quella di una snobistica superiorità che non si addice per nessun motivo, per nessun merito divino o per vitalizio statale. Sarebbe opportuno ricercare con più forza i nuclei dei problemi comuni, anche quelli di psicologia collettiva e sociologici, ed affrontarli con forza e nuova immaginazione, senza farsi cogliere da facili accomodamenti. Possibile ad esempio che per organizzare i pullman estivi per il mare, ogni comune debba organizzarsi da solo e non si possa pensare ad un servizio che comprenda almeno tre o quattro comuni? O è meglio ipotizzare grandi parcheggi e traffico fin sotto le onde del mare? Un complesso scolastico logico e ben posizionato fra più paesi non avrebbe lo scopo di integrare le comunità e favorirne lo sviluppo comune? E che dire di un grande parco attrezzato a misura dei bambini? E perché non pensare ad un piano regolatore che comprenda tutti i Comuni del Basso Salento? A dirle così sembrano utopie, eppure in altre parti del mondo, per conservare la tipicità del luogo e favorire flussi turistici e il piacere del vivere quotidiano, non c’è stata altra scelta: pensare insieme, lavorare insieme, anche fantasticando. Uno storico egoismo bizantino è ormai inutile. Forse è funzionale soltanto alla moltiplicazione di cariche, stipendi e portaborse. Altro che devolution.
Dalla lontana Tricase, un saluto a tutti gli amici di Tiggiano.
39° Parallelo - Ottobre 2003
Alfredo De Giuseppe