2004-03 "Una festa da aspettare" - La Madonna delle Grazie
Un ragazzo degli anni sessanta non poteva sapere cosa fosse il laicismo: essere italiano, cattolico e chierichetto non ammette distrazioni. Eppure, mentre Natale lo vivevo come magico momento invernale, con le levatacce di tramontana a spingere mantici e ad aspettare la “notte”, la settimana che va da Pasqua alla “Madonna” era tutta un’attesa laica. Forse è proprio la primavera, la più fantasiosa delle stagioni, ad essere laica. Le vacanze arrivavano a ridosso della “Resurrezione”, e poi Pasquetta con le partite di calcio più lunghe della storia e infine la processione del sabato, la banda al mattino, le noccioline, i palloni, la cuccagna e le luci.
Una festa piccola, la prima del nuovo anno di festeggiamenti estivi, la porta che si apre alla voglia di vivere. Un ragazzino del Sud nato negli anni cinquanta sa cosa significhi avere una festa in testa. Ogni domenica vedevi dei signori eleganti chiedere il contributo, la sera vedevi nei vicoli più bui il “comitato” aggirarsi nei vicoli in attesa dei contatti segreti per scegliere la banda e di polemizzare con il parroco. Perché c’è da dire che non si può organizzare una festa patronale senza avere violenti diverbi con il parroco: lui in definitiva delle noccioline se ne frega. La festa patronale è un’eredità antica, quasi pagana, che si scontra con l’ortodossia religiosa: se il sacerdote è rigido non può che andare in collisione con chi sta pensando all’ora dei fuochi d’artificio.
Il ragazzino vede, vive, si compenetra nella strana fusione di religiosità infantile e, tronfio di autocompiacimento, lascia fare silenzioso e aspetta un altro anno.
Per la rivista “La Madonna delle Grazie” di Tutino - Marzo 2004
Alfredo De Giuseppe