2011-08 "Consigli comunali o "patrunu e sutta"?" - 39° Parallelo

Nelle ultime settimane sono stati sciolti e commissariati molti Comuni importanti della Provincia di Lecce, fra cui Casarano, Gallipoli, Tricase e Ruffano. Altri sono in perenne crisi e rischiano la decadenza ad ogni convocazione di consiglio comunale, vedi Monteroni, Galatina, Nardò. Viene spontaneo porsi delle domande e proporre delle riflessioni che qui tentiamo di sintetizzare:

  1. La legge elettorale per i Comuni superiori a 15.000 abitanti  non favorisce la governabilità. Questa legge con le liste collegate al candidato Sindaco (infinite), il secondo turno con l’apparentamento non favorisce omogeneità di pensiero e di programma ma una semplice accozzaglia, buona  per vincere le elezioni. Si assiste pertanto a candidati sindaco che non pronunciano una sola parola, non presentano nessuna idea innovativa, eppure vincono. In campagna elettorale è utile non scontentare nessuno, nel governo ci si scontra subito. Invece, molti piccoli Comuni della provincia, grazie al premio di maggioranza e alla semplicità legislativa hanno realizzato molti progetti più interessanti.
  2. Gli elettori, poco inclini all’analisi politica, cascano perennemente in questa trappola: votano per il probabile vincitore e non per chi è portatore di aria nuova, di nuovi progetti, di un maggior rispetto per le istituzioni.
  3. Il personale politico che si propone al governo del paese è sempre più scadente. Un tempo, in paesi di perfetti analfabeti, c’era l’umiltà di farsi rappresentare dal laureato o comunque da persone di una certa cultura e conoscenza. Oggi invece può risultare il più votato chi non ha mai letto un libro, un giornale, si è informato con la striscia del TG5. La cultura, come in tutti i paesi in declino o dittatoriali, diventa quasi un’offesa, qualcosa da cui rifuggire, perché l’approfondimento e lo studio appaiono elitari.
  4. I funzionari dei Comuni, sulla spinta della legge Bassanini che dà loro una serie di responsabilità, sono sempre più informati e organizzati dei nuovi politici che affacciandosi alla gestione dell’Amministrazione si trovano di fronte ad una giungla legislativa di difficile interpretazione. Spesso i funzionari suppliscono alle disinformazioni dei politici, ma a loro volta si chiudono, per pigrizia o interesse, nei loro collaudati meccanismi.
  5. I giovani migliori, nell’affanno di cercare lavoro e una logica di vita, si tengono ben distanti dalla politica, ritenuta spesso inutile e fuorviante rispetto ai loro programmi. Questo determina uno scollamento fra le novità della società civile che si evolve con una velocità sconosciuta sino a venti anni fa e una classe politica arroccata su vecchie logiche e vecchi sistemi organizzativi;
  6. Le tante associazioni (di tutto e di più) partecipano con difficoltà ai problemi complessivi della comunità e sono concentrate su un singolo evento che diventa l’unico centro gravitazionale della loro opera e che assorbe tutto il loro entusiasmo. Non solo non amano interessarsi della società nel suo complesso, ma addirittura sono attente a non prendere mai posizione nella paura di perdere il loro unico giocattolo. Ma io mi chiedo, tu associazione che hai aggregato un certo numero di persone, se vedi l’amministrazione allo sbando, vuoi dire la tua? O ti autocensuri nell’attesa che altri risolvano il problema?
  7. Il personalismo esasperato che, in assenza di luoghi di confronto politico, diventa un fattore devastante nella costruzione di una società più armoniosa. A volte si ha l’impressione di assistere al “Patrunu e sutta” dove il sutta pretende di comandare più del padrone e chi non beve si arrabbia con tutti e due, in una dinamica litigiosa che si protende anche al di fuori del gioco e che non risparmia nessuno. Alla fine, due godono, alcuni sorseggiano invidiosi e i molti rimangono livorosi all’urmu. La politica di oggi appare un grande “patrunu e sutta” dove ancora non si è d’accordo neanche su chi deve dare le carte.

39° Parallelo – Agosto 2011

Alfredo De Giuseppe

 

Stampa