2012-12 "La nostra fantastica Italietta" - 39° Parallelo
Viviamo settimane convulse nel campo politico: le frizzanti e partecipate primarie del centro sinistra che hanno dato la vittoria a Bersani (e quindi alla continuità); le giravolte quotidiane del leader del centrodestra confermano come il berlusconismo possa vivere solo con Berlusconi. Da entrambe le sponde non si parla di programmi, di idee a lunga scadenza, siamo aggrappati alla Tv in attesa di un’illuminazione (o di un crollo globale?).
Tralascio dunque per questo mese le macro-analisi sui destini futuri dei nostri gruppi politici e mi imbarco su due storie minori che raccontano l’Italietta di oggi.
La vicenda dell’affondamento della nave Concordia della Costa Crociere e del suo capitano Schettino ha un sapore di fantastico. L’uomo che per omaggiare un suo vecchio amico si è inventato una rotta andando a sbattere su uno scoglio a poche decine di metri dall’Isola del Giglio, che ha fatto affondare per puro svago un transatlantico lungo 290 metri e largo 35 mentre trasportava ben 4.300 passeggeri, che ha abbandonato la sua nave a metà delle operazioni di salvataggio, ricevendosi rimproveri in diretta dal comandante della capitaneria di porto, che si è rifugiato su uno scoglio a guardare esterrefatto quel bel casino, mentre 32 persone affogavano, ebbene quest’uomo di mare, nato a Meta di Sorrento, come si è posto davanti ai giudici di Grosseto alle prime udienze del processo? Si è dichiarato innocente, naturalmente. La difesa ad oltranza rimane il miglior gioco all’italiana. L’assenza del senso di responsabilità pervade la nostra società in tutte le sue manifestazioni. Se non è responsabile un capitano di una nave che decide direttamente la rotta, che in quel momento era in plancia di comando, chi sarà mai responsabile di qualcosa in questa incantevole nazione? Forse nessuno mai, come non lo sono stati i responsabili delle stragi di Stato e degli omicidi eccellenti degli anni di piombo. Eppure nel caso di Schettino la difesa poteva essere molto semplice: “Signori, chiedo scusa e perdono a tutti, ho commesso una leggerezza che era ormai una sorta di consuetudine, ho perso la testa e sono entrato in stato confusionale, non salirò più su una nave e cercherò di riparare come posso al disastro che ho procurato”. Ma non saremmo in Italia, in cui vige un incomprensibile e infinito processo penale, con uno scadente senso dello Stato e dell’etica, con appiccicato uno strano sentimento di impotenza collettiva.
Seconda storiella fantastica. Siamo in una caserma del reggimento Bersaglieri di Cosenza. Un caporalmaggiore, pensando di fare cosa giusta, trova il coraggio di denunciare con una lettera ai superiori una serie di illeciti che da tempo si perpetravano all’interno della caserma, in alcuni casi in forma circostanziata: “ … sono stati coperti ammanchi di gasolio di 200-300-400-500 litri e anche oltre, spostamenti di gasolio per riscaldamenti al posto di gasolio per autotrazione, furti di gruppi elettrogeni, furto di un compressore, furti di batterie e furti continui di materiale alla ditta civile edile, ogni volta che l'officina civile preleva un mezzo per riparazione, rientra quasi sempre con metà serbatoio. [...]”. A quel punto cosa succede? Invece di dare una medaglia al caporalmaggiore, quindi cercare e processare i presunti ladri (tanti), chi viene messo sotto processo? Lo stesso caporale, naturalmente, che, qualche settimana fa, un tribunale militare ha punito e privato della libertà personale per 7 giorni, con la seguente motivazione: “Graduato in servizio al Distaccamento del reggimento bersaglieri, in data 18 luglio 2012, faceva pervenire una lettera raccomandata, a sua firma, in cui esponeva questioni attinenti il servizio di particolare gravità e delicatezza. La missiva veniva indirizzata al Comandante della compagnia di appartenenza e per conoscenza alla catena gerarchica sovra ordinata non rispettando la via gerarchica ed evidenziando al contempo un comportamento gravemente lesivo del prestigio e della reputazione del reparto d’appartenenza, dimostrando di non avere il necessario spirito di corpo per svolgere le sue mansioni”. Insomma un soldato che denuncia furti continuativi e vari comportamenti illeciti è punibile perché sbaglia indirizzo sulla lettera, mentre chi ruba continua a farlo, nel silenzio del sistema.
Su queste due brevi favole targate 2012 ognuno può trarre la morale che crede, ma senza dimenticare l’humus nel quale sono nate: una nazione fondata sulla vuota retorica delle istituzioni; una burocrazia invadente che ha creato infiniti gradi di responsabilità fino a renderli indefiniti; un esercito costoso che ha più generali e colonnelli di tutti gli eserciti europei; una giustizia che spesso spende tempo e denaro per questioni formali, tralasciando le questioni di sostanza; un senso della legalità che negli ultimi vent’anni ha perso ogni suo significato, dove la bugia spudorata ha lo stesso peso della verità.
Pensate a una favola, ad un paese fantastico, è la nostra Italia.
39° Parallelo - Dicembre 2012
Alfredo De Giuseppe