2013-10 "Storia di burocrazia, tasse e dignità" - Il Volantino
In un Paese allo sbando, deindustrializzato, forse già fallito, la burocrazia e la politica, sempre più alleate, riescono a peggiorare continuamente una situazione già disperata. In una nazione dove è complicato espellere dal Senato un pluri-condannato per evasione fiscale e corruzione, indagato per aver comprato giudici e deputati, sospettato di essere il primo referente della mafia, proprietario di oltre la metà dell’informazione italiana. Dove è possibile essere eletto per aver frequentato qualche amico degli amici, dove tutto è stato inquinato, deturpato e svilito.
In un Paese così, la burocrazia sa essere inflessibile con il piccolo imprenditore, non conosce buon senso, non riesce ad applicare la legge giusta, sa solo chiedere, richiedere, chiudere, confiscare e soprattutto tassare.
Io che vivo la mia cittadina, che conosco nel profondo questa situazione, tento di fare due esempi che possono rendere più chiaro l’inferno verso il quale stiamo precipitando.
A Tricase qualche anno fa, inopinatamente, vennero concesse delle autorizzazioni in posizioni assurde (problemi di parcheggio, traffico e inutilità commerciale) per la costruzione di piccoli e in genere bruttissimi locali in muratura o in legno. Si aprirono bar sugli incroci, chioschi nelle piazzette e nelle pinetine, macellerie sulla strada e così via. Già allora su queste pagine mi permisi di criticare la scelta dell’amministrazione Coppola (prima, seconda o terza) che prontamente intervenne con risentito sarcasmo. I locali aprirono, come previsto non riuscivano a pagare l’affitto, le tasse e tutto il resto. Forse permettevano ad una famiglia di avere il pane quotidiano e questo era l’unico risultato possibile. Ora c’è un ragazzo che è dentro questa storia, a suo tempo investì nel chiosco-bar tutti i risparmi della famiglia e forse anche di più, ha chiuso il locale in febbraio perché gli hanno notificato un atto di cessazione attività per morosità, non riesce a pagare l’affitto e neanche un avvocato, ha due figli e una compagna, si mantiene con quel poco di welfare che ancora è rimasto (la pensione dei genitori, dei nonni, le mamme che fanno da mangiare ai nipoti). Ha chiesto di riaprire il piccolo bar della piazzetta, pagando in più rate il debito pregresso: da mesi gli viene risposto un secco no, perché il regolamento comunale in questo caso non prevede la rateizzazione.
Sempre a Tricase, in una delle nostre ridenti Marine, c’è un ristoratore che lavora dodici mesi l’anno per pagare il mutuo dell’immobile dove svolge l’attività, in estate dimagrisce di ulteriori 5 chili, faticosamente è riuscito negli ultimi dieci anni ad andare avanti, tenendo tutti i conti sotto controllo, tagliando soprattutto nella sua vita privata, sottraendo sonno, tranquillità e piccoli piaceri a tutti i suoi cari. Persone che hanno un gran concetto del lavoro e della dignità, delle regole e delle relazioni umane. Persone senza paracadute sociali, se ci si ammala nessuno ti paga la giornata o il mese, quando vai in pensione avrai circa 480 euro al mese, quando arriva la disgrazia non ti aiuta nessuno, ma proprio nessuno (del resto sei stato orgoglioso e non hai strisciato come un verme di fronte a qualche potente). Bene, come premio per la sua difesa ad oltranza, come risultato finale del suo impegno vede una tassazione statale che arriva ben oltre il 50% e un Comune che nel 2006 chiede una tassa per la spazzatura (perché dargli tanti nomi strani?) di 3.000 Euro e nel 2013 arriva a oltre 11.000 €. Unica risposta: questo è il regolamento approvato dall’Amministrazione Comunale per l’anno in corso. Si vabene, ma che cosa ha dato in cambio al ristoratore, l’Amministrazione Comunale? Ha forse aumentato i servizi, ha forse migliorato la viabilità, ha forse incrementato il turismo con un’idea fantascientifica? Cosa ha fatto per meritarsi i soldi così duramente sudati di un piccolo ristoratore e della sua famiglia?
C’è mai qualcuno che amministra questo schifo che si pone queste domande? Oppure devo concludere con il commento che hanno fatto i miei due amici?: siamo amministrati da impiegati statali dal posto fisso iper-garantito, da rigidi funzionari ben pagati che non hanno mai capito la nostra sofferenza.
Il ristoratore meriterebbe una medaglia per la resistenza e la costanza, perché mantenere viva in questi paesi un’attività del genere è un’impresa eroica, stoica, a volte infernale. Al piccolo barista ho consigliato di prendere il treno, andare via lontano e tentare di salvare almeno i figli: mi ha risposto: non saprei dove andare, non i soldi neanche per il biglietto, non ho più la testa di immaginare niente, solo sopravvivere alla giornata.
Due storie esemplari, vicino a noi, non le uniche, saranno sempre di più, saranno milioni.
Il Volantino – Ottobre 2013
Alfredo De Giuseppe