2014-01 "La giornata dello Stampacchia" - Siamo La Chiesa

La giornata che ha visto intitolare una sala del laboratorio tecnico alla professoressa Erminia Santacroce, è divenuta in definitiva una giornata dedicata allo Scientifico “Stampacchia” di Tricase.  Gli interventi, tutti equilibrati e commoventi, andavano via via formando un quadro di un’ambiente coerente con lo studio, dove la passione di una classe docente antica e allo stesso tempo moderna, aperta al nuovo, informata e discreta, si legava indissolubilmente agli studenti. Nell’incontro del 23 novembre 2013 involontariamente si è tracciato il percorso tenuto dal Liceo, quasi analizzato il DNA, ricostruita la sua dinamica interna. In questo quadro la figura di Erminia è stata molto importante, perché nessuno meglio di lei ha saputo interpretare così fortemente la vera cifra umana di questa storia. Innanzitutto lei ha vissuto quelle aule prima come studente e poi come docente per oltre quarant’anni, ma  ha anche interpretato lo spirito bonario e attento di tutto l’ambiente, che aveva come scopo finale l’apprendimento ma anche un tangibile segnale di vitalità sociale e culturale. Molti interventi si sono riannodati ai primi due decenni dello Scientifico tricasino, gli anni ’60 e ’70. Anni di boom economico ma anche di emigrazione ed emarginazione. Lo Scientifico, non ancora titolato al matematico Stampacchia, cercò di non essere classista, come invece era ad esempio il Capece di Maglie e accolse nelle sue fila il misto di una società che andava cambiando, di un mondo che viveva il Concilio Vaticano II come una liberazione e aveva modelli mitici lontani, come Che Guevara, Mao e la resistenza vietnamita. La nuova scuola nata nel 1960 non aveva sedimentazioni antiche, quasi fasciste, aveva una struttura leggera e professori giovani, appena laureati, insomma la situazione ideale per formare giovani progressisti ed evoluti, iceberg intellettuale rispetto alla vita reale che la circondava. Ecco perché oltre ad Erminia, mi son venuti in mente persone come Don Eugenio Licchetta che insegnava religione senza ortodossia, instancabile organizzatore di gite che alla fine avevano il senso di un’apertura totale, di uno sguardo diretto verso il mondo. Professori come Pilon, Papa e Cerfeda di filosofia, Pastore, Alcaino e Colitti di matematica, De Giorgi e Cosi di inglese, Brescia, Reho e Tagliaferro di Italiano e Latino, tutta gente che lasciando un segno riuscì a formare una nuova classe dirigente, a preparare una generazione di nuovi professionisti. Nel ricordare Erminia nelle sue diverse sfaccettature non potevo non ricordare anche il personale non docente, una sequela di brave persone, mio padre che era stato il primo segretario (poi ancora per oltre trent’anni) e che conosceva a menadito le segrete cose dei suoi professori, suo malgrado. Ed io, che ero stato alunno di Erminia ma la ricordavo anche quando lei era alunna ed io avevo sei sette anni e correvo dietro ad un pallone durante le ore di Educazione Fisica del professore Nardi, ricordavo, anzi cercavo di relazionare quel quadro nostalgico alla realtà dell’epoca, alle sue disfunzioni ma anche alle sue potenzialità, alla sua determinazione nel credere in un futuro migliore. Rivedevo tutto questo la mattina del 23 novembre, una mattina nel nome di Erminia Santacroce, ma anche nel nome di una serie di cose che potevano essere e non sono state, di una moltitudine di persone perse per strada, di uomini onesti impegnati a creare persone perbene, mentre là fuori qualcuno cominciava a depredare il tutto, futuro compreso.

Siamo La Chiesa - Gennaio 2014

 Alfredo De Giuseppe

 

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