2015-06 "Un Roberto Saviano nel Salento" - 39° Parallelo
Roberto Saviano era un ragazzo che aveva l’entusiasmo, la corretta determinazione di raccontare la sua terra, quando laureatosi in Filosofia, cominciò a girovagare per il casertano per capire la camorra e la politica. Cercando la semplice malavita trovò invece “il Sistema” che comprendeva camorristi, politici, uomini delle istituzioni e soprattutto i cittadini, coloro che in genere dicono: “la politica è malata, non mi interessa, sono tutti uguali” e poi collaborano fattivamente con chi offre di più. Quel ragazzo oggi è uno scrittore famoso, conosciuto in tutto il mondo. Martedì 2 giugno è venuto a Tricase nell’ambito della prima edizione del Festival della Letteratura, ha parlato di filosofia, libri, sud e mafia, poesia e giovani emigrati, di speranza. Un bel momento civile, davanti a un pubblico davvero numeroso e attento, quasi rapito. Quel ragazzo che a ventisei anni ha scritto un libro tradotto in 52 lingue, ora che ne ha trentasei è diventato un pensatore adulto, più eclettico e sofferente, rinchiuso dentro una vita anormale fatta di scorte armate e nascondigli segreti. Quel ragazzo non ha più la possibilità di andare al ristorante che vorrebbe, gustare un gelato in piazza, farsi un giro in bicicletta. Lui, quella sera, questa sensazione l’ha trasmessa bene, la solitudine di chi ama la propria terra e poi non la può più vivere. Più si ama, più si lotta per ciò che ami, più sei un isolato. Questo dice la storia di Roberto, questo ha detto lo scrittore quando ha parlato di Falcone.
C’era tanta gente quella sera a Tricase, anche tanti amministratori, tanti dirigenti e politici, che si sono emozionati, hanno applaudito, hanno condiviso. Ho pensato: “il Sistema” applaude. Perché spesso il mafioso non sa di esserlo, non sospetta di se stesso, eppure ogni giorno, da anni, agisce per modificare il territorio, accontenta i malavitosi, avviluppa le istituzioni, favorisce i nipoti e i parenti tutti. Se qualche anno fa nel Basso Salento ci fosse stato un Saviano mi sarebbe piaciuto leggere il nome e il cognome di chi fortemente volle il progetto della nuova 275 con la devastazione inutile di ettari e paesaggio da Montesano a Leuca; chi ha fatto distruggere migliaia di muretti a secco per sostituirli con i tufi in cemento; il nome di funzionari e amministratori del Comune di Surano che hanno creato una grande area commerciale completamente abusiva; il nome degli amministratori, uno per uno, che hanno voluto una zona industriale e una artigianale per ogni singolo Comune, consumando in modo disorganico suolo e denaro; chi nel Comune di Patù fece costruire la Filanto (ora scheletro diroccato) in zona agricola, a ridosso dell’area messapica e sulla strada che porta al mare; chi ha generato i mostri edilizi di Torre Pali, Lido Marini e vari, facendo costruire sulla sabbia; chi ha dato il permesso a edificare l’albergo San Basilio, di proprietà della Curia, nelle campagne di Marina Serra in deroga a tutte le leggi paesaggistiche; chi vuole imbrattare di cemento e ferro il Ciolo e Santa Cesarea. Sarebbe stato interessante sapere chi si è arricchito con i rifiuti in questa parte del Salento; chi ha autorizzato decine di discariche per buttarvi dentro rifiuti calzaturieri e forse anche ospedalieri e forse speciali di tutte le specie; chi ha pensato e gestito i depuratori, inquinando di fatto i posti più belli della nostra costa; uno scrittore famoso avrebbe potuto dirci chi ha firmato i capitolati, Comune per Comune con le aziende del gas che hanno distrutto tutte le strade per i prossimi 100 anni; sarebbe stato fondamentale capire gli intrecci politico/affaristici/professionali di questo paradiso, buono solo nelle fotografie selettive, quelle che scansano le brutture; capire chi ha bloccato ogni ipotesi di sviluppo della Sud-Est a favore dei pullman della STP; chi ha autorizzato le assurde barriere antirumore in legno e pietraio nei pressi delle stazioni ferroviarie; chi ha terziarizzato tutto costituendo società con i soldi pubblici, pur di avere altre poltrone da dividere e dispensare; i nomi e cognomi in definitiva di chi ci ha portato fin qui, creando un popolo con poca civiltà, poca conoscenza e poca umiltà.
Sarebbe bello avere quest’elenco. E poi con senso di responsabilità qualcuno che alzi il ditino e dica: io l’ho fatto perché non sapevo; io l’ho fatto perché avevo bisogno di soldi e un altro che dica una volta, fosse solo una: io vi ho preso in giro tutta una vita.
Infine, in ultima pagina, l’elenco di chi si è distinto per la salvaguardia della propria terra; chi ha pensato in fase progettuale ad un futuro lontano; gli amministratori che hanno avuto il coraggio di fare un Piano Regolatore senza pensare ai famelici tecnici ma alle persone e alla bellezza; i nomi e cognomi di chi vuole tornare qui, vivere in mezzo a questa melma, far finta di accettarla e lottare ogni giorno, al di là di soldi e famiglia. Un Saviano non c’è e quella pagina è ancora bianca.
39° Parallelo - Giugno 2015
Alfredo De Giuseppe