2021-06 "Speciale Centopietre" - 39° Parallelo

UN MONUMENTO FRA BRUTTURE E DIMENTICANZE

Anche noi, nel nostro piccolo, avremmo potuto avere una Stonehenge da mostrare al mondo. Si trova a Patù, comune di 1600 abitanti, diviso fra il mare di Felloniche e l’antico centro messapico di Vereto. Poteva essere la nostra città misteriosa del neolitico e poi dei messapi, dei monaci bizantini e infine di guerrieri e leggende di terra e fuoco. Niente di tutto questo. Oggi l’oggetto più misterioso del Salento, le CENTOPIETRE, vive in uno stato di semi abbandono circondato da case mal costruite, figlie delle speculazioni edilizie degli anni 70-80, da edifici non completati. In definitiva un arredo urbano poco idoneo al monumento, una disattenzione che nell’ultimo secolo non può essere addebitata solo alle varie Amministrazioni Comunali. È mancata senz’altro la consapevolezza di avere un piccolo tesoro sia ai cittadini comuni, ma anche a Enti come Sovraintendenze e Università. Quello che doveva essere il parco delle Centopietre è oggi invece un piccolo giardino stretto fra case popolari e strade asfaltate.

Per continuare il paragone con Stonehenge che si trova a pochi chilometri da Salisbury, nel sud dell’Inghilterra, va ricordato che il monumento di Patù non ha subito nei secoli alcun rifacimento, mentre gli inglesi, secondo la studiosa Emma Young (riportato anche da Wikipedia) risistemarono con dovizia quelle pietre neolitiche: “Praticamente ogni pietra fu rieretta, raddrizzata o rinforzata con calcestruzzo tra il 1901 e il 1964, [...]». In sostanza tutto il misticismo delle congiunzioni astrali con stelle e galassie, la circolarità del luogo è stato costruito, direi mistificato nell’ultimo secolo, partendo dal ritrovamento di alcuni monoliti. Con queste premesse Stonehenge riesce ad accogliere (in tempi normali) circa  un milione di visitatori l’anno, mentre la Centopietre di Patù  non è visitata (e conosciuta) neanche dai salentini.

Quel monumento originale e unico giace nella più completa disattenzione, ma forse anche di più. Infatti nel 2020 gli eredi di una famiglia, coniugi Alessandrina De Salvo e Tommaso Scupola, hanno rivendicato la proprietà dell’area, definita “Camporè”, incluso il monumento che risulta di interesse nazionale dal 1871. Il Comune si è opposto nel 2015 a tale richiesta, ma ha perso in Primo Grado perché nel 1958 la donazione dell’area fu fatta solo oralmente e tutti dimenticarono di registrarla al Catasto. Il Comune di Patù, sindaco Gabriele Abaterusso, ha fatto ricorso in appello, riuscendo così a togliere il vergognoso cartello “Vendesi” che era apparso sul muretto delle Centopietre. Nel gennaio 2021 si è tenuto il processo d’Appello presso il Tribunale di Lecce, le cui motivazioni sono note dal maggio 2021: in sostanza il Giudice ha deciso che la proprietà rimane alla famiglia Scupola, mentre il Comune di Patù ha la servitù ad uso pubblico per complessivi 284 mq (un monumento millenario trattato come un qualsiasi pezzo di terreno conteso tra due confinanti!!).  

Ma la storia recente del monumento è comunque tormentata, piena di dimenticanze, ma anche di soprusi e forse di veri e propri abusi. Con il solito e ormai dispotico beneplacito della Sovrintendenza, sia essa archeologica o ai beni culturali. Fra la fine degli anni ‘70 e gli inizi degli anni ‘80 fu deciso dal Comune di assegnare alla Cooperativa Galante di Lecce la costruzione di un nuovo quartiere secondo la legge 167 (edilizia economica e popolare). Al primo scavo si scoprì subito che “Camporè” era a tutti gli effetti una grande necropoli dell’antica Vereto, l’antica  città messapica distrutta probabilmente da un’incursione saracena intorno al IX secolo dopo Cristo. Era una necropoli di immenso valore perché,  come per gli Etruschi, avrebbe potuto rivelare con maggiore accuratezza usi e costumi di questo popolo messapico, di cui poco conosciamo. Era certamente l’area funeraria più importante e più vasta mai scoperta nel Salento e fu prontamente sotterrata per poter costruire le case che oggi circondano le Centopietre. La Sovrintendenza approvò. Ancora oggi, ad ogni scavo emergono reperti del passato: nel febbraio 2021, per realizzare una rete pluviale sono state ritrovate intorno al perimetro della Chiesa di san Giovanni due tombe ben conservate con almeno 5 persone e alcuni oggetti di corredo funerario. Ancora una volta sono state fatte delle foto e coperto il tutto con pietraia e una bella colata di tufo e asfalto (tanto per non smentirsi). A proposito di foto va ricordato che l’ampia testimonianza fotografica della prima scoperta della necropoli degli inizi anni ‘80 è top secret e nessuno osa capire dove siano finite le foto palleggiate all’epoca fra Comune e Sovrintendenza. Le Centopietre, la sua storia, la sua leggenda avrebbero meritato ben altra fortuna, ma il Sud nel suo complesso non ha mai saputo veicolare le proprie ricchezze con ostinazione e fantasia, preferendo il lassismo del tanto peggio tanto meglio. Ed è così che invece di una Stonehenge unica e bellissima ci ritroviamo fra contenziosi legali, brutture e dimenticanze.

 

CENTOPIETRE, FRA STORIA E LEGGENDA

Nel 1871 Centopietre di Patù fu dichiarato monumento nazionale di seconda categoria. Il primo ad approfondire l’argomento fu Giacomo Arditi che fu relatore di un parere storico-archeologico presso la Commissione Provinciale delle belle arti, che poi riportò integralmente nel 1879 nel suo “Corografia fisica e storica di Terra d’Otranto”.  Lui, per primo, fornisce informazioni precise sul monumento, premettendo che la sua origine è incerta e viene “da alcuni definita messapica, chi pelasgico, chi un manufatto primitivo come il tempio del monte Ocha nell’Isola Eubea”. Così lo descrive: “composto da 100 pezzi tufacei squadrati e combaciati senza cemento: l’è di forma rettangolare, lunga metri 7,20, larga 5,50, alta 2,60 e coperta da 26 tufi e lastroni parallelepipedi di mt 2,40 l’uno, ordinati e disposti a due gronde pendenti. L’area interna misura un diametro metri quadrati 26,30 e nelle pareti intonacate vi stanno grettamente dipinte alcune immagini cristiane, e scritti sciancati e illeggibili, l’une e gli altri a foggia greca bizantina: in mezzo vi sorgono poche scabre colonne di sostegno, e le dan luce pallida e fioca un finestrino e due porte, la maggiore delle quali guarda il mezzogiorno, la minore l’occaso”.

L’Arditi, chiamato a relazionare, osserva un monumento in stato d’abbandono: “un ovile lurido e negletto dove i pastori sogliono ridursi a smeriggiare le greggi” e dopo una lunga parentesi sulle invasioni saracene che conquistarono e distrussero l’antica Vereto, così scrive in merito alla destinazione della Centopietre: “nell’anno 877, esattamente il 24 giugno, un forte drappello riunito da Carlo re di Francia e da altri Principi italiani, stanchi delle scorribande saracene e sapendo l’occupazione di Leuca e Vereto, scese fin qua a dargli la caccia, e si schierò in battaglia nel latifondo appellato Camporè, attiguo a Patù, e messo appiè dei monti veretini allor gremiti e brulicanti di masnade Saracene.  Pria di venire a botte e a sangue, gli italo-franchi mandarono ambasciatore il generale Geminiano, ma quei Barbari violando ogni legge di umanità e di guerra, lo trattennero e lo assassinarono. In vista di tanto i franco-italiani arsero di santo sdegno, ingaggiarono e svolsero sul detto campo la battaglia più disperata e truculenta, che durò lunghe ore, e finì con la sconfitta dei Saraceni, i cui resti, pria di fuggire, arsero e distrussero a dispetto la Vereto che li aveva per tempo ospitati e sofferti, come altra volta fecero a Brindisi, incalzati e vinti da Licardo Duca di Benevento. Con la vittoria i franco-italiani recuperarono il corpo di Geminiano, costruirono nel miglior modo che il tempo e il luogo consentivano, la tomba Centopietre, e vel seppellirono, ma di poi fu dissepolto e traslato al natio loco. Come monumento commemorativo della battaglia e della vittoria ottenuta, vi fu eretta la chiesetta dedicata al santo del giorno, Giovanni il Precursore. Dalle cose dette vien chiaro che la Centopietre nel suo primo essere sia stata un ipogeo, un sepolcro, non già una cappella o chiesuola.  

Giacomo Arditi, lo storico nato a Presicce, che ha il grande merito di aver studiato e descritto al meglio la storia di tutti i luoghi del Salento, continua nella sua descrizione, ipotizzando che dopo la traslazione della salma del generale Geminiano, nel frattempo confuso con il Santo, il sepolcro fu intonacato e dipinto, togliendovi anche gli usci, affermando anche che il caso che non vi fosse cemento o malta non dimostrava necessariamente un’antichità ancora più remota del IX secolo dopo Cristo.

 

LE NUOVE IPOTESI

Andiamo con ordine, ripartendo dagli studi e le relazioni di Giacomo Arditi, che sono state da fine ottocento sempre la fonte principale di ogni informazione rispetto al monumento di Patù. Arditi nella sua ricostruzione non tiene in debito conto la provenienza delle pietre, della loro dimensione così precisa e anzi lo sminuisce ad un “sepolcro fatto in fretta e furia per onorare l’eroe di una battaglia, Geminiano”.

Negli ultimi anni sono nate altre ipotesi, sicuramente alcune suggestive, altre fantasiose, ma che qui cerchiamo di riassumere in un’unica nuova e più interessante storia della Centopietre. Non è stato facile raccogliere nuove ipotesi e nuovi studi sul monumento di Patù, per il semplice motivo che per decenni si è fatto solo un copia e incolla degli studi dell’Arditi e soprattutto perché in definitiva è stato dimenticato da tutti, non considerandolo così importante da poter qualificare l’intera zona del sud Salento. Con l’aiuto di appassionati e studiosi dell’archeologia del Salento, abbiamo cercato di dare un ordine cronologico e formulare finalmente una teoria più attendibile e realistica della vicenda.

Innanzitutto le pietre, che oggi sarebbero in realtà 99 e non 100: secondo la teoria sviluppata dall’architetto Prandi avrebbero tutte la stessa identica misura o multipla di essa ed esattamente 29,64 cm. che sarebbe poi la misura convenzionale dell’unità definita “piede romano”. Quindi la messa in opera sarebbe perlomeno di epoca romana (si presuppone intorno al II secolo a.c.), mentre le pietre in sé potrebbero essere ben più antiche perché è altamente improbabile scavare direttamente da una cava massi così grandi con misure perfettamente uguali e combacianti. È evidente che le pietre siano state portate in quel luogo e lì stesso adattate per la costruzione del manufatto. Va ricordato inoltre che la misura di 29,60 cm, detta “piede romano” era usata già prima dell’epoca romana vera e propria, essendo in uso nell’ingegneria greca e andalusa.

La Chiesa di San Giovanni, che si trova a circa 15 mt di distanza dal Centopietre, finora era stata ipotizzata come risalente al IX secolo, mentre studi più recenti effettuati su scavi e rinvenimenti occasionali avrebbero dimostrato che in quella posizione sarebbe esistito un manufatto già nel IV sec d.c.. Ciò dimostrerebbe che Centopietre e l’attuale Chiesa erano probabilmente il centro di un’area sepolcrale ben prima del Medioevo, tant’è che nella stessa cappella, ad altezza d’uomo, sono visibili dei lastroni similari a quelli della Centopietre. Del resto non si è mai visto una chiesa cristiana nascere volutamente a pochi metri di un ben più antico monumento funerario: in genere è sempre successo l’opposto oppure si è notata la completa distruzione del vecchio monumento con la trasformazione in tempio cristiano.

Quindi i pezzi tufacei possono essere anche di età Neolitica (almeno 3.500 anni prima di Cristo), estratti e modellati dai Messapi, che probabilmente crearono nel latifondo definito Camporè una sorta di necropoli con piccole costruzioni di ricovero, come poteva essere Centopietre, l’attuale chiesa posizionata di fronte e forse altre piccoli manufatti, andati dispersi nel tempo. Non dimentichiamo che per i veretini pre-cristiani, la posizione scelta era a circa 1,5 km dal loro centro, abbastanza lontano per la meditazione e il ricordo dei loro defunti, ma anche da eventuali epidemie che a quel tempo e per molti secoli ancora sarebbero state endemiche nell’area del sud Salento jonico.

È dunque normale che una tale costruzione possa poi essere stata usata come temporanea tomba di un qualche eroe, non certo di San Geminiano che è stato vescovo ed è vissuto dalle parti di Modena fra il 315 e il 397 d.c.

Di una cosa però dobbiamo essere certi: non c’è al momento alcuna evidenza che Centopietre sia stata una tomba di un qualche personaggio famoso: è solo una ricostruzione orale e postuma, probabilmente riportata per la prima volta proprio dallo storico Arditi, ascoltando le persone più anziane di Patù.

Così come è normale la riconversione cattolica con annessi affreschi nell’era bizantina, dove peraltro rimane evidente la differente epoca fra costruzione esterna e intonaco interno.

Insomma, riassumendo le nuove ipotesi, Centopietre sarebbe molto più antica di quanto si sia pensato finora, probabilmente è stata eretta dai Messapi con scopi non chiari almeno 5.000 anni fa, e poi nel tempo utilizzata in vari modi. Ci sarebbe di che sbizzarrirsi nelle ipotesi più esoteriche e misteriose, ma alla fine rimane la triste realtà: un monumento chiuso in pochi metri, circondato da cose poco avvincenti, caduto nel dimenticatoio generale. Se a fine ottocento era il ricovero di pecore e pastori, oggi è un luogo non luogo, dove pare impossibile anche riflettere sulla Storia, sulla creatività dell’uomo e sulla sua Bellezza.

Giugno 2021, 39° Parallelo

Alfredo De Giuseppe

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