2023-12 "Una nuova idea di mondo" - 39° Parallelo
Premessa
Non si offendano per una volta i credenti, i fanatici e i furbetti delle religioni, se parto da un’analisi alternativa per capire gli irrisolti mali delle nostre società. Ci sono stati tempi in cui le religioni venivano messe in discussione, quale modello educativo per lo sviluppo dell’uomo, per la sua evoluzione creativa e sociale. Ad esempio il primo parlamento italiano, nel 1861, era formato perlopiù da uomini atei e profondamente anticlericali. Loro avevano ben chiaro quanto il cattolicesimo avesse frenato la scienza, la politica, la giustizia e lo sviluppo sociale oltre che la corretta predisposizione verso la natura. Ancora Gaetano Salvemini ne parlava con fervore nel 1907: “ i cattolici rivendicano le loro libertà in base ai nostri principi (laici) e negano le nostre libertà in base ai loro principi (religiosi)”. Quindi la mia posizione, senz’altro antistorica, quasi isolazionista, non è campata in aria ma è piuttosto da considerarsi sconfitta nel linguaggio attuale e nella consuetudine memoriale ma non certamente nella prassi quotidiana.
Citazioni
Oltre alle centinaia di religioni, sette, culti tribali, i tre più noti e diffusi monoteismi sono stati un disastro per l’umanità, fin dalla loro propagazione. La Bibbia che conta almeno 200 edizioni diverse (lo ricordo per chi pensa che sia stata scritta una volta per tutte) è un libro che è nato per limitare le libertà dell’uomo e della donna in particolare. “Dalla donna ha avuto inizio il peccato, per causa sua tutti moriamo. Non dare all'acqua un'uscita, né libertà di parlare a una donna malvagia” (Siracide 25,24). La donna è proprietà dell’uomo fin dall’inizio (come una qualsiasi altra cosa) e questo DNA culturale ce lo stiamo trascinando tra un’ipocrisia e l’altra. Come è scritto: “Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo" (Decalogo Esodo 20,17). Sono concetti mai cambiati dalle Scritture. Infatti San Paolo, convertitosi agli insegnamenti di Cristo, sulle donne ha le idee molto chiare: “Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all'uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. (Timoteo 2,12). E ai Corinzi scrive: “Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea." (Corinzi 14,34-35).
Però è sulla sessualità e sul corpo della donna, sulla sua natura che si è giocata la partita delle religioni: "La donna che ha un flusso di sangue per molti giorni, o che lo abbia più del normale sarà immonda per tutto il tempo del flusso, secondo le norme dell'immondezza mestruale. Ogni giaciglio sul quale si coricherà durante tutto il tempo del flusso sarà per lei come il giaciglio sul quale si corica quando ha le regole; ogni mobile sul quale siederà sarà immondo, come lo è quando essa ha le regole. Chiunque toccherà quelle cose sarà immondo; dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell'acqua e sarà immondo..." (Levitico 15,25).
Evitando riferimenti a recenti fatti di cronaca, tutti possiamo intuire che con questi presupposti non è facile portare i due sessi verso l’uguaglianza e soprattutto modificare quell’imprinting epigenetico che ci è stato tramandato da secoli di predicazioni, usi e costumi.
Del resto anche le persone con disabilità sono ben marchiate dal Vecchio Testamento, Lev 21,16-18-20: “Il Signore disse ancora a Mosè: ‘‘Parla ad Aronne e digli: Nelle generazioni future nessun uomo della tua stirpe, che abbia qualche deformità, potrà accostarsi ad offrire il pane del suo Dio; perché nessun uomo che abbia qualche deformità potrà accostarsi: né il cieco, né lo zoppo, né chi abbia il viso deforme per difetto o per eccesso. Né un gobbo, né un nano, né chi abbia una macchia nell'occhio o la scabbia o piaghe purulente o sia eunuco”.
Allo stesso modo l’Antico testamento non si risparmia sulla guerra. Deuteronomio 20:16-17: “Ma nelle città di questi popoli che il Signore, il tuo Dio, ti dà come eredità, non conserverai in vita nulla che respiri, ma voterai a completo sterminio gli Ittiti, gli Amorei, i Cananei, i Ferezei, gli Ivvei e i Gebusei, come il Signore, il tuo Dio, ti ha comandato di fare”. In Esodo 17:16 è scritto: “Una mano s’è alzata contro il trono del Signore, perciò il Signore farà guerra ad Amalec di generazione in generazione". Inoltre, in Samuele 15:18 leggiamo: “Va’, vota allo sterminio quei peccatori degli Amalechiti, e fa’ loro guerra finché siano sterminati”.
Quindi, Dio non è certamente contrario a ogni guerra. Gesù è sempre in perfetto accordo con il Padre (Giovanni 10:30), perciò non possiamo affermare che la guerra fosse nella volontà di Dio solo nell’Antico Testamento. Dio non cambia (Malachia 3:6; Giacomo 1:17). In un suo saggio del 1978, R. Schwager osservava che nell’Antico Testamento “nessun’altra attività o esperienza umana è menzionata così spesso come la violenza, più del lavoro, dell’economia, della famiglia, della sessualità, della natura, della scienza”. E continuava elencando più di 600 passi che ci informano sul fatto che “popoli, re o singoli individui hanno attaccato altri, li hanno annientati o uccisi”, più di 1000 passi in cui è l’ira di Dio a scatenarsi “punendo con la morte, la rovina, con fuoco divorante, giudicando, vendicando e minacciando l’annientamento” e più di 100 passi in cui è il Signore stesso a “ordinare espressamente di uccidere uomini”. Di fronte a questa massa sanguinaria di dati parrebbe inevitabile approdare alla conclusione del famoso esegeta J. Wellhausen che non esitava ad affermare che “il campo di battaglia fu non solo la culla della nazione, ma anche il suo più antico santuario: là era Israele, là era Jhwh”. E persino per il Nuovo Testamento ci si trova di fronte a un “disinvolto parlare di soldati e di servizio militare”, come fa notare A. Vögtle in un saggio sulle fonti neotestamentarie del tema della pace.
Un’idea di mondo
Fatte le opportune premesse e citazioni, ci sarebbe ora da scrivere un libro per spiegare che alcune cose dette, tramandate e scritte millenni di anni fa, ora non hanno più un senso. In definitiva le religioni erano un modello etico, forse opportuno per i tempi in cui nascevano, ma erano capaci di sacrificare qualsiasi afflato umanistico pur di conservare lo status quo. Per secoli non si è potuto indagare nei meandri della chimica e della fisica, oltre che dell’astronomia e intorno alla struttura dell’atomo. Oggi, invece, ci sono spiegazioni scientifiche e una ricerca costante sulla materia, sul noi stessi esseri coscienti e intellettualmente in evoluzione continua. Oggi c’è un nuovo processo da portare a termine: i soggetti umani, ognuno con la propria diversità, vanno aiutati fin da piccoli a capire come funziona l’universo, il proprio corpo, il senso del rispetto verso gli altri esseri umani e animali. Le scuole, fin dall’infanzia, dovrebbero insegnare la tolleranza, non indottrinare milioni di persone con libri nati in altri contesti, con conoscenze minimali, all’inizio dell’esercizio creativo. E i politici dovrebbero essere laici e uniti sul progetto di un nuovo mondo. Altro che rivendicare, ad esempio, “le radici giudaico-cristiane” che andrebbero invece lentamente abbandonate, destrutturate, portate verso il senso del ridicolo in cui già sarebbero se non fossero utili per qualche espediente elettoralistico. Non più catechismi cattolici o islamici ma una nuova consapevolezza umana, dove la coesione tra gli individui e tra i popoli sia al primo posto, sia al centro dell’insegnamento di una gioventù che, cercando di rimanere umana ed imperfetta, possa avere un’altra educazione. Non più verità assolute spacciate per uniche, eterne e indissolubili ma verità scientifiche da provare e riprovare, da amministrare cum grano salis, da gestire con umiltà. Non più soluzioni miracolistiche della nostra vita, niente più venerazioni fasulle, ma la certezza di poter rispettare il prossimo (fosse pure l’ultimo credente delle apparizioni e delle madonne piangenti). La paura della morte deve essere superata con la percezione esatta di ciò che siamo, della nostra finitezza, non attraverso paure e premi consolatori. “Il nostro regalo è lasciare un mondo migliore”. L’evoluzione delle nostre conoscenze è arrivata ad un punto che merita una svolta filosofica e politica, che altre volte, specie alla fine delle guerre più sanguinose, è stata tentata ma infine ignorata dalla realpolitik. Penso alle Costituzioni laiche e alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948), purtroppo sempre disattese da rigurgiti genetici guerrafondai, basati su insegnamenti e prassi religiose che hanno fin qui fatto la Storia.
Conclusioni
Capisco che è complicato toccare questa materia. È come smentire un’intera conoscenza, un qualcosa che dà un senso di vertigine, che genera inizialmente confusione e disequilibri. Per qualcuno è come smentire sé stessi, come accettare un io diverso, un io senza poteri sovrannaturali, più consapevole delle battaglie da condurre qui e ora, ma anche più incline alla verità dei fatti piuttosto che alle buone novelle create in tempi lontani. So bene che non tutti i mali possono essere spiegati con le convinzioni religiose. Però togliere già il substrato culturale al fanatismo religioso sarebbe un grande passo in avanti per risolvere alcune problematiche create dalle “verità assolute” dei tre monoteismi, perpetrate nei secoli contro ogni ragionevole intelligenza. Rimane la sopraffazione dell’uomo sull’altro uomo, questo si, rimane la cupidigia e l’arroganza, ma per assurdo sarebbe più semplice da risolvere senza le sovrastrutture religiose. Vasto programma di lunga durata, lo ammetto. Ma qualcuno deve pur cominciare a riaffermare la preminenza dell’intelligenza che ha creato l’uomo attuale rispetto all’umanità immaginaria basata su fantasie ormai superate. Con una nuova educazione, con una nuova etica basata sul vero rispetto della libertà altrui, in un contesto di meno disuguaglianze tra i popoli e dentro i singoli popoli.
"Per me, la parola Dio non è niente di più che un’espressione e un prodotto dell’umana debolezza, e la Bibbia è una collezione di onorevoli ma primitive leggende, che a dire il vero sono piuttosto infantili. Nessuna interpretazione, non importa quanto sottile, può farmi cambiare idea su questo". Lettera del 1954 di Albert Einstein a Eric Gutkind
39° PARALLELO- dicembre 2023
Alfredo De Giuseppe