2024-10 "Colonia Scarciglia" - 39° Parallelo

 

COLONIA SCARCIGLIA
Prima luogo di sofferenza, poi di degrado 

A Leuca, su Punta Meliso, all’estremo scoglio del tacco d’Italia, fu costruita la Colonia Scarciglia. Un edificio imponente, progettato sul tetto carsico di una serie di grotte marine, denominate Grotte Cazzafri, bellissimi anfratti naturali, frastagliati da innumerevoli stalattiti. Nelle grotte ci si addentra per una trentina di metri con la barca, essendo accessibili esclusivamente dal mare. Luigi Scarciglia, un possidente di Minervino di Lecce, a metà degli anni venti del Novecento, dona una cifra sostanziosa per una struttura da destinare, durante le vacanze, ai ragazzi ammalati di tubercolosi, una malattia che minava la forza della stirpe italica. Il motto era “Salvate la razza dalla tubercolosi”: il regime fascista dedicò un impegno massiccio alla lotta contro questa malattia. Oltre agli elevati tassi di mortalità, vi erano altri risvolti sgraditi: l’immagine del tisico pallido, gracile e potenziale corruttore della razza, contrastava troppo con l’ideale fascista dell’uomo forte e muscoloso e con la necessità di preparare “la grande Italia di domani”.

Siamo sotto il Santuario di Santa Maria de Finibus Terrae e vicino alla Colonna che segna la fine dell’Acquedotto Pugliese, dove il regime volle una specie di cascata monumentale. È il 1928 quando si inaugura: il tempo delle colonie estive e della convinzione che alcune malattie si curino meglio respirando l’aria del mare, magari in un edificio costruito fin quasi dentro il mare. Per quanto riguarda il Sud Salento, oltre alla “Scarciglia” ne fu aperta un’altra ai Laghi Alimini di Otranto, chiamata “Colonia Trieste” (anch’essa completamente abbandonata). Ricordiamo comunque che in tutte le colonie l’età dei bambini andava dai 6 ai 13 anni e divennero un vero e proprio status sociale delle famiglie più povere: nel 1939 furono oltre 800.000 i ragazzi presenti nelle colonie estive di tutta Italia. Mentre tutte le colonie negli anni trenta furono gestite dall’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI) e dall’Opera Nazionale Balilla (ONB) e dal 1937 dalla Gioventù Italiana del Littorio (GIL), la Colonia di Leuca rimase in mani religiose, perché velocemente si trasformò in una specie di sanatorio permanente, perdendo fin da subito qualsiasi connotazione vacanziera.

In ogni caso, fin dal 1928, sono le Suore Salesiane dei Sacri Cuori a prendere possesso e gestione della nuova struttura, per dedicarsi alla cura dei bimbi ospitati. (Quest’ordine religioso ebbe il decreto diocesano di erezione canonica il 27 gennaio 1895, il decreto di lode da Benedetto XV il 30 novembre 1915; fu riconosciuto di diritto pontificio da Pio XI il 21 giugno 1925). Le cure consistevano per lo più nella disciplina, le preghiere e le restrizioni. I bambini tossivano, si infettavano tra di loro, gli antibiotici scarseggiavano, le sofferenze del corpo si sommavano a quelle dell’anima. Andare in questo tipo di struttura significava rimanere segnato a vita: non una villeggiatura piena di attività ma una vita ristretta dentro una visione tutta mistica e mortificante del corpo.

Questa fu la Colonia Scarciglia nei primi anni della sua esistenza, almeno fino al periodo della seconda guerra mondiale, quando, finita l’ubriacatura fascista, la struttura divenne soprattutto una sorta di ospedale di campo per ospitare e assistere i profughi dei campi di concentramento nazi-fascisti, in attesa del ritorno nei rispettivi paesi d’origine. Del resto anche a Leuca nel 1945 gli Alleati avevano allestito, come in altre località costiere del Salento, il Camp 35 – una specie di villaggio diffuso ad uso soprattutto degli ebrei di tutto il mondo pronti ad imbarcarsi per Israele. L’ospedale d’appoggio è appunto allestito presso la Colonia Scarciglia ed è utilizzato anche dai profughi dei campi vicini, in particolare per le maternità, tanto che i bambini nati in quegli anni dai profughi accolti in Salento risultano spesso nati a Leuca.

Proprio quel particolare, aver cioè allestito una improvvisata sala per le partorienti, ne segnò il destino nel dopoguerra. Storia dimenticata e spesso volutamente ignorata, ma anch’essa di grande sofferenza. Finite le colonie, finiti gli ebrei, qualcuno pensò bene di utilizzare la struttura leucana quale ricovero (o nascondiglio?) per le ragazze madri, quelle cioè che erano rimaste incinte senza essere sposate. Nella realtà meridionale dell’epoca, anni quaranta e cinquanta, dovette sembrare quasi un fatto normale: le ragazze partorivano con l’aiuto di suore-mammane e poi vi rimanevano per i primi mesi o anni. Definito “educantato”, con annessa una piccola scuola paritaria con maestre solo religiose, divenne in effetti un “luogo chiuso”, inaccessibile ai più. Impossibilità di uscire, pessime condizioni igieniche, nessuna vera forma di periodici controlli medici, queste le principali caratteristiche della struttura.

Sul sito Leuca.info, scrive Raffaele, uno degli ultimi sopravvissuti di quel tempo:

Da piccolo, figlio di famiglia povera, ho passato due anni della mia infanzia lì dentro, gestito da un ordine di suore. Gestione completa all’interno di scuola elementare, mensa, refettorio, lavanderia, dormitorio, Cappella. All’esterno uno spazio sopra il livello del mare con il tetto sugli scogli. Con il forte vento di scirocco le onde si infrangevano all’ interno delle grotte facendo tremare l’intero edificio. Le sere d’estate insieme alle suore si recitavano le preghiere con la musica delle navi da crociera che sfioravano la scogliera sottostante. A scuola se non avevi studiato e non rispondevi alle domande delle lezioni la maestra suora, per punizione, con la penna a biro nera ti disegnava uno ZERO in fronte e ti mandava dietro la lavagna dove rimanevi in piedi per tutta la durata della lezione. La visita dei genitori era permessa solo la domenica: ero sempre in attesa di loro. Ricordi veri e indelebili”.

Sono gli anni della vergogna, nessuno ne vuole più parlare, ci sono buchi cronologici nelle ricostruzioni storiche di questo luogo destinato anche alle “ragazze facili”, spesso analfabete, quelle che facevano l’amore da giovanissime, magari in forme che oggi riterremmo criminali (stupri, incesti e violenze di ogni genere). Su questi decenni, tra la fine degli anni ‘40 fino e la fine degli anni ‘60, ci sarebbe ancora da approfondire con testimonianze dirette e documenti, ma al momento non ci sono conferme sostanziali e probanti. L’assenza di memoria appare quasi totale, la dimenticanza collettiva fa quasi paura, generando un senso di mistero quasi romanzesco.

Una delle poche cose certe è che lentamente le Suore Salesiane dei Sacri Cuori, ad iniziare da metà anni sessanta, si sono ritirate a Lecce in Piazzetta Mariotto Corso presso la struttura che nel 1902 aveva acquistato il loro fondatore don Filippo Smaldone. Oggi, nell’ambito della cosiddetta “ospitalità religiosa”, quella struttura situata nell’area pedonale del centro storico, è diventata un B&B, si affittano camere a pellegrini e turisti.

Dopo l’abbandono, il degrado: lentamente negli anni il sito dell’ex Colonia Scarciglia diventa un posto di fuggevoli incontri clandestini, addirittura illegali, depredando tra l’altro quel poco che si poteva ancora portare via. Si arriva così al 1996, quando il demanio decide di vendere l’immobile alla Provincia di Lecce per un valore di un miliardo e mezzo delle vecchie lire. Presidente della Provincia è Lorenzo Ria, che si sta impegnando in una serie di interventi per il rilancio definitivo di questa parte di territorio. Nell’atto di cessione, il ministero delle Finanze precisa che la destinazione d’uso dell’immobile deve rimanere di “utilità sociale”, termine generico che negli anni determinerà vari contenziosi.

Ancora sei anni di silenzio, senza nessun intervento pubblico e privato. Nel 2002 nasce l’interessamento di Roberto Colannino, ex amministratore di Telecom e Olivetti. Ne esce fuori un bando di gara che cerca di mettere insieme l’utilità sociale e il profitto privato, con l’idea di un Museo del Mare affiancato da un albergo a cinque stelle, con annessa una grande beauty farm. La società che vince la gara si chiama Apuliae srl, le cui quote fanno riferimento ad una società del gruppo Colannino e amministrata dal leccese Fabrizio Quarta. Il progetto prevede di sventrare la struttura interna, mantenendo però la facciata esterna nello stile del “ventennio”, architettonicamente definito come “neoclassicismo semplificato”. I lavori iniziano nel 2004.

Nel 2005, appena un anno dopo, con i lavori in corso, un sopralluogo dei carabinieri blocca tutto: non è stata rispettata la volumetria prevista, sono state effettuate nuove opere completamente fuori norma e non è stata rispettata la destinazione d’uso prevista dal bando. L’amministratore Quarta verrà poi indagato dalla Procura di Lecce anche per una presunta truffa per l’accesso ai fondi della legge 488. A sua volta il Demanio richiedeva alla Provincia la restituzione dell’intero sito in quanto non si era rispettata la destinazione d’uso stabilita.

Inevitabilmente si apre una fase di contenziosi tra Provincia e Demanio, dove si inserisce anche il Comune di Castrignano, che ne rivendica la proprietà in quanto lo stabile, ormai fatiscente, sventrato, cadente, inquinante, non può essere avulso dalle scelte dell’Amministrazione cittadina. A questo punto entra in ballo anche la Igeco di Tommaso Ricchiuto che in quella gara del 2002 era giunta seconda. Il Consiglio di Stato, nel 2009, impose a Palazzo dei Celestini di riformulare la graduatoria e assegnare la struttura alla Igeco, mentre la Apuliae presentò una richiesta di risarcimento. L’amministrazione provinciale, però, ritenne di approfondire ulteriormente il bando, riscontrando che era prevista una diversa destinazione d’uso rispetto a quella indicata tra le clausole di acquisto dell’ex colonia, avvenuto a prezzo dimezzato dal Demanio attraverso il Ministero delle Finanze. La struttura inoltre, doveva essere gestita direttamente dall’ente pubblico non da privati. In pratica, la Giunta provinciale dell’epoca avrebbe agito diversamente da quanto indicato dal consiglio provinciale, che invece aveva chiesto una gestione con presenza pubblica, anche attraverso la costituzione di una società mista.  Da qui la decisione di azzerare tutto e ripartire dall'inizio. Igeco e Apuliae raggiungono un accordo e decidono di costituire tra loro un’ATI – Associazione Temporanea d’Impresa – per presentarsi ancora più forti e coesi verso gli Enti decisori. Però, nel 2010, le lungaggini burocratiche, le dispute tra Enti e le polemiche politiche (e quelle giudiziarie) fanno desistere definitivamente Colannino che abbandona la scena senza mai più ritornarci (morirà poi nell’agosto del 2023).

 Dopo vari e diversificati pronunciamenti, il Tribunale Civile di Lecce nell’ottobre 2017 restituisce al Demanio la piena proprietà dell’immobile. Dopo tale atto e in virtù di una legge nazionale definita “Federalismo Demaniale”, nel 2018, il Comune di Castrignano può acquisire a titolo non oneroso l’ex Colonia Scarciglia. Sindaco è l’ex Generale del GdF, Santo Papa, che nel rivendicare una delibera consiliare in tal senso approvata nel 2016, non indica un indirizzo preciso sulla futura destinazione dell’immobile che tutti si guardano bene dal definire “ecomostro”. 

Nel 2019 la stessa Amministrazione mette in sicurezza l’immobile con interventi di bonifica dell'immobile dall'eternit, dal cemento, dal ferro e da altri rifiuti speciali abbandonati dalle ditte al momento del sequestro giudiziario del 2005.

Nel 2022 viene presentato dal Comune di Castrignano un bando per la riqualificazione del sito. Vince la società Alboran Real Estate, evidentemente appositamente costituita, perché ha fatturato solo 15.000 Euro nel 2021, e ancora nel 2023 non aveva nessun dipendente. Il nuovo sindaco è il dott. Francesco Petracca (da agosto 2024 anche appoggiato in Consiglio dall’ex Santo Papa) che nel settembre 2023 dichiara alla stampa: “Appena ho visto il progetto me ne sono innamorato: non è impattante; è rispettoso dell’ambiente; rinuncia a 700 mq di volumi; comporta una riqualificazione dell’intero promontorio di Punta Meliso, anche attraverso un rimboscamento; prevede una serie di collegamenti con la Via Francigena e con la Via Crucis, rivolgendosi anche al turismo religioso e dei cammini; lascia aperto al pubblico il percorso che porta a Punta Meliso e, infine, è un progetto che dall’esterno si vede poco, si confonde con la roccia e la macchia mediterranea”.

Nello stesso settembre del 2023, il nuovo progetto viene presentato in pompa magna presso lo storico Circolo della Vela di Santa Maria di Leuca, dove il progettista, l’architetto Toti Semerano dichiara: “La caratteristica essenziale del progetto consiste nella sua doppia natura: da un lato la Fondazione Culturale aperta al pubblico, che sarà il motore della nuova Colonia Scarciglia, dall’altro la struttura ricettiva e gli annessi servizi (bar, ristorante, piscina, spa ecc.) per gli ospiti».

Nel maggio 2024, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Lecce comunica ufficialmente il diniego al progetto della società Alboran, dichiarandosi in linea di principio contraria alla nuova destinazione per l’alto rischio idrogeologico, esprimendo grossi dubbi sulla tenuta delle grotte sottostanti e sulla modifica del paesaggio circostante. Sia il Comune di Castrignano che la società interessata ribattevano alla nota della Sopraintendenza con la richiesta di poter depositare perizie tecniche di diverso parere, ma la sensazione è che la situazione sia destinata a rimanere sospesa per molto tempo. Il Comune riapre i termini previsti nella gara e di fatto allunga i tempi per eventuali ricorsi e modifiche progettuali.

Ottobre 2024: un’altra estate è passata, la struttura non pare tra le priorità della comunità. Forse è giunto il momento di prendere in considerazione un’altra ipotesi, quella di abbattere il tutto e creare un parco naturale, valorizzando punta Meliso, come attrazione marina, come l’estremo sguardo dell’Occidente verso Oriente, come simbolo di congiunzione laica tra varie culture. Forse, nel rimboscare tutta l’area, nel renderla libera e bella, si potrebbe lasciare un piccolo lembo di muro di quella che fu la Colonia Scarciglia a perenne ricordo delle umane sofferenze, delle difficoltà di uscire dalla cattività del pensiero unico.

Ottobre 2024 - 39° Parallelo

Alfredo De Giuseppe

                                                                                                                                                             Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Stampa