2018-08 "Da qui fino alle Ferrovie" - 39° Parallelo
Per quanto possa risultare stucchevole e noioso, bisogna ritornare sulla questione trasporti del Sud Salento. Dobbiamo fare un breve tuffo nel passato. Al momento dell’unità d’Italia all’estremo lembo sud-est c’erano poco più che tratturi, che collegavano i vari paesini che a loro volta erano spesso poco più che delle masserie organizzate. In ogni paese c’era il palazzo del signorotto, una o due chiese, alcune ville padronali (spesso seconde o terze case di nobili che vivevano altrove) e le case dei contadini (arte povera) che non avevano bisogno di muoversi, ma solo di lavorare dal mattino al tramonto. Questa condizione era accentuata nei paesi dell’otrantino e del Capo di Leuca. Tiggiano contava nel 1861 su 662 abitanti, Corsano su 1100, ma anche Montesano era fermo a 737 e Castro era abitata da appena 283 persone. Il Medioevo nella sua accezione negativa era ancora ben presente, dall’oscurantismo ecclesiastico alle modalità di vita sociali e familiari, fino appunto ai trasporti che erano completamente inesistenti.
In questo quadro di povertà, di abbandono, di inefficienza sanitaria e scolastica, già nel 1872 venne inaugurata la tratta ferroviaria Lecce – Maglie - Otranto. Poco dopo, nel 1875, si cominciò a progettare la Maglie-Gagliano, che poi fu effettivamente inaugurata nel 1911. Insomma il neonato Stato Italiano aveva ben chiaro che per uscire dal sottosviluppo, dalla povertà, dall’ignoranza diffusa si dovesse partire dalle opere infrastrutturali, dalle Ferrovie, che per loro natura sono il sistema più democratico che ancora si conosca. Il treno non necessita di patenti, è abbastanza economico e sicuro, raggiunge quasi sempre il centro delle città. Tant’è vero che le città più importanti e più popolose al mondo hanno continuato nell’ultimo secolo a sviluppare il trasporto su rotaie, anche sotterraneo, anzi incrementandolo sempre più in efficienza, velocità e comodità.
Dopo oltre 120 anni la situazione del Salento è la seguente: siamo diventati una meta turistica (e chi l’avrebbe mai detto fra i nostri nonni?); siamo cresciuti demograficamente di oltre 4 volte rispetto al 1861; abbiamo debellato alcune malattie endemiche, con un buon sistema sanitario; è scolarizzata la maggior parte della popolazione; è cresciuto enormemente il numero di strade di collegamento fra i tanti paesini e quelle a scorrimento veloce; le ferrovie son rimaste quelle di inizio ‘900. Quindi mentre tutto il mondo intorno cambiava, le littorine rimanevano ancorate alla loro origine, peggiorando anzi le loro performance visto che oggi non possono superare i 50 kmh.
Ci sarebbe tanto da commentare e discutere sul modello di crescita, sulle ruberie, sugli scandali, sulle inefficienze e sulla conduzione manageriale, sulle raccomandazioni e sulle negligenze, ma qui siamo propositivi e vorremmo immaginare un futuro diverso.
Se proviamo a immaginare il Capo di Leuca come un un’unica città metropolitana, tutto può cominciare a diventare più chiaro. In una città è importante spostarsi da un posto ad un altro, far coincidere orari e velocità, creare i presupposti per un nuovo sviluppo. Così come i politici del 1861 (votati da pochi cittadini, circa il 2% dell’intera popolazione) immaginarono lo sviluppo globale attraverso la strada ferrata, così i nostri politici attuali (votati da un sacco di gente) dovrebbero immaginare un nuovo sviluppo basato su una nuova concezione del territorio. Oggi ci sarebbe da reinventare la mobilità complessiva, sfruttando le migliori idee ingegneristiche e architettoniche, industriali e informatiche presenti sul pianeta. Non la solita delibera di aggiustamento di una qualche inefficienza, ma un progetto completamente nuovo che risulti convincente per residenti e turisti, che sappia coniugare tradizione e innovazione, nel presupposto che, dovendo andare su Marte fra pochi anni, potremo pur farcela a fare qualcosa di bello anche nel Salento. Non una casa popolare brutta e triste, non una navetta vecchia di trent’anni, ma un sistema su rotaia che ci trasporti nel futuro. I politici non difettano di fantasia(!), ma sono intrappolati dentro logiche burocratiche assurde: diamogli una mano a vivere il nostro tempo. Un progetto così complessivo che comprenda la mobilità dei vecchi tratturi, delle strade da rendere più sicure, e dalle ferrovie che devono avere almeno una fermata in ogni Comune dell’area. Un’opera gigantesca che sarà il nuovo, vero volano di sviluppo (ci sono miliardi di finanziamenti europei non utilizzati da anni che potremo canalizzare in un unico progetto). C’è qualche pragmatico visionario che ci sta pensando? O la realizzeremo prima su Marte?
39° Parallelo - Agosto 2018
Alfredo De Giuseppe