L'arte nascosta
Il film documentario di Alfredo De Giuseppe, ambientato nel Salento, nell’estremo lembo sud-est dell’Italia, racconta la giornata di quattro persone, che pur avendo una normale (e a volte alienante) routine lavorativa, trovano il modo e il tempo per esprimere le loro capacità artistiche. Un lavoro con immagini indimenticabili, con personaggi tratteggiati in un continuo confondersi di realtà e poesia. Alfredo De Giuseppe, con la fotografia di Diego Silvestri e il montaggio di Andrea Facchini, traduce con successo in immagini la sua consolidata capacità di scrittura.
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Dal 17 ottobre 2022 il film è disponibile in libera visione (leggi qui la riflessione dedicata) sulla pagina youtube dell'autore o al seguente link:
Che dire di questo “L’Arte Nascosta”?
Da anni attendo, attendo sempre le sorprese di Alfredo. Aspetto i suoi scritti, le sue poesie, le sue prese di posizione, i suoi coupe de theatre anche nel lavoro. Lo spettacolo è sempre garantito. Perché l’uomo è sorprendente, sempre, nel bene e nel male (poco invero).
Quindi aspettavo il film.
Ho annusato l’aria nei giorni precedenti, è trapelato poco; il riserbo, almeno nel mio caso, sovrastava. Questo regista in erba, come da suo stile, banalizzava, minimizzava “è una specie di documentario” diceva.
Insomma, spinta da una passione smisurata per il cinema, sono andata a Tricase alla prima e, in uno scenario incredibile - chi c’era sa di cosa parlo: gente in ogni dove, seduta, in piedi, accucciata dentro nicchie seicentesche, caldo asfissiante dentro e fuori, (il film si proiettava in un palazzo storico, contemporaneamente in sala e in un cortile ) posti in piedi anche per chi è arrivato in tempo – ho visto, l’ho visto:
un Film in quattro episodi.
Un film vero. Divertente, emozionante, struggente.
Una lente di ingrandimento su vite spesso dolenti, su persone, uomini e donne forse consapevoli del privilegio della loro “arte”, e perciò più sole.
- Non ci siamo forse un po’ riconosciuti tutti nella rabbia del Musico Vivaista? Certo abbiamo anche avuto il tempo per divertirci, per sorridere sulle inquadrature ciniche mentre dorme col cuscino tra le gambe e con la panza che trabocca.
- Non abbiamo un po’ invidiato l’atmosfera bucolica in cui è immerso l’Intonacatore? Non ci siamo incantati dinanzi alla nostra terra così bella? E non vorremmo tutti avere l’abilità di costruire le sue casette, i suoi presepi? Non giocavamo tutti da piccoli a fare capanne sugli alberi, o in giardino, non costruivamo castelli con il Lego? E poi la luce, la luce di questa parte di mondo, il nostro piccolo mondo.
- E che dire dell’episodio di Puccetto? Indimenticabile la scena all’alba, di lui in bicicletta che va al casello in un’atmosfera tutta dorata. Poi la sua solitudine. Sempre la solitudine, quando dipinge, quando alza il passaggio a livello, quando abbassa il passaggio al livello, quando si lava, lava via la pittura sotto una doccia, vestito. La sua caccia: qualcuno a cui chiedere un passaggio verso un bar, un luogo in cui incontrare suoi simili e bere un caffé. Mi ha ricordato un vecchio, anzi vecchissimo, film di Olmi “Il tempo si è fermato” in cui uno studente diventa per caso amico di un guardiano di una diga che passa tutto il tempo così, come Puccetto. Fra la natura e il rischio di alienazione.
- Infine una Donna, anch’essa dolente, molto. Lavora nella Sanità e vive con una madre arrivata direttamente da un set di Fellini. Ma lei, la Donna, è coinvolta, presa, dalla suprema forma d’arte che è il teatro, che in sé racchiude, per antonomasia, la tragedia. E ha tutto di tragico il brano tratto da Antologia di Spoon River che ci recita. A questo punto sono stupefatta.
Infine, elogio della lingua della terra di Tricase ; vi ricordate le lotte di Pasolini per far riconoscere il friulano come lingua ufficiale? E l’Albero degli Zoccoli di Olmi?
Anche se i sottotitoli sarebbero graditi.
Insomma mi è piaciuto tanto questo film, questa che è un’”opera prima” nel senso che ora attendo la seconda, poi la terza e via di seguito…Il regista è un artista per niente nascosto e lo invito a continuare a sorprendermi.
Serena Laporta