049 - Sto con i grandi italiani - 2018-06-30

Se qualcuno mi chiede con chi sto (domanda sempre più frequente nel mondo del messaggio breve) rispondo sempre: con i grandi italiani. Sono estremamente orgoglioso di essere discendente di tanti geni e inventori, di tanti uomini di cultura, arte e musica, di scienze e di filosofia. E in questo periodo buio sto con i grandi italiani di oggi, seppur dileggiati e derisi. Mi schiero sempre a loro fianco, lotto con loro, li difendo, li incoraggio e loro incoraggiano me.

Sto sicuramente con lo scrittore e attivista Roberto Saviano, giovane coraggioso, che da tempo, in una nazione che non è mai riuscita a sconfiggere le mafie, è diventato facile bersaglio di tutti, con Gino Strada che ha creato Emergency con le sottoscrizioni volontarie e per primo è andato al fronte per curare le popolazioni vittime delle guerre e delle bombe. Sono vicino, per temperamento, sensibilità artistica e umana, al fotografo Oliviero Toscani, che non ha paura di dire quanto sia ignorante e provinciale l’italiano medio, così come ammiro Andrea Camilleri, che a 92 anni esprime valori e concetti più chiari di un giovane leader della sinistra. E sto sempre e comunque con la senatrice a vita Liliana Segre - così come stavo con Rita Levi Montalcini - deportata ad Aushwitz, sopravvissuta ai campi di concentramento voluti dai nazi-fascisti (sarebbe ora di fare i conti anche con le vere responsabilità italiane), conseguenza finale dell’odio sociale.

Di questi grandi italiani, una volta riportata la verità nella corretta dimensione storica, una volta diradata la nebbia, se ne parlerà certamente ancora fra cent’anni. Si parlerà di loro e si dirà di quale coraggio abbiano avuto, di quale genio fossero dotati, di quale livello di barbarie verbali furono capaci di affrontare, sopportare, combattere. Di tanto in tanto l’uomo pare perdersi nelle proprie paure e affronta gli argomenti della civiltà con brutalità e ferocia. La maggioranza del popolo scambia il carnefice con la vittima e in genere si accanisce sui suoi simili, non avendo più coordinate e valori sui quali appoggiarsi. Ed è qui che i grandi uomini possono fare la differenza: gridare, scrivere, a volte morire per difendere i principi alla base di una convivenza che abbia un minimo di senso.

Questi grandi italiani, di cui tutti un giorno saremo orgogliosi, non sono direttamente inseriti in partiti politici, non hanno avuto contributi statali, non cambiano idea ad ogni post e soprattutto non hanno bisogno di credere in entità soprannaturali per affermare con accuratezza e piacevolezza una serie di idee e fatti a supporto dell’amore verso l’umanità nel suo complesso.

Insomma nel momento in cui il termine “buonista”, coniato dai giornali di Sallusti e Belpietro (e da E. Galli Della Loggia), è diventato sinonimo di lassismo e pochezza, o al massimo di ipocrita ostentazione di buoni sentimenti, io sto con i buonisti, anzi mi infilo nell’esercito dei buonisti e inizio a battagliare contro la dilagante arroganza dei nuovi “patrioti”. Fra qualche anno, forse cento, si dirà che un gruppo di buonisti, per quanto minuscolo, tentò di salvare l’Italia dalla deriva autoritaria. Perché è bene dirlo, gli esempi anti buonisti nel mondo sono tutti vicini all’antidemocraticità, da Erdogan a Putin, da Orban a Trump (solo per citare i più noti e tralasciando l’intero Medio Oriente).

Il mondo oggi dovrebbe aprire dei grandi congressi per capire come costruire il futuro, come regolarsi con il boom demografico, come attuare politiche contro l’inquinamento, come ridistribuire le ricchezze su base mondiale. Avremmo bisogno di politici in grado di discutere con cognizione di causa di questi fenomeni e non di chiudere le frontiere di ogni staterello, alzando muri di cemento e filo spinato, chiudendosi dentro la propria egoistica povertà. Hanno depotenziato l’ONU, stanno distruggendo l’Unione Europea, cavalcando paure e crisi economiche, dimenticando all’improvviso i progressi sostanziali di questi ultimi decenni. Continuando di questo passo, in conclusione, rimarranno solo gli eserciti e le bombe. E allora addio sovranisti, razzisti e qualunquisti. Ci saranno di nuovo un sacco di buonisti.

La mia colonna - il Volantino, 30 giugno 2018

Alfredo De Giuseppe

 

Stampa