066 - In nome di Antonio Megalizzi - 2018-12-22

Cos’è rimasto, dopo 6 mesi dall’insediamento del nuovo governo, delle roboanti promesse elettorali, delle parole gridate, modificate, addomesticate? Del cambiamento, fine della povertà, basta con l’Europa e lo Spread, cancellazione in due giorni della Fornero, decreto dignità, eliminazione dei migranti, dei porti chiusi e della sicurezza personale? È rimasto molto e poco. E che partita si gioca dietro il fiume di twitt, post su facebook, video e dichiarazioni quotidiane su tutto lo scibile umano, dai vaccini al contratto di governo, dalla manovra del popolo fino alla difesa dell’ambiente, alla stampa puttana e ai debiti che diventano vittorie?

L’Ilva di Taranto doveva diventare un parco giochi, la Tap di Melendugno si doveva fermare in due settimane. Di alcune promesse non è rimasto nulla, neanche il ricordo. Su altre, vedi Tav, Ponte di Genova e strada 275, si sta lavorando giorno per giorno, brancolando nei meandri di una complessità evidente a tutti tranne ai fedeli assertori della religione della semplificazione del pensiero politico (e umano). Sul reddito di cittadinanza, ad esempio, quel che meraviglia non è che si faccia o meno, quanto la difficoltà operativa, le modalità da mettere in atto, dopo aver sbandierato questo provvedimento per almeno 5 anni. Possibile che nessuno avesse studiato per tempo come si potesse attuare praticamente? Erano solo slogan elettorali le risorse già disponibili? Intanto il concetto di Sud non esiste più nel vocabolario politico, tranne che per eventuale riserva di voti (storico). La quota 100 delle pensioni, sbandierata come superamento della legge Fornero, è un’evidente presa in giro, fra penalizzazioni, finestre e paletti. Però è sufficiente scrivere qualcosa che assomigli seppur lontanamente a quanto promesso per poter esternare la propria soddisfazione, la propria coerenza, la propria fedeltà alla causa del bene italico. 

Non so che succederà davvero nel prossimo anno dopo l’approvazione della “manovra del popolo”, ma so per certo che alcune cose resteranno, si sono compiute, sono già nei fatti e sono davanti a noi, con chiarezza e convinzione. Abbiamo senz’altro peggiorato l’umanesimo della nostra terra: il diverso è un intruso, un usurpatore delle nostre ricchezze, non deve avere diritti, da spedire indietro come un pacco postale. Gli episodi di razzismo si sono moltiplicati, le esasperazioni verbali hanno generato una diffusa comprensione per “l’esclusione” definitiva. Le ONG operanti nel Mediterraneo sono state così bene demonizzate da passare in pochi mesi da eroiche imprese di salvataggio a speculative operatrici dedite al traffico di esseri umani. Il Global Compact, l’accordo per regolare i flussi mondiali delle migrazioni, è stato boicottato dal nuovo governo. L’esperienza di Riace è stata estirpata, il suo Sindaco addirittura arrestato. Alla fine è rimasto ben consolidato il clima d’odio e d’intolleranza, lo sdoganamento dei peggiori istinti di conservazione.

I giornali non allineati alla nuova teocrazia sono oggetto di insulti e minacce. La libertà di stampa non è al sicuro nelle mani della privatissima piattaforma Rousseau e della Lega Nord/Sud, capace di rubare al centro e all’estero. Le televisioni intervistano a ritmo serrato Salvini il capitano e Di Maio il difensore. Conte fa il pompiere democristiano, riuscendo a contenere financo le intemperanze del suo stesso portavoce, l’impresentabile Casalino, a suo tempo imposto al suo fianco per non far deragliare quell’oggetto misterioso che era un premier terzo e tecnico. Rimane infine la propaganda e non è roba da poco.

Come al solito la situazione è drammatica, eppure non siamo seri, abbiamo voglia di giocare a fare i super eroi. C’è da sperare che anche l’Italia prima o poi abbia un governo che dica la verità ai suoi cittadini, che davvero percorra la strada della giustizia sociale e delle riforme necessarie per risparmiare denaro pubblico e ridare bellezza a tutto il territorio. Un governo che lotti per un’Europa unita e solidale, magari un unico Stato fatto di diritti e doveri e non di lassismo e bugie. Di umanità e tolleranza, di lavoro e apertura mentale verso il futuro. Dopo Berlusconi e Renzi pensavamo di aver visto tutto, ma ci sfuggiva l’eterna voglia italiana dell’uomo forte, magari macchettistico e ignorantello. Quello che vedremo potrebbe essere ancora peggio, perché, se sei su un piano inclinato, scivoli sempre più velocemente.

Mi piace però chiudere questo 2018, ricordando Antonio Megalizzi, morto a causa dell’attentato di Strasburgo del 11 dicembre. Un ragazzo innamorato della radio, dell’Europa e del giornalismo. Scopriamo che c’è un’Italia bella solo nei momenti tragici. Scorre sotterranea ed emerge all’improvviso, dal candore delle fresche e dolci acque di un ruscello ancora pulito. Un’Italia oggi minoritaria, forse élite intellettuale, certo un’Italia migliore, che forse un giorno qualcuno vedrà.                                                                                                                   

La mia colonna -il Volantino, 22 dicembre 2018

Alfredo De Giuseppe

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