148 - La confusione di novembre - 2020-11-28
Un novembre in piena confusione e non mi aiutano le letture, nemmeno i film e men che meno i talk-show. Innanzitutto mi ha confuso la democrazia degli Stati Uniti d’America. Per anni mi avevano detto che lì, in quel Mondo Nuovo, era stata creata la più grande democrazia del mondo, l’esempio di stabilità governativa per tutti noi cittadini, anzi un modello da esportare ed estendere ad altri Paesi, anche a costo di guerre e stragi di Stato. Poi invece è bastato eleggere un riccone senza mestiere, noto per i suoi divorzi e per qualche trasmissione TV, per far emergere tutte le debolezze del sistema, le défaillance di una legge elettorale inappropriata ai tempi. Una Nazione piena di ingiustizie, di malasanità, di arroganza, di pistole, di ignoranza e pure di obesità, dove inserire un virus politico altamente pericoloso non è poi così difficile. Dove un Presidente non vuole ancora riconoscere di aver perso, che può permettersi di dire e fare qualsiasi cosa, fino al limite di un colpo di Stato, come in un Paese che lui stesso definirebbe del Terzo Mondo. In queste presidenziali statunitensi si son salvati solo i Media, compreso qualche presentatore di telegiornali, che hanno stoppato, smentito, sbugiardato il loro Presidente nello stesso momento in cui parlava. Motivo di speranza, nella grande confusione trumpiana.
Motivo di confusione lo crea da sempre il PD. Da quando, nel 2007, è stato fondato non ha perso occasione per scatenare moti di ilarità, di ira o di totale incomprensione tra i suoi fedeli sostenitori. A me pare che il PD in questi anni abbia avuto una sola stella polare: Silvio Berlusconi. Già Veltroni, nel 2008, riuscì a fare un’intera campagna elettorale senza mai nominarlo, un po’ per non cadere nell’accusa di anti-berlusconismo (lanciata sempre dai media berlusconiani), un po’ per rilanciare uno stile tutto signorile della politica (fondamenta del radical-chic). Dove però in un ring c’è un signore che tira cazzotti e l’altro che gli vuole leggere le poesie di Ungaretti, c’è qualcosa di ridicolo. Renzi, appena insediatosi a Palazzo Chigi, tentò immediatamente l’accordo del Nazareno con il Silvione, da poco condannato benevolmente ai Servizi Sociali per vari episodi di evasione fiscale. Ora lo stesso vecchietto, proprietario di almeno metà dell’informazione italiana, fa le fusa al governo, addirittura lo salva in Senato, vuole blindare le sue aziende da eventuali scalate straniere (però i soldi di Vivendi li ha presi e tanti, quando son serviti) attraverso una legge ad hoc che naturalmente il PD è pronto a votare. Senza naturalmente che ci sia dietro una logica legalitaria o politica, ma solo lobbistica. Certo il buon Berlusca non si è rivolto alla politica quando doveva vendere il suo Milan a un finto ricco cinese, che doveva far rientrare in Italia una enorme quantità di denaro a favore di Fininvest. La confusione all’interno del PD è talmente grandiosa da rendere ipotizzabile non solo un accordo con Forza Italia, ma che diventi il tratto distintivo del partito, una piattaforma di lobbisti pronti ad ogni evenienza.
Dopo anni di apparente pensiero monolitico, anche il M5S ha aperto ufficialmente la stagione della confusione (che pure era sempre smentita con decisione fino a poche settimane fa). La piattaforma Rousseau si è rivelata infine per quello che era: una boiata pazzesca, al servizio di un privato alquanto discutibile in termini di democrazia. In Puglia poi siamo alle comiche finali, fra Emiliano che li vuole in giunta (tanto per sentirsi uno aperto alle novità) e i duri e puri del Movimento che vorrebbero stare eternamente all’opposizione, alla ricerca del tempo perduto, delle battaglie ormai andate, delle occasioni ormai disperse nel vuoto cosmico. Il bello è che in giunta ci vogliono entrare i vertici del partito (scusate questo nuovo sostantivo), da Grillo a Crimi fino a Di Maio. Però il voto sulla piattaforma di Casaleggio non lo vuole più nessuno, che pure era stato una specie di Sacro Graal fino all’altro ieri. Intanto Nicola Morra, Presidente della Commissione parlamentare antimafia, dice a una radio, con la solita ruvidezza, una cosa vera sulla Calabria mafiosa (dove peraltro lui è stato eletto) e una parte del suo stesso movimento lo scarica. Fatemi capire al più presto qualcosa.
Questo mese del 2020 sarà ricordato come quello degli annunci della scoperta dei vaccini contro il Covid-19. Con la massima confusione fra case farmaceutiche, giornalisti, presidenti del consiglio e soprattutto medici virologi, epidemiologi e vari. Tutti scienziati della loro stessa testa e quindi tutti gli uni contro gli altri, alimentando in continuazione la confusione globale, sotto l’influenza dei mestatori di professione. Poi c’è sempre uno di questi scienziati che per fare audience su sé stesso dice sempre un qualcosa di ancora più speciale. Uno di loro ha affermato che il vaccino non lo farebbe perché ancora non sicuro. Poi si scatena il finimondo, lui serafico torna in TV e dice: era una provocazione. Siamo arrivati agli scienziati che fanno provocazioni in TV mentre Checco Zalone cura i mali del mondo andandosene in Africa. O forse no. Chiaritemi qualcosa con una diretta facebook, una di quelle lunghe lunghe, dove alla fine pure Gianluigi Paragone potrebbe apparire un gigante dell’informazione.
la mia colonna - il Volantino, 28 novembre 2020
Alfredo De Giuseppe