Libere fenomenologie del 2022-06-18 - Le armi e gli USA
l’America è stata scoperta da noi occidentali nel 1492, precisamente da un italiano emigrato in Spagna, che come tutti i visionari partì per cercare una cosa e ne trovò un’altra. In quegli stessi anni Leonardo da Vinci - e non solo lui - inventava, dipingeva, sezionava, scriveva già cose di una maestria e di un ingegno ineguagliabile, continuatore virtuoso di una civiltà millenaria. In quel nuovo continente cartografato pochi anni dopo da Amerigo Vespucci, un altro italiano, furono scoperte immense ricchezze in giacimenti di oro, argento, diamanti e rame. All’Italia rimase la gloria di aver dato il nome ad un nuovo continente attraverso un suo studioso, mentre Spagna, Portogallo, Francia e Inghilterra depredavano quel continente di ogni bene. Per farlo fu necessario, fra l’altro, compiere un tremendo genocidio, uccidendo di fatto antiche civiltà, usi e costumi, oltre che un numero imprecisato di vite umane, comunque non inferiore a 100 milioni in 500 anni.
La parte nord dei continente fu da subito appannaggio di Francia ed Inghilterra, che pensarono bene di colonizzare quelle terre lontane inviando le persone più umili e derelitte della loro stessa società, dapprima addirittura furono estradati forzatamente avanzi di galera e personaggi senza arte né parte, senza nessuna istruzione e senza nessuna idea di dove stessero andando. Forza lavoro da sfruttare per gli Stati, ma anche per le famiglie più ricche che contavano già su un numero abbastanza importante di schiavi importati dall’Africa. Un commercio quello con l’Africa che strappò milioni di persone da un continente e le trasportò in un altro, condannandole alle catene e alle pene più vergognose.
Questa è la partenza della nazione che oggi è la più potente al mondo. Lo è da almeno un secolo, soprattutto dopo la partecipazione vittoriosa alle due guerre mondiali e la scoperta della bomba atomica. Da allora l’America, oltre che potenza militare, è diventata modello culturale ed economico per tutto il mondo. La musica, i computer, i telefoni, i razzi in giro per l’universo, Hollywood e gli hamburger. Non mi addentrerò qui sui motivi per cui in così pochi decenni l’America del Nord è diventata così potente e neanche perché noi, figli di Leonardo, Colombo e Vespucci, non sappiamo neanche più scrivere in italiano o non comprendere un testo scritto (il 60% dei giovani secondo le ultimi indagini). Vorrei invece analizzare proprio quel DNA dei primi colonizzatori per capire i tanti disagi degli Stati Uniti di oggi, dalle armi fino alla povertà..
Sono andato due volte negli Stati Uniti ed in entrambi i casi ho avuto l’impressione di uno Stato di Polizia, dove la vita sociale è regolata per lo più attraverso l’uso della violenza. Dall’ingresso all’aeroporto, alle guardie dell’hotel fino ai trasporti pubblici, senti nelle grandi città l’incombente pericolo delle sparatorie, soprattutto da parte della Polizia che estrae l’arma anche per un movimento poco consono, mentre nelle piccole comunità sperdute in mezzo ad ettari di campi si vive solo dentro grandi centri commerciali. Per il resto un’ignoranza molto diffusa e un nazionalismo esasperato, aggrappandosi a quell’idea di nazione vincente e democratica che sentono fortemente come unico modello possibile. Questo ha generato naturalmente dei ghetti, dove la Polizia ci va con difficoltà e la malavita la fa da padrone. Ricordo che le ultime statistiche dicono che oltre il 18% della popolazione, cioè 60 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà , fissata in 1.000 dollari al mese. Al contempo i ricchi sono aumentati notevolmente in quest’ultimo decennio, dando quindi continuità alla favola della “terra dalle grandi potenzialità”.
La popolazione ha raggiunto la cifra di 330 milioni di uomini e donne, mentre le armi in circolazione, in possesso dei normali cittadini, sono 390 milioni di pezzi. Una follia collettiva, quel gusto ancestrale per le armi, che spesso diventa follia personale, tanto da procurare stragi pubbliche e familiari. Per l’uso improprio delle armi da fuoco muoiono negli USA ben 30.000 persone l’anno, la metà sono giovani (tra i 18 e i 35 anni), un terzo sono giovanissimi (sotto i 20 anni). Dato rilevante: circa il 50 per cento delle vittime sono afroamericani, nonostante questi ultimi rappresentino solo il 6 per cento della popolazione statunitense.
Detto tutto questo, è forse arrivato il momento di non considerare più il modello americano come l’unico possibile. Quel tipo di società, dove una pistola è sinonimo di libertà, come recita la loro Costituzione, va rieducata e reimpostata. Anche perché pistola facile in privato si trasforma in nemesi politica come risoluzione con le armi di ogni controversia internazionale. Eppure fino a un paio d’anni fa anche in Italia c’era un partito, la Lega di Salvini, che predicava un modello di sicurezza e di autodifesa più o meno simile: una pistola per tutti e sparare con una certa impunità a chiunque non sia bianco/ricco/beneducato. Spetta, ancora una volta, a noi europei intervenire. Noi, storici promulgatori delle più antiche civiltà, dovremmo mettere in discussione il turbo-capitalismo, cercare di moderare le iniquità, contribuire ad uno Stato più vicino alle fasce deboli della società moderna, a sovraintendere le questioni ambientali, a cercare di porre rimedio ai nostri millenari errori (tra cui l’America di oggi). Questo non significa cascare nelle mani di Russia o Cina, ma sforzarsi di creare un nuovo modello, un sistema che possa generare un essere umano più tollerante, forse anche intimamente più sereno.
il Volantino – 18 giugno 2022
Alfredo De Giuseppe