Libere Fenomenologie del 2023-09-09 ... del nuovo ordine mondiale
Molte cose sono successe nel mondo in queste settimane estive, a cominciare dalla caduta dell’aereo di Prigozhin e relative condoglianze sorridenti di Putin, fino all’arresto (venti minuti all’interno della prigione di Atlanta) di Trump, con tanto di foto segnaletica sbandierata come una medaglia, o come slogan delle prossime elezioni. Tante altre cose: la guerra in Ucraina che pare senza via d’uscita, il Niger, il Gabon, tutta l’Africa è una polveriera, mentre il governo italiano finge di non capire e se la prende con le ONG che salvano quattro disperati in mezzo al mare (e intanto gli sbarchi sono triplicati, nonostante insulse leggi di pura propaganda). E poi la famiglia Meloni al gran completo si prende tutta l’organizzazione e forse i soldi di Fratelli d’Italia, compreso il compagno della di lei presidente che ha l’intento di far progredire lo share di Rete4 (quella che doveva un tempo andare sul satellite ed essere vista solo dagli alieni, ricordate?).
Però un avvenimento, passato quasi in secondo piano, potrebbe essere invece il primo, concreto e significativo passo verso un nuovo ordine mondiale. Dal 22 al 24 agosto si è tenuto a Johannesburg il XV vertice dei BRICS, che è l’acronimo di Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa. Tutti i premier erano presenti, tranne Putin in collegamento perché fuori dai suoi confini teme di essere arrestato (io fra l’altro non gli consiglierei l’aereo in questo momento). Questi Paesi da un po’ di tempo si incontrano per capire se in sostanza possono fare due tre cose fondamentali: sostituire gli USA e il dollaro quale principale punto di riferimento del commercio mondiale; creare una nuova moneta unica che vada a unificare i loro differenti modelli economici; togliere all’Occidente nella sua interezza la preminenza culturale e industriale/militare che negli ultimi secoli l’ha reso come unico prototipo di sviluppo.
Questi Brics in realtà non sono migliori di USA, Europa o Giappone: vogliono sostituirli e probabilmente ci riusciranno. Gli Stati Uniti sono una democrazia in crisi, hanno un approccio errato ai problemi ambientali e sono in gran parte rimasti all’età dei film western, con il 70% della popolazione armata fino ai denti, tranne una colta minoranza che fino ad oggi ha creato il magico mondo virtuale di Hollywood e dei software a dimensione domestica, per tutti noi terrestri. L’Europa nel creare l’Euro ha dimenticato di fare gli Stati Uniti d’Europa, condannandoci a sopportare quotidianamente lunghe disamine sulla fierezza di un nazionalismo da parata in ogni singola Nazione che ha deciso di farne parte; il Giappone è ormai un nanetto di fronte a giganti asiatici come Cina e India. Con queste intrinseche debolezze, con l’avanzare demografico dei paesi meno sviluppati, il giochino potrebbe davvero funzionare: ribaltiamo il tavolo e ricominciamo tutto daccapo. Per assurdo, in questo momento, la presenza di Putin alla guida della Russia, con annessa guerra ucraina, è un limite allo sviluppo dell’idea definitiva.
Però le novità non si sono fatte attendere. Molti Paesi avevano chiesto di entrare in questo club – pare 23 - ma alla fine ne sono stati ammessi solo 6 a partire dal gennaio 2024: Argentina, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto, Etiopia. L’analista Lorenzo Lamperti scrive: “In particolare Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sono due «acquisti» fondamentali per gli equilibri diplomatici, energetici e commerciali a livello globale. L'ingresso dell'Argentina era stato anticipato dal presidente brasiliano Lula, che aveva fatto esplicitamente il nome del vicino sudamericano come di un paese meritevole di entrare nel gruppo. Egitto ed Etiopia hanno sviluppato negli anni rapporti molto profondi con Cina e Russia, ma offrono anche al Sudafrica la possibilità di sottolineare di aver favorito una maggiore inclusione del continente”.
Insomma scelte ponderate e aperte al futuro, guardando diverse parti del mondo e diverse culture, che mirano ad unirsi per non sentire sempre e soltanto il richiamo delle sirene occidentali. Del resto questi 11 Paesi, già oggi, rappresentano il 36% del PIL mondiale e il 47% della popolazione dell'intero pianeta. E’ facile attendersi che dopo questa prima fase se ne aggiungerà un'altra di ulteriore ampliamento e a quel punto un nuovo assetto mondiale potrebbe modificare le nostre visioni e forse anche i nostri standard di vita. Per ora le dichiarazioni dei leader sono però abbastanza concilianti. Il presidente sudafricano, Ramaphosa ha detto fra l'altro che nel summit "abbiamo condiviso la nostra visione del Brics come paladino dei bisogni e delle preoccupazioni dei popoli del Sud Globale con una crescita economica benefica, sviluppo sostenibile e riforma del sistema multilaterale. Ribadiamo il nostro impegno per un multilateralismo inclusivo”.
A questo punto la chiusura a riccio dell’Europa tutta e di Paesi come l’Italia in particolare (protesa per sua natura geografica verso il sud del mondo in evoluzione) è una sciagura che porterà verso altre catastrofi. L’assenza di questi temi dal dibattito pubblico, politico e mediatico, è una grave sottovalutazione di ciò che sta succedendo davvero nel mondo attuale, quello dell’esplosione demografica e della globalizzazione informatica.
Le nostre Regioni del sud non riescono a progredire con questa Italia, con quest’Europa. Non vorrei che, come tanti Paesi in via di sviluppo, ricchi di storia e di cultura ma poveri di ogni altro senso organizzativo, non debbano, prima o poi, fare domanda di ingresso nei BRICS.
il Volantino – 9 settembre 2023
alfredo de giuseppe