Libere Fenomenologie del 2023-12-16 ... dei silenti assolutismi
Ero abbastanza perplesso quando un po’ prima delle elezioni del settembre 2022 sentivo nell’aria alcune frasi standard: “Non andrò a votare, perché il sistema è marcio, i politici son tutti uguali”; “Speriamo vinca la destra così finalmente i politici di sinistra capiranno che è arrivato il momento di fare sul serio”. Quel che ascoltavo, quel che annusavo come scadente fritto misto erano esempi, anche estremi, del pensiero dominante in Italia e nelle democrazie occidentali rispetto al proprio diritto/dovere di votare e rispetto alle scelte personali, che comunque le definiamo, finiscono in politica.
La filosofia del tanto peggio tanto meglio è un modo sicuro per mettersi nei guai. E infatti ci stiamo cascando, in silenzio, giorno dopo giorno. Le date da ricordare servono per fissare un avvenimento, per dare inizio ad un processo ma non sono esaustive di un pensiero dominante che va formandosi nel tempo, in modo subdolo e incosciente. A volte in modo inconsapevole anche da chi lo mette in atto. Da quel settembre 2022 ad oggi, da quella vittoria della destra più retrograda fino a questo dicembre 2023, molte cose sono successe e molte sono in via di trasformazione.
Come sempre accade nella Storia, quando la vera destra conquista il potere non lo molla mai. In genere si arriva al disastro e alle guerre. Poi il popolo ha in genere un rigurgito di pensiero illuminato per poi dimenticare e ricadere nel solito errore semplicistico: se c’è un uomo solo al potere, se c’è un vero comandante che decide per tutti noi, tutto può funzionare per il meglio.
Per ora questo governo ha iniziato a piccoli passi, lasciate fare, è passato solo un anno. Ha subito eletto un sicuro fascista quale presidente del Senato, tal Ignazio Benito Maria La Russa che conserva in casa un piccolo museo di busti del Duce. Dei suoi fratelli e figli, uno è in Regione Lombardia, un altro è nel CdA del Teatro “il Piccolo” (che fu di Strehler e Grassi) e il più giovane ha in corso un processo per stupro. Ricordiamoci che se dovesse morire all’improvviso Sergio Mattarella, la carica di Presidente della Repubblica passerebbe automaticamente nelle mani del Presidente del Senato, quindi dell’avvocato di Paternò, Ignazio Benito.
La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che gioca a fare la vittima su ogni argomento, è praticamente in politica da sempre, a soli 30 anni è stata Ministro della Gioventù nel governo Berlusconi dal 2008 al 2011, divenendo anche vicepresidente della Camera, figlioccia di Fini e della vedova Almirante. Non ha avuto remore a sistemare subito, nel corso di questo primo anno, sorelle mariti cognati cugini e amici fidati, anche se notoriamente con un profilo complicato. Il generale Vannacci è l’archetipo dell’italiano medio, un po’ razzista, un po’ superficiale, comandante di milizie già addestrate all’ideologia dominante.
Su informazione, scuola, sanità, tentano di mettere un bavaglio perfetto, che dia l’impressione del successo mentre tutto crolla. Un film che abbiamo già visto. Sulla giustizia invece mostrano la faccia feroce sui singoli fatti di cronaca, sull’ultimo della catena sociale, mentre tentano disperatamente di depotenziare ogni singolo giudice nella sua autonomia, con un giochino che da sempre si chiama “impunità per i colletti bianchi, politici e amici degli amici”. L’abbiamo già visto durante il ventennio e in parte durante la Prima Repubblica, dove l’impunità dei politici (e la conseguente corruzione e contiguità con la mafia) portò l’Italia al crack. Le conseguenze le stiamo ancora pagando.
Sui diritti civili ci sono continue limature e sottolineature: si arriverà alla negazione delle libertà individuali, all’ostracismo verso “il diverso”. La lotta alle diseguaglianze è tutta nella propaganda, mentre si tenta di accontentare le lobby e di eliminare tutto il welfare verso i più deboli. Una macchina senza vincoli lanciata verso il capitalismo d’assalto, verso la discriminazione costante.
Per tutto questo, che conoscevo già, mi preoccupavo quando sentivo l’indifferenza anche nelle parole di amici di vecchia data. Per noi che viviamo la periferia del mondo, oggi ancora più periferica di alcuni decenni fa, è un vero disastro osservare il deserto di idee e di proposte che pervade la nostra esistenza, osservare il lungo silenzio sulle questioni di fondo, su tutto ciò che tocca il futuro, specie nell’oblio del passato. Noi sappiamo che la democrazia è immatura e imperfetta, sappiamo che il popolo è facilmente condizionabile, che i media sono venduti al miglior offerente, ma sappiamo anche che l’uomo o la donna sola al comando portano alla catastrofe. È sempre avvenuto e sempre accadrà, per il semplice ragionamento che il singolo, senza controlli, è un essere disperato e predatore, molto più di qualsiasi mammifero della foresta.
Nei nostri paesi si continua a parlare dell’asfalto e della giostrina su una piazza, mentre a Gaza si sta morendo in un inferno di bombe, mentre la Russia sta per rieleggere Putin e l’America quel signore chiamato Donald Trump, mentre l’Italia e l’Europa stanno a guardare, mentre noi siamo succubi di una logica indecente. Ora faremmo ancora in tempo, anche dalle periferie provinciali, a svegliarci e a capire cosa fare, a far sentire la nostra voce, ma il tempo va scadendo, in tutti i sensi.
il Volantino – 16 dicembre 2023
Alfredo De Giuseppe