2023-07-08 "Dei maschi, compreso le frazioni" - il Volantino n.24

    

All’interno delle nostre molteplici personalità, dei nostri pensieri, delle nostre esternazioni, ce ne sono almeno due che possiamo considerare universali e condivisibili. Le nostre visioni duali riguardo la modernità. Da un lato vorremmo che il nostro piccolo mondo antico rimanesse perfettamente incastonato nel presepe che ci siamo costruiti e sedimentati negli anni e dall’altro non vogliamo, o forse non possiamo, rinunciare a quasi nulla di quello che il progresso ci ha portato in questi ultimi decenni. Le case non avevano i servizi igienici, una doccia o un bidè, le strade erano mulattiere lentissime, l’informazione aveva tempi biblici, le persone viaggiavano pochissimo, la maggioranza non aveva accesso agli studi, e in alcuni casi la sola religione era l’unica guida possibile.  Eppure nella nostra mente, il passato torna spesso in una forma nostalgica come recupero dell’umanesimo, come sentimento profondo della lentezza legata alla semplicità del ciclo vitale.

Oggi abbiamo il telefono sempre in tasca, possiamo collegarci con qualsiasi parte del mondo, beneficiamo di informazioni in tempo reale, accediamo con facilità a tutte le forme di informazione, abbiamo auto veloci e confortevoli, treni e aerei in abbondanza. Abbiamo vinto molte malattie mortali, specie quelle infantili, la scienza avanza veloce in ogni campo dello scibile umano e l’intelligenza artificiale è ormai una realtà. Amiamo molte di queste cose, come le spa, le piscine, gli alberghi e i ristoranti di lusso, e le cure più originali, personalizzate sul nostro corpo. Eppure nonostante tutto questo, un po’ vittime e un po’ carnefici, siamo stressati dalla velocità, dall’andamento generale delle nostre società, che nella sua liquidità trova al contempo ricchezza e miseria, individualismo e solitudine, diseguaglianza e ferocia.

La consapevolezza dell’impatto umano sulla vita del nostro pianeta, sul riscaldamento globale, in generale sull’alterazione totalizzante della natura, ha aumentato il senso del dualismo: da un lato sappiamo di inquinare in ogni momento, dall’altro non sappiamo rinunciare a nulla che non ci porti dritto verso la catastrofe.

Con questi pensieri, all’inizio del 2022, ho iniziato a fotografare le situazioni umane che mi sembravano nascondessero ancora un che di ancestrale, di poco contaminato. Poi mi sono accorto che era un’operazione molto complessa, molto difficile da reperire nella mia sola cittadina, frazioni comprese. Uno degli agglomerati umani cui non manca nulla per essere allineata coi tempi, un ospedale, delle scuole, ristoranti, alberghi, un’idea di turismo e un’altra di piccola industria, automobili in ogni dove e sporcizia negli occhi. Quindi ritorno sulla mia idea: fotograferò solo quelle situazioni in cui gli uomini, inteso proprio come quelli di sesso maschile, si ritrovano ancora in gruppo, come se il tempo si fosse fermato sulla loro discreta presenza pubblica, eppure perdurante di una modalità declinata tutta al maschile. I loro volti sono sufficienti, non c’è bisogno di spiegare il linguaggio sottostante. Bastano le foto.

Così nasce “Solo uomini soli”, che vuole essere una sola cosa: un semplice album di fotografie, di volti, di situazioni, di rughe e occhi, di occhiali e riflessi.

 

Uno stralcio da “Solo uomini soli” di Alfredo De Giuseppe (Amazon.it - € 10,00)

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UN LUOGO SICURO

È evidente che in queste condizioni gli uomini nati e cresciuti in una Tricase patriarcale, non avevano più un luogo sicuro dove riversare la loro frustrazione, la loro intensa voglia di comunicare e litigare, il loro intrinseco desiderio di fuga dal ménage famigliare. Hanno cercato spazi provvisori, tavoli all’aperto, panchine ventose e poi assolate e infine luoghi appartati, stanze anonime dove risentire l’odore della mascolinità, magari libera da ipocrisie linguistiche.

Alfredo

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