14 - Voti senza frontiere del 2021-05-22

Gaza come sconfitta

Ognuno di noi vorrebbe vivere nel proprio guscio, dentro le proprie comodità, la casa, gli affetti e la serenità. È un tentativo antico, forse la somma dei sentimenti che fanno sentire più umano l’aggettivo umano. Molti in effetti riescono in questo tentativo: di questi, alcuni decidono di ignorare ciò che avviene furi dal proprio io, altri vivono inconsciamente un’esistenza senza scossoni, altri ancora decidono scientemente di isolarsi e vivere senza contatti e senza informazioni.

La maggior parte di noi, invece, vive il proprio tempo, è interconnesso, cerca compagni e amici, cerca l’amore e cerca di essere una persona decente. Per questa maggioranza di persone ciò che avviene da decenni fra Israeliani (voto 3) e Palestinesi (voto 3) è il paradigma della vita sociale dell’homo sapiens (voto 5, preferisco altre specie, come ha dichiarato recentemente Brigitte Bardot).

Territori chiusi, frontiere, muri, ringhiere, credenze mistiche, fondamentalismi, odio razziale, rifiuto del diverso, chiusura dentro i propri limiti. Da molti punti vista queste ovvietà sono in linea con il mondo animale dal quale proviene il nostro DNA (confermo voto 5), ma da altri siamo qui a peggiorare, a dare libero spazio all’animalesco che è in noi, con la sopraggiunta di scienza, tecnica e una parte di intelligenza.

Perché lì, in quel luogo, si concentra con massima evidenza la natura umana, nei suoi fondamentali principi di convivenza? Perché, per una serie di casualità, in quel posto Religione equivale a fondamentalismo, Nazione equivale a puro egoismo, Rispetto equivale a mortificazione .

Inutile qui riassumere ciò che è successo in quel lembo di terra dal 1948 ad oggi. Da una parte gli ebrei che reclamano la Terra promessa dal loro Dio e gli arabi che sentono di possedere quei territori da molti secoli e senza limitazioni di sorta. A questa rivendicazione di tipo geografico, negli ultimi decenni, come in tutto il mondo, si sono radicalizzate le posizioni identitarie e religiose. Queste posizioni, buone soprattutto per le masse e purtroppo incrementate dai social, nascondono spesso e volentieri interessi economici di persone fisiche, gruppi ben definiti e di altre nazioni. In questo momento infatti dalla parte dei Palestinesi ci sono la Turchia (voto 2) e la Russia (voto 2), mentre Stati Uniti (voto 3) e mondo anglosassone in genere è con gli israeliani. L’Unione Europea (sempre 6 di speranza), che dovrebbe essere la più interessata a queste vicende, ha invece una posizione ondivaga, per non dire equivoca. Proprio l’UE dovrebbe essere a capo di una posizione terza ma chiara, di una trattativa persuasiva e lungimirante: la Palestina ha diritto di avere un proprio Stato riconosciuto, che abbia confini certi e pari dignità con gli altri Stati confinanti; Israele è ormai una realtà e deve essere legittimata dal popolo arabo e dai musulmani; Gerusalemme (non valutabile) deve essere una città aperta, né divisa né ghettizzata. Oppure, come afferma  lo scrittore Abraham Yehoshua (voto 8), un unico Stato confederato, che forse è una soluzione ancora più logica.

Questa posizione chiara, precisa la può prendere solo l’Europa, intesa come una comunità laica, aperta, pronta a lottare in un’unica dimensione sotto la spinta di una popolazione ben informata e partecipativa. Invece di creare a nostra volta due partiti e dividerci fra due posizioni così radicali, iniziare un percorso di pace forte, condivisa e duratura. È possibile? A guardare le posizioni dei media italiani, degli intellettuali e dei politici non pare possibile. Certo, per partire bisognerebbe porre fine alle discriminazioni, agli attacchi con missili, razzi, aerei e navi, isolare le posizioni demagogiche di entrambe le parti, i Netanyahu (voto 2) e i leader di Hamas (voto 2), tanto per fare due esempi. Un percorso che sappia riconoscere coerentemente gli errori dell’Occidente che nel suo specifico storico pare abbia la conquista conditi di occupazione e sterminio (il Sud America rimane imperituro esempio). Per assurdo penso spesso che un movimento dal basso senza la bandiera di nessuna parte, possa far decollare questo progetto globale. Se il Medio Oriente trovasse finalmente una dimensione di pace, la prima ad avere un grande beneficio sarebbe l’Italia e in special modo l’area sud-mediterranea. Ne sono consapevoli i nostri onorevoli, senatori e sindaci?

Il conflitto in Palestina non è solo una guerra locale, è una modalità antropologica da sconfiggere, un modo per intuire le reali difficoltà  del vivere insieme, del costruire ponti invece che terremoti. È un modo per capire che il nostro guscio non è sufficiente per vivere bene, bisogna educarsi alla tolleranza, c’è bisogno di far coincidere le reciproche libertà, per essere davvero liberi.  

il Volantino, 22 maggio 2022

Alfredo De Giuseppe

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