34 - Voti senza frontiere del 2021-11-13
Due settimane da ricordare
Queste ultime due settimane, durante le quali la Sicilia, e in parte la Calabria, hanno fatto i conti con quel che viene definito “il primo uragano mediterraneo sulle regioni meridionali”, il cui disastro è diventato spaventoso nella città di Catania, sono le stesse settimane in cui è stato di fatto bloccato il ddl Zan, voto 8, contro l'omotransfobia (e qui ci sarebbe da scrivere un libro sulle dinamiche parlamentari e sulle loro meschinità). Siamo in una parentesi autunnale intensa in cui i sindacati hanno annunciato battaglia sulle pensioni, l’Alitalia si chiama ATI e continuerà a perdere soldi, le Ferrovie Sud Est fanno progetti altisonanti come negli ultimi 40 anni (ora addirittura si parla di usare locomotive a idrogeno, mentre da Zollino a Poggiardo, passando per Sanarica non c’è ancora un orario fisso e stabile). Questi ultimi 15 giorni sono quel periodo post-elettorale, in cui ognuno deve dimostrare ai propri elettori di aver vinto, anche quando la sconfitta è stata sonora e inequivocabile. E per questo sono capaci di gesti nuovi, di abbracci e rifiuti che fino alla settimana precedente sembravano impossibili. Dall’Italietta politica sono arrivate perle divertenti da memorizzare a futura memoria: Meloni ha detto che, nell’ambito del processo contro Salvini per la vicenda della Open Arms durante la quale l’allora Ministro degli Interni non faceva attraccare la nave della ONG, il testimone Richard Gere, forse l’attore più noto al mondo, era in cerca di nuova visibilità. Renzi è volato in Arabia Saudita durante il voto del decreto Zan, dimostrando tutto il cinismo misto ad affarismo di cui è capace (il Paese arabo lo paga profumatamente ma rimane un posto invivibile per le donne, mentri i gay sono condannati a pene severe). Salvini ha portato il Presidente Bolsonaro al cimitero di Pistoia dove riposano i soldati brasiliani caduti in Italia durante la seconda guerra mondiale, chiedendo scusa per gli italiani che lo contestavano. Sempre Matteo Salvini si è scontrato con i suoi stessi sodali, poi riappacificato più volte, e poi di nuovo incazzato, tanto da decidere di formare una nuova coalizione europea che vada da Le Pen a Orban, strizzando l’occhio anche ai supernazionalisti polacchi. Metto un 4 generalizzato, come si fa ad una classe irrequieta e poco attenta alle lezioni ricevute.
Nel frattempo le Tv Mediaset, già miracolate prima da Craxi, poi dalla legge Gasparri e da decine di norme ad personam, tentano di tirare la volata a Silvio Berlusconi (N.G.), che di tutti i Zelig della politica degli ultimi decenni è il prototipo mondiale numero uno. Se dovesse diventare davvero Presidente della Repubblica e quindi rappresentativo di un intero popolo, non mi meraviglierei affatto, perché noi italiani siamo da sempre amanti dei due opposti, l’orrido estremo e la bellezza suprema. Siamo un’etnia così stravagante e creativa che saremmo capaci di qualsiasi cosa, purché complichi il normale svolgimento della nostra vita, compreso eleggere Presidente il meno adatto a quel ruolo. Bersani, Letta, Conte e Calenda (un 5 collettivo ci sta) stanno cercando di capire se si può fare un vero e futuribile partito socialdemocratico, ma sono persi dietro a piccoli tratturi di bottega, percorsi contorti e indecifrabili che portano però sempre ad una conclusione: un vero governo riformatore, che annulli differenze, usi e abusi, lobby e malaffare in Italia non è possibile.
Inoltre sabato 30 e domenica 31 ottobre si è tenuto a Roma un importante G20, durante il quale si è parlato di tutto, compreso lo shopping delle varie first lady, ma dalle cui conclusioni, come sempre è emerso il nulla: nessuno vuole fare passi indietro su armamenti, riduzione delle emissioni nocive, sull’idea di sviluppo. Andremo a sbattere dentro il disastro globale con questi pomposi G20, dove l’unica soluzione possibile è voltare le spalle alla Fontana di Trevi e buttare tutti insieme una monetina, sperando nella fortuna, come una qualsiasi coppietta in viaggio di nozze. Il 1 novembre, i 20 potenti del pianeta si sono poi spostati a Gasglow (con potenti e inquinanti jet privati) dove era previsto il COP 26 fino a venerdì 12, incontrando quindi tutti gli altri poveri cristi dei restanti 177 Paesi, quelli che dovrebbero rinunciare al quasi tutto per concedere a quei 20 di poter continuare ad avere quello che in questi secoli hanno conquistato, sottraendolo per lo più ai poveri del mondo. Insomma questa 26° Conferenza sul cambiamento climatico dovrebbe ratificare una cosa: i paesi poveri dovranno rimanere poveri, per tentare di salvare il pianeta. Un tentativo che a volte sembra ridicolo, perché invece di prevedere degli step intermedi, seri, stringenti e irrevocabili, si fissa una data lontana per tentare la fortuna, sperando che i ghiacciai nel frattempo non si siano sciolti tutti, che gli uragani non investano le città più popolose, che la temperatura non diventi insostenibile per il mare, piante e animali, innescando un caos globale che inevitabilmente colpirà gli umani. O forse dobbiamo sperare che la scienza dimentichi i fossili sedimentati milioni di anni fa e trovi altre fonti di energia pulita, magari immagazzinando in enormi depositi i raggi del sole, la stella che ci ha formati e che ancora ci mantiene in vita e che lo farà fino alla sua fine, che avverrà per consunzione fra tre o quattro miliardi di anni, quando anche Berlusconi non ci sarà più.
il Volantino, 13 novembre 2021
Alfredo De Giuseppe