37 - Voti senza frontiere del 2021-12-04
E noi ambientalisti stavamo a guardare
Di questi tempi l’Ambientalismo si sta colorando di tanti colori, verdi, rossi, gialli e financo azzurri. Nonostante la Treccani ne dia un significato univoco e compendioso: “Termine, che si alterna con ecologismo, designante la politica per la difesa dell’ambiente (inteso come luogo in cui si svolge la vita umana, animale e vegetale, soprattutto in relazione ai problemi dell’inquinamento, del degrado ambientale e dello sfruttamento delle risorse naturali), e la corrispondente azione di propaganda per la salvaguardia dell’equilibrio naturale”, io tenterò di riassumere brevemente le varie sfaccettature dell’ambientalista contemporaneo.
Cominciamo con l’Ambientalista radicale: costui è una persona tutta d’un pezzo. Niente e nessuno lo scalfisce. Anche un piccolo tratturo in montagna è uno sfregio, l’uomo è un distruttore di bellezza e armonia naturale, o si torna alla società pre-industriale oppure è finita per tutti, l’uomo e il pianeta. Molti integralisti si sono ritrovati sotto la semplificata dialettica di Greta Thunberg che non prende l’aereo, non mangia carne da allevamenti intensivi, si lava solo con detergenti naturali e trascorre molto tempo a protestare pubblicamente.
C’è l’Ambientalista a fasi alterne, che interviene soprattutto a difesa del proprio orticello, del proprio paradiso privato, che ha un acronimo inglese molto noto, NINBY, che letteralmente significa "Non nel mio cortile sul retro". Costui pensa di essere nel giusto, anzi vive nella certezza della propria rettitudine, proprio perché quella che viene studiata come “Sindrome di Ninby” è per lui una medaglietta da appendersi al collo e sventolare con discrezione come farebbe un olimpionico quando corre i 100 mt con la catenina d’oro.
C’è l’Ambientalista anti-multinazionali. Questo tipo di contestatore non interviene quasi mai per ciò che accade vicino a lui, anzi in genere chiude gli occhi davanti a scempi e speculazioni che riguardino amici, parenti e politici a lui vicini, ma diventa una iena se la controparte è una società sconosciuta, una specie di sacco della boxe, al quale puoi dire ciò che vuoi, dare i pugni che desideri sapendo di non toccare i veri interessi locali (magari del tuo compare che sta facendo l’ennesimo abuso edilizio, il pozzo artesiano senza permesso o una piccola discarica a dispersione naturale).
C’è l’Ambientalista politicante, colui che nella realtà non ha mai fatto nulla per prevenire o lottare contro l’inquinamento, ma una volta entrato in politica, si trova a cavalcare battaglie che mai avrebbe pensato di vivere. È una tale novità per il suo ego che tenta disperatamente di apparire il più ecologista del globo terracqueo e quindi, pur diventando ridicolo, te lo ritrovi dove meno te lo aspetti. In genere conduce battaglie di bassa lega e finisce per diventare il simbolo di un misero gruppo di persone in cerca di una direzione, pur non avendo né la sensibilità né gli strumenti per esserlo davvero.
L’Ambientalista confuso vive in contraddizione il suo quotidiano. Vorrebbe comprare un’auto elettrica ma non sa se è davvero ecologica (e costa il doppio), vorrebbe non mangiare carne ma i suoi figli hanno bisogno di proteine, vorrebbe non fare turismo inutile ma infine è l’unico in offerta dalle agenzie viaggio, vorrebbe fare battaglie pubbliche contro l’inquinamento ma non sa da che parte iniziare, vorrebbe non vedere la Tv ma finisce per diventare fan delle teologie di Albano, Romina e Barbara D’Urso.
C’è l’Ambientalista equilibrato, quello che legge, studia, è socio del WWF, è abbonato alle migliori riviste impegnate nel campo, partecipa alle conferenze più interessanti, vede documentari struggenti sulla natura che si perde, e arriva a frequentare anche persone interessanti, ma infine decide che non è il caso di battagliare e si consola con l’osservazione dall’alto, come un qualsiasi gabbiano Livingstone, che dopo vari tentativi ha deciso di rimanere solo.
C'è anche il rappresentante di ultimissima generazione, l’Ambientalista resiliente e sostenibile che ha intravisto il business del PNRR (è uno molto convinto!).
E infine c'è l'Ambientalista di professione, quello che, beato lui, vive di associazionismo no profit, di contributi, di convegni senza invitati e senza conseguenze.
Che ognuno si scelga la categoria a cui vuole appartenere, o forse tutti siamo in ognuna (senza mai esserne pienamente consapevoli). Mi sembra che manchi sempre la categoria del politico avveduto e previdente, chissà perché. Oggi, in ogni caso, mi sento di consigliare la visione dell'ultimo film di Pierfrancesco Diliberto (PIF) dal titolo “E noi come stronzi rimanemmo a guardare”, il film più politico (travestito da commedia) degli ultimi anni, in cui l’Algoritmo di un’App ci governa, ci indirizza, ci respinge e ci crea la falsa libertà. Voto 9 come si deve al miglior cinema, che ci indica anche un modo su cui orientare il nostro impegno ambientalista.