1982-12 "All’inferno, con auguri" - Nuove Opinioni

Con l’anno che se ne va, non va via nessuno dei nostri problemi.

Il non-impegno continua a caratterizzare i nostri discorsi, i nostri atteggiamenti.

Diventa sempre più difficile (anche economicamente) uscire dai nostri angoli e triangoli.

Il rapporto con la persona privilegiata diventa scarno, fine a se stesso, difficilmente imbevuto di contatti ed esperienze nuove.

Nella sempre più difficile e fosca ricerca dell’uomo nuovo, che non può essere ormai il sovietico o l’americano, il comunista o il socialdemocratico, stiamo rischiando di far diventare l’Italia un paese militarista con sempre più severi controlli personali e meno garanzie giuridiche e insieme un paese ed economia avanzata, continuamente frustato dalla ricerca di nuove ricchezze.

Quello che i politici chiamano “il crescente distacco delle istituzioni” non è altro che un inconscio sentimento di un totale rinnovamento, che non impedisce del resto a truffaldini, mafiosi e ridicoli personaggi politici, come il nostro presidente regionale, di convivere nel migliorare dei modi, dividendosi torte, pasticcini e chiacchiere.

Nessuno crede ormai nei partiti come momento insostituibile per la crescita di una collettività (e chi ci crede ci ripensa presto), la fiducia nell’ideologia è sparita insieme alle code delle donne sovietiche per comprare il pane, insieme ai massacri dei vietcong, alle insaziabili clientele italiane e alle ipocrisie britanniche e germaniche.

Rimane la possibilità di ogni piccola comunità di sapersi dare gli obiettivi giusti, di saper ricevere e dare cultura.

Per il resto non c’è molto da discutere: o bar, o calcio, o televisione.

Nel voler “vivere una vita” ci si scontra ora con la nostra geografia, ora con la nostra storia, ora con i nostri politici, senza mai mettere in discussione i moralismi e le false religiosità che muovono le nostre azioni. Prendiamo il nostro “centro volontariato per tossicodipendenti”, il quale senza molte informazioni o dati statistici, con molto pietismo va alla ricerca del “drogato” per poter espiare le proprie colpe in terra, senza aspettare l’aldilà. Il problema droga non è visto come grosso problema dei rapporti in una società standardizzata, ma solo come malattia (devianza dicono) da curare al più presto, perché ce ne sono altri.

C’è a Tricase, per esempio, un problema ben più profondo, sotto gli occhi di tutti, ma di cui nessuno ne parla, perché non porta dritto in paradiso: lo sfruttamento dei minori. Uscite fuori dai Licei e fatevi un giretto.

 

Il ragazzo aveva una buona propensione al calcio, ci giocava con quell’intuito tipico dei tredicenni, dopo la seconda media è andato a lavorare in una di queste nostre fabbriche di scarpe, entra alle sei del mattino e rientra alle sei della sera.

Da due anni non tocca il pallone. Fra tre, quattro anni come risponderà ai dibattiti sull’uso del proprio corpo, come questo signore vivrà i suoi rapporti sull’esterno, che cosa significherà per lui la democrazia in fabbrica?

Qui non si tratta di fare bau bau all’imprenditore (e strappargli cinquantamilalire al mese) ma di discutere il nostro modello di sviluppo, di poter sperare di organizzarci meglio, di dare una speranza a quella ragazza ventiquattrenne, con marito e tre figli di lavare e stirare, e decine di scarpe da consegnare entro lunedì.

 

Ognuno ha i cavoli suoi, la cambiale che scade, le mestruazioni, il posto di lavoro, la casa, ma se non cominciamo a discutere di un progetto globale, a ridiscutere della nostra vita, della nostra politica, tanto vale rassegnarci e aspettare la morte, perché come scrive Tonino Guerra, essa è l’unica cosa che non è ripetitiva. Viene una volta sola…

Buon anno a tutti!

 

“Nuove Opinioni” – Dicembre 1982

Alfredo De Giuseppe

 

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