1982-11 "Il perché di un amore" - Nuove Opinioni

Il calcio è l’esaltazione dell’uomo comune, delle sue fantasie, delle sue rivincite. Si può esaltare sia l’atleta perfetto, dalla muscolatura duttile o possente  sia il ragazzino che a furia di giocare da solo contro il muro ha imparato alla perfezione i fondamentali. I ventidue in campo si mischiano, si toccano, si abbracciano, si sputano, si odiano,  diventano ragazzini, ritorna in loro il senso tribale della vita.

Giocare bene in undici non è come vincere una partita di tennis. I bioritmi di uno non determinano quasi mai gli affondi o il passaggio dell’altro. Giocare bene è parlarsi, ridere, essere amici, dividerne gli umori, entrare in campo e incoraggiarsi, avere un pubblico amico. Gli equilibri che mantengono una squadra sono sempre labili, altalenanti, bisogna cercarlo e con disperazione rinnovarli.

Occuparsi di calcio significa entusiasmarsi, giocare senza essere in campo, scattare insieme all’ala, colpire insieme al centravanti. Una piroetta a centrocampo, un lancio sulla fascia è la nostra apertura mentale, aspettare l’avversario , finta a destra, tocco sulla sinistra e crossare è la conclusione delle nostre azioni, segnare è l’esplosione delle nostre idee, subire un goal è la meditazione.

Tutto il resto o è lavoro nero, o meno opportunismo, o stupido campanilismo o malattia.

Non sarebbe bello, saggio e meno dispendioso, se, tutti insieme, a cominciare da dirigenti e giocatori, ci facessimo ritornare il gusto di vivere il calcio, questa scienza dello stare insieme?

 

Nuove Opinioni - 21 Novembre 1982

Alfredo De Giuseppe

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