2007-09 "La quercia e il peccatore" - Il Volantino
Opera prima di Salvatore Brigante
Non chiedetemi di recensire il libro di Salvatore Brigante come se dovessi parlare di una classica anteprima letteraria o di un instant-book, tanto di moda oggi nella rete web. Non ha facili classificazioni “La quercia e il Peccatore” e non ha neanche la struttura narrativa del racconto e del romanzo. Ha in effetti una copertina, le sue foto i suoi bei capitoli, ma a ben guardarlo ha delle tipicità che lo rendono unico. Perché se unico è un aggettivo che va bene per ogni singolo uomo, Brigante è ancora più unico, almeno nel senso di distanza dal senso comune del vivere. Dopo essersi cimentato nella musica folk con la pubblicazione di due CD molto originali, Brigante si butta nella scrittura. Questa sua opera prima risente di alcune ingenuità lessicali e di alcune incoerenze narrative, ma proprio questo lo rende degno di nota. L’autore è capace di far cambiare idea al proprio eroe, il peccatore Rocco Bregnati, in ogni capitolo. Anzi nello stesso capitolo è capace di amare una donna e andare a letto, per una notte di passione con un’altra. E’ capace di biasimare i giovani che fanno le gare d’auto, rischiando inutilmente la vita, e poi correre come un pazzo con la sua ragazza, tanto per farle paura. Ma chi, nella vita normale, non è contraddittorio fra quello che dice e quello che realmente riesce a fare? Molti di noi, ma Rocco Bregnati ancora di più. La sua difficoltà di mantenere una rotta costante lo porta a sublimare una sorta di filosofia comportamentale che lui definisce “dell’imprevedibilità parallela”, che altro non è che la giustificazione dei cambi d’umore e di relazione. C’è una sorta di costante imbarazzo nelle scelte di fondo e in quelle quotidiane, che spesso portano il lettore a dover rileggere lo stesso capitolo per capire da che parte prendere la storia, che poi si rivela essere quella di un uomo in crisi, profondamente colpito dall’amore e dalla vita. E quando tenta di cimentarsi nelle vicende politiche, con quella dose di proverbiale ingenuità, lo fa discernere con una certa serietà, dell’accettazione del vecchio per arrivare al nuovo e quindi della politica del “vecchio-nuovo”, che è ben spiegata nelle sue pagine.
All’attento lettore, tolte le incrostature lessicali e alcune teorie filosofeggianti, non sfuggirà l’importanza che l’autore dà alla ricerca della felicità e al coraggio di cercarla. Lo stesso coraggio che Salvatore Brigante ha avuto nel pubblicare questo romanzo, in modo indipendente e svincolato da qualsiasi logica editoriale.
L’ho chiamato al telefono chiedendogli un sintetico commento sul suo libro e mi ha risposto “Non dimenticare la mia esigenza di giustizia e chiarezza che ho cercato di trasmettere in ogni capitolo”.
Poi dopo qualche minuto mi ha mandato un sms: “ Aggiungi che è in vendita al bar della stazione di Tricase e che ci sono le bollette da pagare”. Salvatore Brigante è questo, un po’ Bukowski, un po’ Woody Guthrie, piante, chitarra, arte e vita sospesa. Come il finale del suo libro che lascia aperte tutte le porte, rimanda a nuovi amori, a nuovi capitoli.
Il Volantino - Settembre 2007
Alfredo De Giuseppe