2009-04 "Terremotiamo le nostre brutture" - Bel Paese

Io, come tutti, rispetto i morti, rispetto la forza del terremoto e cerco di rispettare la legge. Ma tutto questo non mi impedisce di vedere e dire le cose che penso di fronte alle grandi catastrofi, così come di fronte alle piccole emergenze di ogni singolo paesello.

Abbiamo immaginato per l’Italia uno sviluppo tumultuoso e irrispettoso che alla fine penalizza tutti. Quando partecipo, quale consigliere di minoranza, alla commissione edilizia del mio paesello sembra che parli un extraterrestre se cerco di impedire, nel mio piccolo, altre catastrofi. Anche se a volte si tratta di piccole considerazioni di buon senso, il tutto sembra anacronistico rispetto a quanto si è chiamati a fare. Sembrerebbe che un amministratore non debba conservare, proteggere il territorio e il suo fascino, ma sia deputato o ad uno sviluppo selvaggio o al massimo a progetti che prevedano la ricostruzione. Se solo ci soffermassimo qualche minuto su l’impatto ambientale nella sua complessità e quindi anche estetico di ogni singola lottizzazione, forse daremmo un grande contributo al benessere globale della terra e quindi degli uomini che verranno.

Se analizzo la percezione della gente comune su questi temi, mi sembra di intuire che abbiamo poche speranze. Di fondo c’è una continua e pervicace sottovalutazione di ogni rischio ambientale collegato alla diretta opera dell’uomo. Del resto anche il nostro presidente del consiglio, tanto lacrimoso e compassionevole, ha lanciato un piano casa che sembrava l’architrave di nuovi abusi edilizi. E l’italiano medio, così umano di fronte ai morti, è già pronto a fare e disfare garage, bagni e salotti e in definitiva ciò che vuole per soddisfare le proprie frustrazioni tardo-consumistiche.

Di cosa ci meravigliamo? L’abuso edilizio e la sua conseguente sanatoria è stato il sistema migliore per la ricerca del consenso e contemporaneamente per mantenere alta l’ipotesi dello sviluppo. In questo senso tutti siamo colpevoli, tutti abbiamo chiuso un occhio davanti ad un’evidente bruttura, tutti abbiamo permesso l’abuso peggiore, tutti abbiamo ragionato in piccolo.

L’Italia, uscita dal secondo dopoguerra, era un Paese povero, con case prive di servizi igienici e di ogni comfort. E’ risultata inevitabile la rincorsa alla soluzione più veloce e più confortevole, seppur al prezzo di abbandonare i centri storici e di derogare sulle regole di sicurezza e di bellezza. Ma dopo dieci, al massimo quindici anni, come è avvenuto in tutti gli altri paesi europei, ad iniziare dalla distrutta Germania, avremmo avuto bisogno di una classe politica attenta e lungimirante che mettesse questi argomenti al primo posto.

Da quarant’anni abbiamo invece una classe politica che o non vede per ignoranza o ignora per convenienza.

In questi ultimi mesi, da consigliere comunale di minoranza e quindi necessariamente soccombente, ho sentito parlare di ampliamento della Maglie-Leuca con un attraversamento selvaggio delle residue campagne tricasine, dell’inutile ampliamento della Borgo Pescatori-Tricase Porto, di alcune lottizzazioni in zone alquanto “bagnate”; di faraoniche zone industriali, di porti tanto più grandi quanto più possibile. E mai nessuno che si chiede se ne vale la pena farle queste mega opere, e se non sarebbe meglio valorizzare al massimo quello che abbiamo, non solo in prospettiva turistica ma soprattutto per offrire il bello alla nostra  gioventù, che nella sua disattenzione non si accorge delle schifezze, ma poi le assorbe, le fa proprie, le coniuga con il proprio pensiero e con il proprio stile di vita.

E allora, tanto per non essere tacciato di qualunquismo ambientalista, faccio le seguenti proposte, riferite con precisione a Tricase:

  1. abbattere quanto prima tutte le zone 167 del nostro Comune, frazioni comprese, e assegnare agli abitanti alcune case del centro storico, dove vivevano prima della deportazione. Se tali case non saranno abbattute cadranno da sole nei prossimi venti anni.
  2. ripristinare i muretti a secco su tutte le strade provinciali e comunali del nostro paese. Tale operazione ben organizzata darebbe lavoro per almeno cinque anni ad un elevato numero di giovani interessati all’argomento.
  3. abbattimento di tutti gli edifici scolastici, ad eccezione della scuola elementare Roberto Caputo. Tali edifici cadranno da soli nei prossimi vent’anni. Ricostruzione delle scuole con criteri nuovi, nel rispetto dell’ambiente e della bellezza (vedere scuole del nord Europa).
  4. abbattimento di tutti gli scheletri di case, non completate da almeno dieci anni;
  5. ripristino intelligente dei centri storici, anche tenendo in considerazione che l’uomo, in questi ultimi secoli, ha fatto dei progressi e che inserimenti nelle nostre città di nuove architetture renderebbero più curiosa e affascinante la nostra vita;
  6. bloccare tutte le lottizzazioni in attesa di un Piano Urbanistico che preveda soluzioni innovative e sostenibili;
  7. insegnare ad amare la storia e la geografia locale a tutti i livelli di scolarizzazione;
  8. avere zone verdi al centro della città dove spogliarsi e prendere il sole o giocare senza rompere tutto, non necessariamente costruendo bruttissimi edifici, basta curare l’erba.

Insomma niente di strano: solo quello che normalmente si fa in altre nazioni e che nella nostra follia collettiva abbiamo ormai rimosso, dimenticato. Del resto non tutto è vero: stiamo vivendo in un Truman-show.

Bel Paese - Aprile 2009

Alfredo De Giuseppe

 

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