2017-02 "Dove va il Basso Salento?" - 39° Parallelo

Dispiace per l’amico Ippazio Antonio Morciano, nonché Sindaco di Tiggiano, ma l’enfasi data alla sua recente elezione come consigliere provinciale suona più come un puro scambio di tipo politico interno ai partiti che un vero augurio di poter incidere nel territorio di competenza.  Così come successo agli uscenti Coppola e Dell’Abate che un po’ si offesero quando scrissi che le provincie italiane vivevano in un limbo che rendeva inutile qualsiasi eventuale sforzo dei singoli attori, eletti peraltro da altri consiglieri comunali e non direttamente dai cittadini. Tant’è vero che nel sentire generale, le elezioni sono passate come cosa di secondo o terzo livello rispetto ai problemi incombenti del momento. Chiusa quindi ogni speranza di nuovo impulso, di nuove progettazioni che possa arrivare dalle Provincie, sarebbe il caso di aprire un nuovo capitolo sui Comuni viciniori e sulle loro ipotetiche potenzialità. Già anni fa, insieme ad un gruppo di amici, avevamo immaginato e studiato come i Comuni di Tricase, Tiggiano, Corsano, Alessano, Gagliano e Castrignano del Capo potessero diventare una cosa sola, con un progetto ben chiaro, funzionale e rispettoso delle singole peculiarità. Intanto parliamo di un agglomerato urbano che comprende circa 15 Km di costa bellissima, affacciata ad est, con lo sguardo diretto su Albania e Grecia (certo più vicini di Bari); uliveti e muretti a secco secolari, un sistema faunistico e floreale di grande livello; secoli di storia di invasioni e culture diverse, un microclima particolare che senza essere i Caraibi presenta notevoli tratti di piacevolezza. I sei Comuni avrebbero una popolazione di circa 43.500 residenti, che sicuramente si va a raddoppiare nei mesi estivi. Ora la domanda è: in questi anni di scoperta del Salento, dell’invasione turistica di massa, quali progetti di eccellenza sono stati proiettati verso il futuro dal nostro territorio? Posso affermare nessuno senza temere di essere smentito. Dal punto di vista turistico non c’è un’offerta omogenea che identifichi il Basso Salento, privo di infrastrutture efficienti, moderne e sostenibili, come ad esempio un sistema di trasporti all’avanguardia (per intenderci, che non copi modelli già visti e discutibili dal punto di vista ambientale). Se guardiamo alla valorizzazione reale e percepita dell’ambiente non è stata posta in atto nessuna iniziativa di eccellenza, le uniche che potrebbero davvero far maturare il Salento ed eventualmente l’economia continuativa e quindi il lavoro. Tante piccole iniziative divise per piccoli Comuni, tante piccole cose di associazioni di volontari, ma nessuna operazione sistemica su questo finibus terrae spesso deturpato e abbandonato. Poteva essere ad esempio l’occasione per cominciare a parlare della spazzatura nella sua visione più completa e complessa e invece ognuno cerca di curare al meglio il suo orticello, senza infamia e senza lode. L’idea di essere all’avanguardia in questo campo non sfiora nessuno dei nostri amministratori. Non inventiamo nulla in agricoltura, meno che mai nell’industria e meno ancora nella gestione urbanistica dei nostri paesini: periferie destinate alla bruttezza, lottizzazioni selvagge in un continuo e spesso inutile consumo di suolo, con ripetizioni in pochi chilometri di abbandonate zone industriali. Siamo arretrati, poco innovativi e per questo confinati e destinati alla povertà. Siamo buoni per la vacanza mordi e fuggi, non certo per scatenare interessi dinamici e progressivi, siamo agli ultimi posti di ogni cosa: reddito, lavoro, ambiente, servizi, scuola, sport, politica. Per implementare un progetto vero ci vorrebbero sei Sindaci che riuniti intorno ad un tavolo la smettessero di prendere in giro gli elettori sulla sistemazione delle strade e lavorassero intorno ad un progetto serio. Sono in grado? Penso di sì, ognuno di noi (di loro) ha l’intelligenza per capire che è arrivato il momento di osare, di presentare progetti innovativi, di unire le forze, di convogliare i giovani su un futuro di speranza e non di chiacchiere, anche istituzionali.  Perché non lo si fa? Per un semplice motivo, hanno studiato solo come arrivare al potere, non cosa possono fare in più del compitino che gli è stato assegnato. Qui ci sarebbe da fare tanto e bene, ma bisogna far partecipare davvero le persone (non con le finte cittadinanze attive basate su parcelle prepagate) chiarendo dove si vuole andare, cosa si vuole costruire da qui ai prossimi trent’anni. Questa sarebbe una vera eccellenza. In attesa che si verifichi tutto questo, che si dia inizio a qualcosa di cui andare fieri, vi segnalo un video dal titolo “Vendesi Salento” (D. Barletti per Apulia Film Commision), dove in un ipotetico salotto televisivo del 2021 si sta discutendo della vendita all’asta dell’intero Salento ai tedeschi, agli americani o agli arabi. E in fondo i nostri politici, contenti di essere in tv, aspettano quel momento per tentare di accreditarsi al miglior offerente.

39° Parallelo - Febbraio 2017

Alfredo De Giuseppe

 

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