2017-02 "Se quarant'anni sembran tanti" - Nuove Opinioni

Nelle edicole di Tricase un numero speciale di Nuove Opinioni in occasione del quarantesimo dalla sua prima uscita (febbraio 1977).

Qui di seguito il mio contributo:

Se quarant'anni sembran tanti

Nel 1977 ci fu l’ultimo vero sussulto giovanile per cambiare le regole del canone occidentale. Il Movimento Studentesco nelle grandi città protestava, scioperava e a volte sparava. Il caso Moro del 1978 fu il vero discrimine: dal momento in cui le BR uccisero il Presidente della DC, lo Stato (opaco, stragista e ingiusto) rafforzò poteri, controlli e leggi speciali. Masse di giovani frustrati nelle loro convinzioni più profonde, si ritirarono nelle loro ansie personalistiche e consumistiche (il Riflusso), si accodarono al nuovo Modello e infine controllarono sempre meno le faccende del Potere. Le BR senza il substrato che le aveva create finirono presto in prigione, mentre ritornavano le canzonette e le americanate. Arrivarono così gli anni ’80 e iniziarono le grandi ruberie: il debito pubblico esplose nell’accondiscendenza generale, le contestazioni si ridussero a poche persone. Molti vecchi contestatori salirono sul carro del vincitore, prima sul CAF, poi sulle tv berlusconiane, senza pensare più a quale ideologia ispirarsi se non a quella del denaro contante e del controllo globale. La sinistra trovò comodo mettersi in pantofole e cercare i migliori ristoranti della zona: i poveri erano spariti, insieme alle utopie.

A Tricase in quella primavera del ’77 volevamo respirare un po’ dell’aria contestataria che giungeva solo a folate, da notizie mai certe, attraverso lunghe telefonate serali da cabine manomesse o giornali poco ortodossi in vendita solo a Lecce. Avevamo fondato un Gruppo Giovanile che raccoglieva nuovi modi di essere e di pensare, senza dimenticare le nostre radici, senza la voglia di abbandonare il campo e scappare in una comoda università del Nord. Stavamo qui e volevamo fortemente lottare per cambiare, volevamo crearci il nostro futuro senza passare dalle segreterie degli onorevoli salentini. La DC era un serpente senza testa e senza coda, avvolgeva tutti e tutti erano liberi di avere padrini e amici, di fondare correnti e ottenere lottizzazioni, espansioni, privilegi, posti fissi e feste patronali. Il PSI era aggrappato a ricordi di successi lontani e il PCI era solo una filiale del partito nazionale, ma senza anima, fantasia e iscritti.

Quando uscii Nuove Opinioni guardammo da subito con simpatia a quella finestra sulla città, a quel giornale che era al contempo di denuncia e di conservazione. Era logico denunciare l’ipocrita cappa democristiana, le tante contraddizioni del potere, ma era anche salutare non andare oltre certi livelli di offesa, mantenere il rispetto per tutti. Pensammo che era giusto sfruttare quel foglio per comunicare alcune pulsioni, alcune sensazione che ritenevamo non fossero sufficientemente divulgate dalla cultura ufficiale dell’epoca. Però è anche vero che noi giovani ventenni avevamo tanto da imparare in termine di rigore giornalistico, in capacità di sintesi e nell’armonizzazione di un progetto che non era solo di carta stampata ma aveva tutti i crismi della politica. Le riunioni di Redazione, sempre alquanto sintetiche, quasi mai verbose, erano improntate all’osservazione costante, quasi spasmodica della vita cittadina, con grande interesse verso le cose interne ai partiti. Io mi divertivo da matti e cercavo di non mancare mai. Da quelle informazioni si partiva per creare il mensile che, nota bene, si vendeva solo per abbonamento, creando un effetto attesa che ora è assolutamente impensabile.

In questi ultimi giorni ci siamo incontrati un paio di volte a casa di Carlo Cerfeda per tirare su quest’idea del quarantennale. Le cose per certi versi mi sono sembrate immutate: Carlo è sempre simile a sé stesso, ruvido e corrosivo, Gennaro rimane il tecnico grafico e il pragmatico fotoreporter, Enzo sempre disponibile. C’erano altri storici redattori, mancavano Francesco Scarascia e Mario Monaco e per un momento ci è parso che ci mancasse davvero un pezzo importante. Poi silenziosamente, con l’eleganza di gente come Ercolino e Claudio Morciano, abbiamo pensato al futuro, perché guai a richiudersi nel passato e viverlo come unico tempo da valorizzare. Quarant’anni sono tanti, mi è venuto di pensare che Tricase per certi aspetti è cresciuta, per altri è ancora alla ricerca di un’identità, ma forse tutta la società italiana vive l’oggettivo sbandamento delle sue componenti principali, la scuola, la famiglia, la politica, l’economia.

E io non mi sottraggo. Io che in questi quarant’anni ho tentato, sbagliando spesso, di fare al meglio molte cose e che, a ripensarci, le cose migliori forse sono tutte in qualche cartella corpo 11, scritte di getto, senza riflettere su niente che non fosse una ventata di amore, verità e giustizia.

Nuove Opinioni - Febbraio 2017

Alfredo De Giuseppe

 

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