2024-09-06 "Insegne di paese"

In un qualsiasi paesotto d’Italia ci sono negozi storici e negozi nuovi, spesso in franchising. In un paese di circa 18.000 abitanti, oltre un circondario interessante che potrebbe superare i 40.000 e una presenza estiva (agostana) di un certo rilievo, insistono ben 450 attività commerciali. Di queste molte sono di bar/ristorazione e le altre di vendita al dettaglio, per lo più di generi vari.

Se prendiamo in esame solo le strade che formano il cosiddetto “cuore commerciale” del mio paese, possiamo annotare dei cambiamenti davvero notevoli.  Soprattutto in merito alle insegne divenute quasi tutte “inglesi” o esoticamente incomprensibili.

I negozi per vestiti da bambini sono passati dalla semplice vetrina “Abbigliamento 0-10 anni” a marchi più vicini allo stile occidentale/americano, come ORIGINAL MARINES o BRUMS. Il fondatore e titolare di ORIGINAL MARINES è in realtà il napoletano Luciano Cimmino, mentre la varesotta BRUMS, dopo essere stata in amministrazione controllata, è passata al fondo californiano Go Global Retail.

Cimmino è titolare anche del marchio YAMAMAY, che da qualche tempo è presente su una delle strade dello shopping paesano. E qui sulla biancheria intima si apre un capitolo molto interessante. Solo in questo mitico paese del sud Italia, nell’arco di non più di 400 metri c’è un’abbondanza di offerta, forte, variegata e interessante di “intimo”. Resiste la mitica, storica “CECILIA” che però non limita il suo assortimento, spaziando verso le lenzuola e il mitico corredo matrimoniale (si usa ancora? Attendo notizie). Ci sono in abbondanza: TEZENIS, INTIMISSIMI, CALZEDONIA, e anche un MARY Lingerie SEXY con mutande rosse e collant provocanti sempre in vetrina. Se poi aggiungi un paio di attività similari sparse nelle vicinanze, qualche negozio di cinesi che hanno gli stessi prodotti oltre al mercato settimanale pieno di storiche bancarelle delle “magliette”, si intuisce che la mercanzia tira. È come se la biancheria intima fosse diventata la necessità giornaliera del consumatore. Oppure è l’articolo da regalo più gettonato?  Ci sono indizi su cui indagare.

Le scarpe, poi, un mondo tutto esotico. C’è un’insegna lunghissima che merita un accenno “uDROP are on the LIST”. Vendeva scarpe sportive, ma non si intuiva. Dopo pochi mesi ha chiuso, ma l’insegna è ancora lì. Un altro negozio di scarpe, a poche decine di metri, proprio sul semaforo principale si identifica con AW LAB, mentre un po’ più avanti c’è anche BLACK PALM SHOP: Sneakers, Streetwear e Art Toys. Fa specie come, in poche decine di anni, siamo passati dal negozio di Scarpe da Carmela a nomi incomprensibili e poco evocativi.

L’abbigliamento e la pelletteria hanno tutti i nomi possibili tranne quelli italiani, che un tempo significavano moda, eleganza e qualità. C’è TALLY WEiJL, DOLLY, TAKE OFF, LE COST e altri con nomi più o meno non memorizzabili. L’unico riconoscibile come italiano è un negozio cinese, con articoli maglieria, intimo, pelletteria e vari tutti rigorosamente cinesi e vietnamiti, con un’insegna molto chiara: “LUNA BLU-abbigliamento Uomo-Donna”.

Non c’è campo che non sia stato toccato dalla mania del nome “all’inglese”, dalle estetiste ai tatuaggi (necessariamente Tattoo), fino ai vecchi parrucchieri per uomo. Sempre sulle stesse strade del centro cittadino ci sono due saloni che hanno le seguenti insegne: una EXPRESSION By Daniele e l’altra THE GENTLEMEN’S BARBER SHOP. Il mio vecchio barbiere aveva un fascino discreto, senza nessuna insegna, ma questo attiene ad un’altra sfera.

Guardavo le insegne del mio paese, le diciture anglosassoni e multinazionali e pensavo a quei politici che stanno ancora discutendo sul senso autentico dell’italianità. Mentre loro dibattono, il “popolo” è andato da un’altra parte, forse lo stesso popolo che li vota con una certa continuità. Le insegne di un paese di provincia, oltre a illuminarsi, parlano e dicono molto delle trasformazioni in atto, delle contorsioni antropologiche della società dell’effimero e dell’immagine.   

FB - 06 SETTEMBRE 2024

Alfredo De Giuseppe

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