2024-10-18 "La leggenda di Gino Scarascia"

 

Nei giorni scorsi la signora Stefania Scarascia mi ha fatto dono di una voluminosa serie di raccolte e ritagli di giornali riguardanti suo padre, Gino Scarascia, calciatore a Modena, nella forte serie B degli anni ’50. La signora, nello svuotare la sua casa di Lucugnano, notava insieme a tanto materiale anche il mio libro “il calcio e Tricase” del 1985 in cui citavo più volte suo padre, decideva di contattarmi per donarmi le preziose rilegature che lo riguardavano. La ringrazio per il gesto e per l’interessante documentazione storica contenuta in quelle raccolte ben conservate: tenterò di custodirle al meglio anch’io.

Chi era Gino Scarascia? Nato il 7 febbraio 1928, era figlio di Tommaso, viveva con la famiglia in una casa affacciata su Piazza Capuccini, dove al tempo si giocava a calcio. Il piccolo Gino vive per tirare due calci al pallone, nella piazza sotto casa, sfuggendo al padre e al lavoro di costruttore/manutentore di ruote di carretti da traino. Quando diventa un bel giovanotto, robusto e veloce, gioca insieme al fratello Nicola e al cugino Alfredo (che a sua volta era un ottimo stopper, ricercato dalle migliori squadre della Provincia). Proprio Alfredo lo propone al Maglie, dove vi arriva a 22 anni: ha sperperato la gioventù tentando di superare l’avversità del padre verso il calcio professionistico, considerato lontano e illusorio.

 Ma Gino è un talento puro: esordisce in serie C a Maglie, senza aver mai militato fin ad allora in una organizzata squadra dilettantistica e men che mai in un qualche settore giovanile. Aveva solo giocato sulle pietre del Cappuccini di Tricase, imparando a schivare botte e avversari, saltandoli in velocità come birilli. A Maglie conquista subito i tifosi, segna in due anni 24 gol che sono un bel bottino per un’ala sinistra (allora le ali saltavano l’uomo e crossavano al centro).  Nonostante i suoi 24 anni lo notano osservatori del Modena che milita in serie B e da anni cercando di andare in serie A, in competizione col Bologna. Scarascia arriva al Modena in cambio di due giovani promesse, Seghedoni e Gozzi. Alle prime visite mediche si presenta con un piede rotto: lui dice che è caduto del motorino, probabilmente si è fatto male giocando con gli amici qualche giorno prima di partire. Il Modena crede comunque in lui e lo aspetta. Esordisce alla sesta di campionato e diventa subito protagonista: fa gol, assist e soprattutto vola sulla fascia sinistra, in un modo entusiasmante e incontenibile, per i tifosi del “Braglia” è ormai “la freccia del sud”. Tanto è forte, robusto, veloce che gli avversari ricorrono spesso al fallo sistematico: in uno di essi si frattura di nuovo il piede sinistro (partita in casa contro il Marzotto). La sua prima stagione finisce così. Son bastate però dieci partite e cinque bellissimi gol per creare la leggenda del ragazzo del sud, venuto dal nulla, come un vento nuovo, inatteso. Però quell’infortunio cambiò un poco la percezione del confronto con l’avversario e Gino divenne un po’ più attento, quasi timido rispetto al passato. Segna di meno ma rimane un idolo per dirigenti e tifosi del Modena, una società forte che un certo punto aggiunge anche il nome Zenit, dal marchio di un’azienda cremonese di costruzioni che investe nel club una cifra mostruosa (oltre 100 milioni).  

Resterà a Modena fino al 1961, per ben nove anni, disputando 184 partite e segnando 50 gol. Ancora oggi Scarascia è ricordato come uno dei migliori attaccanti del club, presente in tutte le formazioni ideali. Nel 1956 sposa la ragazza di Lucugnano, Maria Teresa Perrone, con cui era fidanzato già ai tempi del Maglie, si trasferisce a Modena decidendo di fare di quella città la sua residenza di riferimento. Nasce lì l’unica figlia, Stefania. Maria Teresa è ancora vivente.

A 33 anni Gino Scarascia torna in serie C con la Cremonese (28 presenze, 6 gol) per chiudere poi la sua carriera in serie D come allenatore/giocatore di Cervia, Giulianova e Elpidiense. Lasciò il calcio giocato nel 1965 a 37 anni.

Comunque non dimentica Tricase e accetta un’inaspettata chiamata del Presidente Fachechi per tentare un’impresa disperata nella competitiva serie D dell’epoca: nel campionato 1969-70 alla quarta di ritorno sostituisce Foscarini ma non evita la retrocessione, nonostante una bella serie di vittorie. Viene confermato nel campionato successivo che vince riportando il Tricase in serie D. Nel campionato del 1971-72, viene però malamente e inaspettatamente sostituito con Panetti (suo ex compagno al Modena, poi portiere della Roma) che comunque non evita il penultimo posto e la retrocessione.

È l’ultimo squillo calcistico del grande Gino che nel frattempo, pur avendo a Lucugnano la casa della moglie, torna a Modena. Ha 43 anni, deluso dal suo Tricase, rimarrà solo l’idolo dei tifosi del Modena, nel ricordo dei suoi migliori anni. Intorno ai 50 anni gli viene diagnosticato il morbo di Parkinson, con il quale dovrà convivere in condizioni sempre peggiori fino alla morte.

C’è del rammarico nella storia calcistica di Gino: innanzitutto ha iniziato tardi a calcare i campi professionistici a causa degli ostacoli frapposti in gioventù dalla famiglia (il padre Tommaso diventerà poi il suo più accanito tifoso); poi l’infortunio del primo anno che vanificò l’interesse di molte squadre di serie A, tra cui, si dice, soprattutto il Milan.

Rimangono però dei dati di fatto: incredibilmente, ad oggi è il calciatore tricasino che abbia militato più a lungo in un campionato professionistico e con risultati tanto lusinghieri. Gino è deceduto nella sua casa di Lucugnano il 3 luglio 2008. Nessun giornale, neanche locale, diede la notizia della sua morte. Il mito romantico non vive di buona stampa, si nutre di incontri casuali, di leggende orali.

FB – 18.10.2024

Alfredo De Giuseppe 

 

 

 

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