2024-11-09 "La decadenza" - il Volantino

 

(in elenco parziale e provvisorio)

La decadenza è nei fatti, al di là delle parole, delle propagande, delle storture storiche. Agli inizi degli anni ‘80, la produzione annuale di automobili in Italia era di circa 2 milioni di unità contro le circa 500.000 del 2024. Tutto l’indotto automobilistico arrivava ad occupare oltre un milione di persone, mentre oggi non superano le 500.000. L’automotive è l’emblema principale delle storture italiane: per decenni si è favorita una sola famiglia, gli agnelli torinesi, che si ammantava un po’ di glamour, di ricchezza e snobismo. I nipotini di quella famiglia hanno portato le sedi legali nei paradisi fiscali, hanno di fatto svenduto alla Citroen-Peugeot la FIAT che pure negli anni di Marchionne sembrava essersi riportata nella giusta direzione. Oggi alcune fabbriche, facendo finta di non volerle chiudere, lavorano sette-otto ore la settimana, non vendono quello che producono e non sanno cosa produrre. Dipendenti eternamente in cassa integrazione, assenza di una via d’uscita, di una seria riflessione sul settore. Un disastro strategico, familiare, statale.

L’agricoltura che oggi ha cambiato nome e si definisce agroalimentare non è da meno. Basti pensare che qualche decennio fa eravamo i primi produttori di ortofrutta al mondo, oggi non sappiamo in che posizione siamo precipitati (la Spagna è prima). È certo che la produzione italiana ha subito una riduzione negli ultimi anni, passando da circa 9 milioni di tonnellate nel 2017 a circa 7,5 milioni di tonnellate nel 2022, superati anche da Cina, Nuova Zelanda, Cile, Ecuador e dalla piccola Olanda. Alcuni marchi storici conservano di italiano solo il nome, vedi Galbani, Motta, Baci Perugina, Parmalat, Buitoni, finite quasi tutte in aziende come Lactalis o Unilever. Paghiamo arretratezza e abbandono, illegalità e disorganizzazione, burocrazia e disinformazione. Non basta l’altisonante denominazione dannunziana di Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste.

L'Olivetti presentò il suo primo computer, il Programma 101, alla Fiera Mondiale di New York nell'ottobre del 1965. Questo computer è considerato oggi uno dei primi veri personal computer della storia. L’Italia ha poi completamente abbandonato il settore dell’informatica nella sua interezza, tant’è che nella nuova frontiera dell’Intelligenza Artificiale non compare nessuna azienda italiana. Altri Paesi sono in prima linea nella corsa per la supremazia tecnologica grazie a investimenti significativi, start-up innovative e sostegno da parte di governi e istituzioni accademiche. Ci sono gli Stati Uniti, con giganti della tecnologia come Google, Microsoft, Apple e Amazon; la Cina con aziende come Alibaba, Tencent, Baidu e Huawei; il Regno Unito che ha un forte settore di ricerca e sviluppo AI, e poi la Germania, la Francia, Singapore e addirittura la Svizzera.

I casi eclatanti sarebbero tantissimi come la ex Ilva di Taranto, che, con una scadente qualità dell’acciaio prodotto, è riuscita al contempo ad inquinare un’intera regione e a perdere migliaia di posti di lavoro con chiusure parziali e tante ore di cassa integrazione. O come Alitalia, la compagnia aerea di bandiera italiana, un tempo una delle più prestigiose al mondo, chiusa e riaperta più volte (con costi non facilmente quantificabili) fino a sfociare nell’attuale piccola compagnia ITA Airways (vola nell’orbita di Lufthansa che ora la vuole pagare meno del pattuito perché in effetti non vale quasi nulla). Anche sul mare siamo alla frutta: Tirrenia di Navigazione, la storica compagnia di navigazione ha cessato le operazioni da una decina d’anni, segnando la fine di un'era per il trasporto marittimo passeggeri in Italia.

La decadenza è nello spopolamento dei borghi di montagna e di quelli più piccoli, fossero dispersi in Salento, in Abruzzo o in Veneto. Negli ultimi 30 anni, la popolazione dell'Italia del Sud ha subito un calo significativo: tra il 1994 e il 2024, quella delle 8 Regioni, isole comprese, che identificano il SUD è diminuita di circa UN milione di persone, passando da 20,7 a 19,6 milioni. Il calo sarebbe ancora maggiore se considerassimo gli studenti e i lavoratori che non hanno cambiato la residenza solo per ragioni burocratiche. A dimostrazione del totale fallimento delle politiche per il Mezzogiorno e con buona pace degli entusiasti di ogni colore, censo e nazionalità per la bellezza del sud, la sua solarità, il piacere di vivere (ma quando mai!). Il turismo per assurdo complica le cose perché fa intravedere quello che non c’è, mettendo sotto la coltre retorica l’insussistenza civica, l’infelicità di fondo, l’enorme sacrificio per lavorare con dignità. Tralascio per ora la Sanità, i Trasporti e la Scuola, tre mega settori che sono in confusione, in affanno, in sostanziale decadenza. E dentro tutta questa cornice desolante non si trova più una casa in affitto, nelle grandi città e neanche nei paesini spopolati, rubando di fatto le potenzialità creative di intere generazioni. E gli italiani, soliti furbetti arruffoni, vittime e carnefici, non vanno più a votare, certificando una crisi sostanziale della democrazia di questo Paese.

La realtà che emerge si riassume in una amara considerazione: in Italia fino alla fine degli anni settanta del Novecento si rubava con moderazione. Dopo è stata la corruzione a vincere. Alcuni si sono molto arricchiti, tutti gli altri vivono un incubo post-moderno. 

il Volantino, 9 novembre 2024

Alfredo De Giuseppe

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