2024-08 "Europa: 10 mosse da ricordare" - 39° Parallelo

Come essere irrilevanti mostrando la faccetta feroce

Quel che segue più che un’opinione  è un promemoria: potrebbe tornare utile, prima o poi, anche per i tanti votanti del Centro-destra italiano.

Dopo anni di demonizzazione dell’Europa, durante i quali era stato detto di tutto contro l’unica istituzione che in qualche modo sta tentando di sorreggerci, Meloni (tralasciamo per ora i suoi partner del centro destra) già da aprile 2024 si lancia in uno slogan elettorale “CON GIORGIA L’ITALIA CAMBIA L’EUROPA”.  Aveva invitato gli elettori a scrivere solo GIORGIA perché lei è una del popolo, che casualmente ha fatto ministro nel governo Berlusconi fin dal 2008 e ancora più casualmente si ritrova a gestire un Paese di cui ha una visione storica ben ristretta, formatesi nelle sezioni del MSI romano.

  1. Prima delle elezioni europee, per circa due anni, Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni hanno fatto finta di essere amiche, la prima per vedere di riportare il populista governo italiano su posizioni più logiche rispetto ai trattati europei e la seconda per accreditarsi come statista che vuole “solo il bene del suo popolo”.
  2. Nella competizione continentale, Giorgia è alleata di fatto con gli estremisti di destra, ad iniziare da Fidesz di Orban passando per Vox di Abascal Conde fino ad Ano di Andrej Babiš. Ha le stesse parole d’ordine di Salvini, Le Pen e compagnia varia, differenziandosi tuttavia per posizioni super atlantiste e americanizzate, compreso le guerre in Ucraina e a Gaza. Tanta è la voglia di stare al passo coi grandi che diventa “amica personale di Ursula”, oltre che “politica prediletta” (in senso di nipotina) di Joe Biden, dicendosi sempre pronta e affidabile (con i famosi carri armati di cartone);
  3. Dalle urne dell’8 e 9 giugno 2024, la destra di Giorgia vince in Italia ma rimane minoranza in Europa, pur avendo per la prima volta dei significativi (e pericolosi) balzi in avanti.
  4. Subito dopo l’esito elettorale, le forze che avevano sostenuto Ursula hanno un’unica alternativa: confermare la stessa coalizione per tentare di fermare le pulsioni autodistruttive e reazionarie delle destre europee, che da anni ormai lottano per l’eliminazione di fatto dell’Unione Europea per formare al massimo una comunità di scambio economico, lasciando tutto il resto alle singole paturnie degli Stati membri;
  5. Così come capitava con Berlusconi, che in patria, grazie ai Media di proprietà, sembrava stesse per spaccare il mondo e poi in Europa era ridicolizzato, non contava nulla e spesso veniva messo in un angolo, la Meloni fa la faccia feroce e contrita in Italia ed espone l’occhio sottomesso in Europa; subito dopo le elezioni continua a ripetere con grande enfasi davanti alle telecamere che non si potrà a fare a meno della “volontà del popolo” e che quindi qualcosa in Europa sicuramente cambierà con spostamenti a destra, soprattutto per bloccare il Green Deal – il difficile percorso ambientalista che l’Europa sta intraprendendo tra mille ostacoli;
  6. Il 26 giugno si riuniscono i maggiori leader dei partiti che sostengono Ursula (esclusa naturalmente Giorgia) e raggiungono l’accordo sui tre nomi ai vertici delle istituzioni europee: la tedesca Ursula von der Leyen confermata alla guida dell’esecutivo Ue, l’ex premier socialista portoghese Antonio Costa alla guida del Consiglio e la liberale estone Kaja Kallas Alto rappresentante per la politica estera. Inoltre anche Roberta Metsola va verso la conferma come presidente dell’Europarlamento, che puntualmente avverrà il 16 luglio. La Presidente del Consiglio italiano fa la faccetta arrabbiata ma in Europa nessuno commenta. Solo Mario Sechi su “il Giornale” grida vittoria, ma nessuno capisce perché.  
  7. Il 6 luglio, i partiti ancora più estremisti di FdI scelgono di formare un nuovo gruppo, escludendo la Meloni, che appare troppo democristiana agli occhi di Orban, LePen e Salvini. Il gruppo si chiamerà “Patrioti” e il gruppo della Meloni, ECR  (Conservatori e Riformisti Europei) rimane con soli 78 deputati (24 di FdI), venendo superato proprio dal gruppo dei cosiddetti Patrioti per l’Europa che conta su 84 deputati;
  8. Il 17 luglio Meloni dopo vari tentennamenti  vota contro la presidenza di Ursula von der Leyen, l’amica Ursula, perdendo di fatto quel minimo di credibilità che a fatica aveva tentato di costruirsi verso gli alleati europei. Meloni, che dentro di sé ha la sindrome dello scorpione che attraversa il fiume sul dorso della rana, non ha saputo né potuto scegliere tra i suoi compagni di viaggio, tra i leghisti salviniani e i forzisti berlusconiani (ancora vivo sui manifesti e non solo)…. A nulla sono valse le orecchiette del G7 tenutosi a Savelletri dal 13 al 15 giugno nel villaggio turistico “Borgo Egnazia”, le foto e i sorrisi finti tra ulivi trapiantati e scorte che sembravano l’esercito romano di Torre Canne.
  9. Il 19 luglio la NATO, verso la quale la Meloni in questi anni si è genuflessa continuamente, ha nominato come rappresentante speciale della Nato per i rapporti con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo lo spagnolo Javier Colomina, decisione che ha fatto arrabbiare il governo italiano che ha inviato una lettera di protesta al segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg. Nessuno si è davvero preoccupato, tranne il nostro ministro della Difesa, Guido Crosetto, che qualche giorno dopo ha rilasciato la seguente dichiarazione: “è un affronto quasi personale”, come se la NATO fosse una chat tra cugini di campagna.
  10. Nel frattempo, il tanto sbandierato Piano Mattei, che dovrebbe rilanciare l’immagine e la sostanza dell’Italia verso i Paesi Africani, è ritenuto poco più di uno spot di marketing dai più importanti leader di quel continente, per almeno tre motivi: non c’è nessuna copertura economica, nessun credibile piano industriale e nessuna novità geo-politico. (Del resto mancano da anni anche per il Sud Italia).

In sostanza, bene hanno fatto i Verdi Europei ad essere meno massimalisti del solito e votare la Von der Leyen, perché la perfezione in politica non esiste e gettare l’Europa in un caos sociale-istituzionale che andava a favorire solo la destra, non avrebbe avuto senso. E’ stato un gran merito aver per ora marginalizzato questa destra populista, reazionaria e sempre pronta all’inutile autoritarismo e al dissolvimento funzionale (vedi Autonomia Differenziata). Però lo scenario è ancora aperto. Se dalle prossime elezioni americane dovesse uscire di nuovo vincente l’unto del Signore, Donald Trump, le carte potrebbero rimescolarsi. In quel caso la nostra Meloni ci impiegherebbe pochi secondi a cambiare atteggiamento e ad appiattirsi sulle posizioni dei trumpisti europei che poi sarebbero i “Patrioti” di Vannacci, Orban e Salvini. Allora saremo di fronte ad una destra davvero pericolosa per l’ambiente, per le guerre, per l’economia. Siamo alle soglie di nuovi cambiamenti: dobbiamo tenere orecchie tese, occhi ben aperti, Comune per Comune. La vittoria di una Kamala Harris potrebbe non essere sufficiente. Con una democrazia imperfetta, con il mondo in subbuglio, informare i cittadini anche su cose complesse è il nostro dovere.

39° Parallelo – agosto 2024                                                                                                                   

Alfredo De Giuseppe

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