2024-08-24 "Noi ci credevamo"

Ci fu un tempo, non molto lontano, in cui credemmo che l’Italia potesse diventare un Paese migliore. Fu un periodo breve, che poi si rivelò in effetti solo suggestivo e illusorio. Erano i primi anni ‘90 del Novecento: il potere ormai logoro della balena DC, puntellato da un PSI snaturato, metteva ormai in campo solo sceneggiate da basso impero, condite di vecchie e superate ipocrisie. Del resto la caduta del muro di Berlino aveva squarciato anche il muro delle reciproche bugie, della inutile logica della divisione tra buoni e cattivi. C’erano molti segnali in quel momento per guardare il futuro con un certo ottimismo. C’era la Russia che dopo la rivoluzione innescata dalla Perestroika di Gorbaciov tentava una difficile rincorsa verso un sistema alternativo al socialismo reale. C’erano gli USA che sembravano avere a cuore il disarmo internazionale e sottoscrissero importanti accordi proprio con il vecchio nemico comunista. C’era la veloce unificazione delle due Germanie. Sembrava esserci un’accelerazione anche nell’idea dell’unità europea non più basata solo sugli scambi economici, ma su una totale condivisione politica, sociale, fiscale, scolastica e forse anche linguistica. In Italia bastò indagare un po’ più a fondo i rapporti tra politica e imprenditoria per arrivare allo sconquasso di Mani Pulite (che il popolo salutò come una liberazione). Avere come modello le socialdemocrazie del Nord Europa ci sembrava la strada virtuosa da seguire.

Insomma avevamo elementi di varia natura per essere ottimisti. Anche i telefoni cellulari, che cominciavano ad essere usati con un certo timore, sembravano poter semplificare la vita quotidiana dei cittadini. Nel 1992 il governo Amato per tentare di far rimanere l’Italia nel sistema monetario europeo, in un momento di grandi speculazioni sulla debolezza della Lira, fece, nel silenzio di una sola notte, un prelievo forzoso dai conti correnti di ogni italiano (il 6 per mille). Tutti lo accettarono come il male minore e si continuò a pensare positivo. Rimanere attaccati all’idea dell’Europa sembrò a tutti noi, scettici positivisti, l’unico modo per riscattarsi da corruzioni e clientele, da mafie grandi e piccole, da ingiustizie secolari.

Oggi a distanza di oltre tre decenni sembra che di quel sogno sia rimasto un mucchio di macerie. L’Italia immaginata come unica e uguale, una Grande Regione dell’Europa, non esiste in nessun disegno politico. Alcuni di quei Paesi socialdemocratici sono pervasi da una paura razzista e bloccante. La NATO non ha mai smesso di riarmarsi. La Russia, seppur un po’ rimpicciolita, ha ricominciato a riarmarsi per poter rispondere al riarmo della NATO. Israele ha preso il diritto internazionale come un diritto/dovere allo sterminio degli altri. La globalizzazione, che doveva portare una maggiore equità nelle popolazioni dell’intero pianeta, ha fatto arricchire in modo disarmate l’un per cento della popolazione, circa 90 milioni di persone (e tra questi una ventina, ancor di più), lasciando il restante 99% alla finestra di una vita dignitosa difficile da agguantare ogni giorno. In Italia, i giudici, secondo certa stampa, giorno dopo giorno, son diventati tutti depravati o, se va bene, estremisti di sinistra prestati alla giustizia (Mani Pulite è stata trasformata in una narrazione estremamente negativa). L’Europa unita è fuori da ogni discorso, da ogni argomentazione non c’è idea di vera integrazione. I nazionalisti, quelli nati per convenienza e quelli convinti da vera ideologia distruttiva, hanno vinto la battaglia mediatica e politica. Le scissioni delle scissioni sono all’ordine del giorno in ogni parte della vecchia Europa. Ora in Italia si accetta come un tumore necessario l’Autonomia Differenziata, così come nel 2001 il governo di centro sinistra cercò di accontentare quegli ignorantoni della Lega Nord con la modifica del Titolo V della Costituzione.

Altro che parte integrante di un grande popolo europeo finalmente evolutosi contro guerre, confini e nazionalismi estremi. Tra poco invece saremo pronti a fare il Referendum per dividere la Sicilia dalla Calabria, creando il regno della Sicilia unita e quello della Calabria silana. Oppure potremo finalmente dividere Bari da Lecce e possibilmente fare un fossato che vada dal Tirreno all’Adriatico. E, di rivendicazione in rivendicazione, staccare Maglie dal resto del Salento e farla diventare capitale del PNRR, oppure creare d’incanto il Principato di Nardò e la Repubblica federale di Tricase (frazioni permettendo).

Oggi abbiamo delle certezze, purtroppo negative, quasi oscure. Il popolo che vota segue Rete 4 e similari, è anziano, instupidito da commenti sopra le righe, da servizi fuorvianti e da servi sciocchi che hanno in mano un microfono, un telefonino collegato col mondo e una miriade di social in cui spargere letame.

A furia di stupidate condite come cose divertenti, ci siamo ritrovati Berlusconi, Putin, Bush, Salvini e Meloni, Le Pen e Trump, Pino Insegno e Bruno Vespa. Ah no, scusate, Vespa c’era già… Nel frattempo noi abbiamo smesso di crederci.   

24.08.2024

Alfredo De Giuseppe

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