026 - Speranze e ideali nella irresolutezza della vita - 2017-12-02
Pensavo - rimuginando certamente intorno a me stesso - alla irresolutezza della vita, condita da speranze, ideali, amori, ostinazioni e costruzioni iperboliche. Nonostante le apparenze e le suggestioni di vite brillanti è difficile indicare in qualcuno un percorso netto, un applauso lungo e ininterrotto. Non può definirsi risolta la vita di Dante Alighieri, il genio della letteratura mondiale, così integrato nelle polemiche dei suoi contemporanei da rimanerne schiacciato. E neanche quella di Leonardo da Vinci, curioso e inquieto ricercatore delle leggi della natura, innovatore dell’arte e della scienza, che andò pellegrino da potente in potente, a fare cose frivole, pur di avere i fondi per le sue ricerche. E si può dire risolta e consolatoria la vita di Garibaldi che infine capì di aver combattuto per un ideale che favoriva solo alcune classi sociali? e che dire di Mazzini? Come visse il suo genio Caravaggio e quanto soffrì Galilei per le sue scoperte? Musicisti come Mozart sono morti giovani e nella miseria. Altri, più recenti, soffocati da droghe e rapporti irrisolti con la complessità del successo. Vasco Rossi, il più grande rocker italiano, non riesce a dirsi pacificato, dopo aver visto quanto è ispida l’ultima vetta. Potrei continuare all’infinito in questo elenco sbilenco e disomogeneo, includendo poeti e scrittori, nobili e straricchi: ogni vita, per quanto grande sia stata l’affermazione della sua personalità, si può dire irrisolta nel suo intimo, nella sua più profonda consapevolezza dell’esistenza. Perché in fondo tutto è un divenire, tutto può cambiare in pochi attimi, tutto è destinato alla fine. Questa consapevolezza degli intelligenti, questa sensibilità pronta a cogliere le cose fondamentali, genera momenti tristi, situazioni difficili, sconfitte e fallimenti.
Tutto questo pensavo tra me e me, nella breve tregua di qualche minuto concessomi da un moderno (e ormai insostituibile) strumento di distrazione globale qual è lo smartphone, quando nelle news irrompe lui, il Silvione nazionale e capisco che tutta la mia filosofia è andata a sbattere su una montagna di cartapesta, sulla farsa perenne, sulla mafiosità strisciante, sulla bellezza della vacuità. In pochi secondi, parlando delle prossime elezioni, il fondatore di Fininvest fa delle affermazioni il cui senso compiuto è il seguente: 1) lui è vittima della giustizia e in quanto tale lotterà sempre; 2) si può vivere fino a 125 anni e lui lo dimostrerà; 3) lui si farà promotore di un vertiginoso aumento delle pensioni per tutti, soprattutto per i più poveri; 4) altresì sarà il promotore di una vertiginosa diminuzione delle tasse per tutti.
Mi son detto, ecco la risolutezza dell’essere, ecco la formula vincente dell’homo sapiens, incarnata nell’arcitaliano dott. ex-Cav. Silvio Berlusconi. Ecco perché piace ancora, perché vincerà probabilmente le prossime elezioni: lui ha saputo dare risposte che nessun genio incompreso o compreso ha saputo dare. Ha capito che per dirsi soddisfatto e dare pienezza alla propria esistenza bisogna, ogni giorno, riuscire a prendere per i fondelli il prossimo, con piacere e perseveranza. Una specie umana, il prossimo, che stranamente vive agognando qualcuno che lo prendi per culo, ma non solo una volta, possibilmente più volte, mattina e sera, ad ogni edizione del TG4.
La mia colonna - il Volantino, 2 dicembre 2017
Alfredo De Giuseppe