031 - I debiti della Pubblica Amministrazione - 2018-02-10
Ho letto velocemente la Relazione dei Servizi Ispettivi della Ragioneria dello Stato, giunta da un paio di mesi a Palazzo Gallone e portata a conoscenza attraverso i giornali solo qualche giorno fa. Da una prima sommaria lettura emergono gravi e continuative contestazioni contro l’ultima Amministrazione Coppola. Ma non daremo certo su questa colonna un giudizio di merito su ogni singola faccenda: cercheremo invece di capire da dove arrivano così macroscopiche inadempienze. Partono da lontano, molto lontano, quando il Comune era una casa democristiana, dove una cerchia molto ben selezionata di amministratori riusciva a imporre assunzioni, lottizzazioni, affidamenti di lavori pubblici, e sovvenzioni a go-go, aggirando regole e buon senso. Anzi c’era un senso unico, applicato sempre e ovunque, ed era quello della clientela famelica e amicale.
Su queste fondamenta di ogni singolo Comune si creò l’enorme debito pubblico italiano che ancora oggi è il flagello della nostra convivenza sociale e che molte anime belle fanno finta di dimenticare, vagheggiando un passato bello e ricco, comunque sempre migliore del presente. Mentre i Paesi europei progredivano velocemente, l’Italia aveva smarrito ogni ideale e ogni visione del futuro. All’improvviso, era 1993, si scoprì super corrotta, fantasticamente indebitata, in mano a mafie, lobby e manovratori di ogni genere. Allora per tentare di rimanere seppur minimamente agganciata al benessere occidentale, per tentare di entrare nell’Euro (ritenuto all’epoca l’unico salvataggio possibile), la stessa classe politica tentò di auto-riformarsi. Nacque così nel 1997 la legge Bassanini, che tentando di riformare tutto il sistema della Pubblica Amministrazione, dava di fatto ai Funzionari un potere superiore a quello dei politici che avrebbero dovuto limitarsi a dare gli indirizzi, mentre la gestione di ogni singola operazione doveva avere un ben preciso responsabile amministrativo. Ad oltre vent’anni di distanza possiamo affermare serenamente che l’obiettivo di aumentare l’efficienza e superare la corruzione è fallito. È bastato mischiare politici e funzionari e tutto è saltato.
Già nel 2001, da direttore del mensile Nuove Opinioni, segnalai l’anomalia del più importante funzionario del Comune che ne diventava Sindaco senza dimettersi dal suo ruolo apicale. Naturalmente furono pochissimi quelli che pensarono che questo potesse essere un problema. Invece, anche senza alcuna ruberia, è sempre un problema perché un conflitto d’interessi si estrinseca in mille rivoli diversi, in mille risvolti, in relazioni complicate, in auto limitazioni o eccessi di potere. Certo è che Antonio Coppola, a causa di questo perenne conflitto d’interessi, nei lunghi anni di governo non ha potuto modificare la struttura organizzativa del nostro Comune, non poteva intervenire senza destare sospetti, invidie, antipatie, corrosioni e veti incrociati. Era parte in causa e lo sarebbe stato purtroppo fino all’ultimo suo giorno da Sindaco, senza un Piano Regolatore e senza un Ufficio Tecnico efficiente.
Ora l’attuale Sindaco, il nostro bravo e pacificatore Carlo, eletto a furor di popolo per cambiare tutto, non ha ancora cambiato niente. Soprattutto in relazione alla macchina amministrativa che invece meriterebbe nuova linfa, nuovo entusiasmo e nuove regole. Una prima regola dovrebbe essere elementare: non tenere nascosta nel cassetto per circa 40 giorni una Relazione esplosiva che riguarda la precedente Amministrazione e che apre uno squarcio (finalmente la trasparenza) sulla gestione della cosa pubblica a Tricase.
Se in definitiva nel tempo trascorso dal suo arrivo alla sua divulgazione, la Relazione fosse stata oggetto di valutazione di vecchi amministratori e funzionari, sottraendola invece al controllo delle minoranze e del Consiglio tutto, per Chiuri ci sarebbe un’unica, malinconica, seppur veloce strada: la fine della sua giovane consiliatura, per mano non solo dell’opposizione ma anche dei suoi stessi consiglieri.
La mia colonna - il Volantino, 10 febbraio 2018
Alfredo De Giuseppe