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2024-10-14 "Albania come una prigione"

16 ragazzi, provenienti da Egitto e Bangladesh, su una nave italiana, presa appositamente a noleggio, sono destinati a due centri albanesi, nati per smistare migranti che poi dovrebbero essere rimpatriati. Uno scellerato (e tollerato) accordo tra Italia e Albania è alla base di questo ennesimo atto disumano verso chi fugge da miseria e discriminazione. Nessuna pietas per i deboli, i poveri, i neri.

Al di là dei costi, e della mera propaganda del governo italiano e purtroppo in parte di quello europeo, Amnesty International scrive oggi sul proprio sito:

L’accordo prevede la detenzione automatica di chi viene trasferito in Albania, incluso chi richiede asilo. La detenzione generalizzata, che può durare fino a 18 mesi, è una misura arbitraria e quindi illegale. Secondo il diritto internazionale, la detenzione deve essere un’eccezione, non una norma, e deve essere convalidata dal giudice sulla base di valutazioni individuali. Le persone detenute in Albania potrebbero affrontare ostacoli nell’accesso ai ricorsi legali a causa delle difficoltà logistiche e burocratiche legate alla distanza. La mancanza di meccanismi chiari per la liberazione delle persone vincenti nei ricorsi potrebbe prolungare ulteriormente la loro detenzione. Inoltre, la detenzione potrebbe persistere anche dopo la decisione giudiziaria, a causa del tempo necessario per organizzare il trasferimento in Italia”.

La cosa più grave, che ancora una volta lascia basiti e ci fa fare una grossa riflessione sul futuro di questo continente, è l’indifferenza generalizzata, l’adesione intellettuale di gran parte dei cittadini, la malafede di politici e giornalisti. Passa ancora una volta, come quasi sempre nella Storia, la teoria che accanendoci contro i più deboli, andremo a risolvere tutti i nostri problemi.

Tricase (che fotografa l’Albania), 14 ottobre 2024                                            

FB - alfredo

 

 

2024-10-12 "L'ospedale e Tricase" - il Volantino

 

 

Tricase sarebbe più povera senza l’Ospedale Panico. Tricase respira grazie all’Ospedale, è una risorsa incalcolabile in una piccola economia come la nostra. E poi è un presidio stabile, generalista, eccellente e generoso rispetto alla nostra salute, vicino alle nostre case, come un amico su cui contare. Questo è in sintesi l’Ospedale per i tricasini.

Però è anche qualcos’altro e non posso esimermi dal dirlo, fosse anche per un semplice pro memoria. L’Ospedale di Tricase è un cantiere aperto da decenni, è in una perenne espansione, che pare non tenga conto di due fattori essenziali: 1) l’esasperato consumo di suolo in deroga ad ogni norma, specie quelle in materia idrogeologica; 2) il cantiere si espande all’interno di una struttura urbana disordinata e frammentata che pare non poter assorbire altre costruzioni.

È evidente che una ventina di anni fa qualcuno doveva porsi delle domande sul futuro di questa struttura. Quando fu progettata, nel 1962, era in aperta campagna, tra Tutino e Tricase, non c’erano nei dintorni altre costruzioni civili, né si poteva immaginare il boom edilizio che negli anni ‘60 e ’70 ha fatto di Tricase la solita caotica e poco aggregante città del Sud. L’assenza di un Piano Regolatore ha permesso di tutto, qualsiasi lottizzazione è stata approvata senza mai immaginare il futuro ma sempre assecondando le logiche elettoralistiche del momento, per cui quell’area è divenuta nel tempo una delle più urbanizzate del paese.

Forse all’inizio del 2000 si poteva immaginare qualcosa di diverso, tipo andare in altezza piuttosto che ampliarsi in orizzontale, come una piovra tentacolare, in uno spazio ormai soffocante. Deroga per deroga, si poteva autorizzare una costruzione più alta dei canonici 5 piani. Oppure si poteva immaginare di utilizzare una parte della zona industriale e costruire da zero un ospedale più funzionale e studiato fin da subito per l’idoneità delle nuove esigenze ospedaliere. Sarebbe costato senz’altro di meno che organizzare un cantiere senza fine in mezzo a case, auto, pazienti, dipendenti e cittadini.

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2024-10 "Colonia Scarciglia" - 39° Parallelo

 

COLONIA SCARCIGLIA
Prima luogo di sofferenza, poi di degrado 

A Leuca, su Punta Meliso, all’estremo scoglio del tacco d’Italia, fu costruita la Colonia Scarciglia. Un edificio imponente, progettato sul tetto carsico di una serie di grotte marine, denominate Grotte Cazzafri, bellissimi anfratti naturali, frastagliati da innumerevoli stalattiti. Nelle grotte ci si addentra per una trentina di metri con la barca, essendo accessibili esclusivamente dal mare. Luigi Scarciglia, un possidente di Minervino di Lecce, a metà degli anni venti del Novecento, dona una cifra sostanziosa per una struttura da destinare, durante le vacanze, ai ragazzi ammalati di tubercolosi, una malattia che minava la forza della stirpe italica. Il motto era “Salvate la razza dalla tubercolosi”: il regime fascista dedicò un impegno massiccio alla lotta contro questa malattia. Oltre agli elevati tassi di mortalità, vi erano altri risvolti sgraditi: l’immagine del tisico pallido, gracile e potenziale corruttore della razza, contrastava troppo con l’ideale fascista dell’uomo forte e muscoloso e con la necessità di preparare “la grande Italia di domani”.

Siamo sotto il Santuario di Santa Maria de Finibus Terrae e vicino alla Colonna che segna la fine dell’Acquedotto Pugliese, dove il regime volle una specie di cascata monumentale. È il 1928 quando si inaugura: il tempo delle colonie estive e della convinzione che alcune malattie si curino meglio respirando l’aria del mare, magari in un edificio costruito fin quasi dentro il mare. Per quanto riguarda il Sud Salento, oltre alla “Scarciglia” ne fu aperta un’altra ai Laghi Alimini di Otranto, chiamata “Colonia Trieste” (anch’essa completamente abbandonata). Ricordiamo comunque che in tutte le colonie l’età dei bambini andava dai 6 ai 13 anni e divennero un vero e proprio status sociale delle famiglie più povere: nel 1939 furono oltre 800.000 i ragazzi presenti nelle colonie estive di tutta Italia. Mentre tutte le colonie negli anni trenta furono gestite dall’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI) e dall’Opera Nazionale Balilla (ONB) e dal 1937 dalla Gioventù Italiana del Littorio (GIL), la Colonia di Leuca rimase in mani religiose, perché velocemente si trasformò in una specie di sanatorio permanente, perdendo fin da subito qualsiasi connotazione vacanziera.

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2024-09-28 Incontrarsi contro l'indifferenza

 

Perché è importante incontrarsi per parlare del genocidio in Palestina? Semplicemente perché questo non è il momento di voltarsi dall’altra parte, usando giri di parole, o nascondendo la realtà. E questo non può succedere solo scorrendo qualche notizia sui social, ma va implementato sulla strada, facendosi vedere, cercando di capire tutti insieme come ribellarsi a questo stato di cose. Quello che sta succedendo a Gaza, dove per uccidere poche decine di terroristi non si bada al massacro di donne, bambini, padri innocenti, è un qualcosa che dovrebbe farci inorridire come uomini, come cittadini, come europei. C’è invece un’assuefazione, una pericolosa indifferenza tra i cittadini che non porterà a nulla di positivo.

È importante, se possibile, approfondire le ragioni storiche, i risvolti geo-politici, la posizione di alcuni Stati, a partire da quelli che si affacciano sul Mediterraneo, come l’Italia. È inoltre importante capire le implicazioni sociologiche e guerrafondaie, anche personali (vedi Netanyahu), che si stanno determinando sotto i nostri occhi: basta pensare all’uso di bombe fatte esplodere a distanza, installate dentro dispositivi tecnologici.

Vedremo una mostra fotografica con le crude immagini della guerra, dei bombardamenti israeliani su Gaza, dello sterminio e delle conseguenze su donne e bambini sopravvissuti. Ci sarà un collegamento con Shoukri Hroub, Presidente dell'UDAP (Unione Democratica Arabo Palestinese in Italia) che potrà meglio di altri parlarci delle condizioni in cui da anni versa il popolo palestinese. Siamo convinti che ogni città, ogni associazione, ogni cittadino (che si senta parte attiva del mondo che vive) debbano far sentire un grido forte e coeso contro la guerra in Medio Oriente, senza dimenticare tutte le altre in corso. Tante, troppe guerre in una Terra che meriterebbe ben altre priorità.

È l’ora della consapevolezza, non dell’indifferenza. Un movimento spontaneo di giovani, di storici attivisti, riuniti sotto la sigla “SALENTO per la PALESTINA” ha organizzato un incontro Sabato 28 settembre a Tricase presso Scuderie Palazzo Gallone alle ore 19.00. E’ importante esserci.

ADG

2024-09-20 "Di Famiglia in famiglia"

Di FAMIGLIA in FAMIGLIA

Fin dall’avvento della cosiddetta Seconda Repubblica, la famiglia, la difesa della sua sacralità e indivisibilità non ha portato bene ai più importanti leader della destra, che nei discorsi elettorali ne hanno fatto sempre un punto di forza. Berlusconi, Bossi, Fini, Casini, questi erano i quattro cavalieri che agli inizi degli anni ’90 avevano sconfitto la sinistra e difeso le tradizionali idee cattoliche, patriottiche e familistiche.

Silvio Berlusconi (pluricondannato, prescritto, corruttore provato di giudici e politici ben prima di candidarsi come premier) era sposato con Carla Elvira Dall’Oglio, aveva una sorella suora e la madre Rosa continuamente menzionata nei suoi discorsi come la perfetta donna cristiana. Comunque tutto questo non gli impedì nel 1985 di divorziare per sposare l’attrice Veronica Lario. Nel 2009, dopo innumerevoli voci intorno ad amanti, giochini, cenette e nipotine inventate, la stessa Veronica scrisse una lettera aperta a Repubblica affermando “attenzione, mio marito è un uomo pericoloso, perché fuori controllo e ricattabile da persone di ogni genere”. (Fu un unicum internazionale per un Presidente del Consiglio in carica). Lui divorziò per la seconda volta (molto ben protetto dai suoi media), si fidanzò di nuovo con la bisex Francesca Pascale e nell’ultima parte della sua vita con Marta Fascina, divenuta anche lei deputata di Forza Italia, forse a sua insaputa (record di assenze alla Camera). Il patriarca che ha creato una famiglia che ha fatto scuola nel mondo.

Umberto Bossi (nel 2018 condannato per aver sottratto indebitamente allo Stato circa 49 milioni di euro, prescritto in altri processi) era sposato con una donna di Gallarate, Gigliola Guidali, che lavorava come commessa e portava a casa lo stipendio. Dopo sette anni la signora scoprì che quell’uomo che usciva ogni mattina con la borsa da medico dicendole dapprima che andava a studiare e poi a fare tirocinio in ospedale, era nella realtà un perito elettrotecnico per corrispondenza, un nullafacente da bar milanese. Dopo varie discussioni lo cacciò letteralmente da casa. L’Umbertone, quando ormai era riuscito ad entrare in Parlamento inventando la Lega Nord, si risposò con Manuela Marrone, di origini siciliane, dal cui matrimonio sono nati tre figli, uno definito dallo stesso padre “il trota”. Una famiglia del nord che ha conquistato l’Italia.

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2024-09-14 "Carni e benzine" - il Volantino

 

Ciccio sta per chiudere l’ultima macelleria della storica famiglia di macellai, Rocco è diventato un affiliato kuwaitiano, suo malgrado

Gerardo Chiuri è mancato qualche settimana fa, all’età di 96 anni. Suo padre Emanuele Chiuri agli inizi del Novecento aveva aperto una macelleria in Piazza del Popolo. Non era una novità: tutti i fratelli di Emanuele avevano uno spaccio di carni. La sua famiglia era nota in paese come “taiacapre”. Sembrava un imprinting naturale: nascevi taiacapre e quindi eri destinato a diventare un macellaio.

La storia, in realtà, inizia subito dopo l’Unità d’Italia: Salvatore Chiuri aveva sposato Vincenza Musio, che era figlia di un allevatore/macellaio, da cui sarebbero nati 4 figli maschi, Angelo, Francesco, Giuseppe ed appunto Emanuele. Tutti e quattro i fratelli e molti dei loro figli, tra cui Gerardo, divennero a loro volta macellai. Anzi, gli unici macellai del paese, per lunghi decenni i detentori assoluti della vendita di carni di ogni tipo. Non che fossero ricchi o che avessero fatto un cartello sulla vendita al dettaglio delle carni: la quantità pro-capite consumata dai loro paesani era così bassa che si faceva fatica ad acquistare una mezzena tutt’intera e consumarla prima che andasse a male. Non c’erano frigoriferi o congelatori e spesso nel macello comunale di Piazza Cappuccini (una piccola stanza attiva fino alla fine degli anni ’60) si dividevano i pezzi dell’animale, tanto per fare un’economia di scala e di freschezza. Quasi sempre mezzene di bovini e suini allevati nelle campagne circostanti, in piccole stalle, spesso nei terreni dietro casa. Le attività erano aperte solo nei giorni buoni, quelli prefestivi e durante le settimane di Pasqua e Natale, oppure in occasioni di macellazioni importanti, dovute a cause da accertare, ma ben propagandate dall’urlatore itinerante che avvertiva la popolazione dell’occasione da non perdere. Poca carne per tutti, pochi incassi, poco colesterolo, e mezzo chilo riservata allu vannisciatore.

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2024-09-06 "Insegne di paese"

In un qualsiasi paesotto d’Italia ci sono negozi storici e negozi nuovi, spesso in franchising. In un paese di circa 18.000 abitanti, oltre un circondario interessante che potrebbe superare i 40.000 e una presenza estiva (agostana) di un certo rilievo, insistono ben 450 attività commerciali. Di queste molte sono di bar/ristorazione e le altre di vendita al dettaglio, per lo più di generi vari.

Se prendiamo in esame solo le strade che formano il cosiddetto “cuore commerciale” del mio paese, possiamo annotare dei cambiamenti davvero notevoli.  Soprattutto in merito alle insegne divenute quasi tutte “inglesi” o esoticamente incomprensibili.

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2024-08-30 "Vincere e perdere con l'aiuto di Dio"

Quando nel supermercato c’è un’offerta di libri, dò sempre un’occhiata. Tra i tanti, giorni fa c’era anche La Bibbia con sottotitolo: una traduzione accurata e moderna, ad un prezzo davvero ottimo, a € 1,90. L’ho messa nel carrello insieme agli immancabili fazzolettini di carta, una confezione di pistacchi non salati e un po’ di formaggio. Avevo fatto un affare. Arrivato a casa, ho poggiato il libro sul divano, come faccio sempre, in mezzo ad un’altra decina. Dopo un paio d’ore, dopo i telegiornali di rito, dopo un distacco dalla realtà di una ventina di minuti, ho preso in mano il sacro libro, stampato su una specie di carta velina, svenduto a poche monete. Non volevo leggerlo dalla prima pagina: ho sfogliato un attimo e mi son fermato al primo libro di Samuele, (1S-4). Casualmente son venute fuori queste parole che qui copio integralmente:  

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2024-08-24 "Noi ci credevamo"

Ci fu un tempo, non molto lontano, in cui credemmo che l’Italia potesse diventare un Paese migliore. Fu un periodo breve, che poi si rivelò in effetti solo suggestivo e illusorio. Erano i primi anni ‘90 del Novecento: il potere ormai logoro della balena DC, puntellato da un PSI snaturato, metteva ormai in campo solo sceneggiate da basso impero, condite di vecchie e superate ipocrisie. Del resto la caduta del muro di Berlino aveva squarciato anche il muro delle reciproche bugie, della inutile logica della divisione tra buoni e cattivi. C’erano molti segnali in quel momento per guardare il futuro con un certo ottimismo. C’era la Russia che dopo la rivoluzione innescata dalla Perestroika di Gorbaciov tentava una difficile rincorsa verso un sistema alternativo al socialismo reale. C’erano gli USA che sembravano avere a cuore il disarmo internazionale e sottoscrissero importanti accordi proprio con il vecchio nemico comunista. C’era la veloce unificazione delle due Germanie. Sembrava esserci un’accelerazione anche nell’idea dell’unità europea non più basata solo sugli scambi economici, ma su una totale condivisione politica, sociale, fiscale, scolastica e forse anche linguistica. In Italia bastò indagare un po’ più a fondo i rapporti tra politica e imprenditoria per arrivare allo sconquasso di Mani Pulite (che il popolo salutò come una liberazione). Avere come modello le socialdemocrazie del Nord Europa ci sembrava la strada virtuosa da seguire.

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2024-08-21 "Ricchi e poveri (in fondo al mare)" - FB

Senza nulla togliere alle vittime, ai dispersi e ai feriti del veliero affondato domenica 18 agosto vicino la spiaggia di Porticello, a Palermo, vorrei far notare alcune piccole differenze con altri disastri similari.  Sarà che il veliero era di un super ricco, Mike Lynch, sarà che c’era a bordo anche il presidente della Morgan Stanley International, Jonathan Bloomer, sarà che il Bayesian piaceva a tutti, poveri e ricchi, certo è che i notiziari nazionali e internazionali da tre giorni stanno aprendo con questa notizia. Dettagli su dettagli, la nave di 50 metri, l’albero di 75 (a che serve?), la tromba d’aria, forse onda anomala, forse porte lasciate aperte, forse troppo champagne. Tutte ipotesi scandagliate con dovizia di particolari e tristezza infinita nei volti degli inviati.

Oggi, 21 agosto 2024, l'Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM) ha reso noto che dal 1 gennaio al 17 agosto ci sono state, solo nel Mediterraneo Centrale, ben 1.024 vittime accertate. Queste oltre mille persone erano quasi tutte in fuga da terribili condizioni di tortura, ricatto e miseria.

Per chi ha la sensibilità di capire la sofferenza umana non riesce a vedere differenza tra le vittime del lussuoso Yacht e quelle delle imbarcazioni di fortuna affittate in Nord Africa. Per l’informazione nella sua globalità invece c’è una grande differenza: i poveri muoiono per una scelta politicamente scorretta, mentre i ricchi per una tragica fatalità. Oltretutto i poveri, se si salvano, vengono dislocati in campi di detenzione assolutamente fuori norma, quelli ricchi sono sistemati dal primo momento dentro uno dei migliori hotel di Palermo, protetti e coccolati da tutti (nessuna procedura per immigrazione clandestina).

Il vero delitto è aver taciuto dall’inizio dell’anno sulle mille povere persone che hanno perso la vita, che sono in fondo al mare per tentare di migliorare la propria esistenza. La nostra compassione va anche a chi è morto godendosi una grande vacanza dentro lo stesso mare.  

21 luglio 2024 - FB

Alfredo

2024-08-17 "Dal Congo vi parla Lumumba"

Rimango convinto che la Storia geo-politica dal secondo dopoguerra ad oggi andrebbe studiata a fondo prima di lanciarsi in critiche, giudizi e soprattutto in guerre. Questa parte di Storia, che proviene naturalmente da altre Storie, dovrebbe diventare obbligatoria a scuola, ma anche fonte di conoscenza per ognuno dei tanti aspiranti Onorevoli e Senatori, che nominati spesso per amicizia, parentela e affiliazione, nulla sanno di ciò che è successo davvero negli ultimi decenni.

La storia del Congo e del suo primo Presidente del Consiglio, Patrice Lumumba, merita, ad esempio, di essere raccontata, per intuire meglio le dinamiche odierne di quella parte d’Africa e di questa parte d’Occidente.

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2024-08-11 "Bombardateci tutti"

Il 9 agosto 1945 gli americani, per porre fine alla guerra, o forse per provare gli effetti della nuova bomba, decidono di sganciare la seconda atomica su Nagasaki. Circa un mese dopo, nel settembre dello stesso anno, un fotografo dell'esercito americano immortala un bambino, rimasto sconosciuto e senza nome, che sorregge sulla schiena il corpicino senza vita del fratellino deceduto, dell'età apparente di due o tre anni, mentre è in attesa per effettuarne la cremazione.

Oggi si continua a sganciare bombe su bambini e persone inermi, cercando poi di spiegarci che alcune sono per il bene universale, altre al servizio del male. Dopo ottant’anni l’UOMO, in quanto animale senziente, non ha imparato nulla, anzi ha peggiorato la percezione della propria esistenza…. BOMBARDATECI TUTTI…

FB - 11 agosto 2024

Alfredo De Giuseppe 

2024-07-26 "Le foto del nespolo"

Il nespolo, dicevamo, rimane il segno della nostra gioventù, delle nostre incursioni tardo-primaverili nei giardini dei vicini che avevano frutti bellissimi, di cui andavano orgogliosi, loro. Silenziosamente col petto in fuori (e noi a punirli per questo). Oggi le nespole, quei frutti dolcissimi che diventano color giallo oro, sono spesso abbandonate a loro stesse. Nessuno le cura e pochi le raccolgono. Ma io, proprio io, pare che abbia un particolare rapporto con questo frutto. Vivo da qualche anno in un appartamento che non ha giardino, né una visuale su altri frutteti, uliveti o roseti. Sono un medio cittadino tecnologico di un paese che da tempo ha rinunciato ad alcune cose. Però, c’è sempre un però quando ti metti a scrivere: il destino si diverte, il più delle volte.  

La mia casa è divisa da altra proprietà da un muro alto, difficile da scavalcare. Il terreno che sta al di là del muro è in vendita da molti anni, ma pare non incontrare un grosso interesse. Dalla mia finestra si vede il muro e un’altra sola cosa: un nespolo, un albero molto alto, che seppur abbandonato e mai curato, innaffiato, potato o altro, continua imperterrito a produrre i suoi frutti. In una quantità che ogni anno mi appare sempre maggiore, nel disinteresse dell’homo sapiens. Per fortuna, direi.

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2024-06-23 Dentro una cisterna buia

A Cisterna di Latina, tanto per fare chiarezza, il partito Fratelli d’Italia ha preso circa il 50% dei voti nelle europee di qualche giorno fa. Chi ha letto “Canale Mussolini” di Andrea Pennacchi sa di cosa sto parlando. Intere popolazioni trasmigrate da altri luoghi nella mitologia del fascismo che creava lavoro e che son rimaste legate a quella fiaba, a quella cultura del sacrificio estremo. Ancora oggi è così. Agricoltori arricchiti, ma gran lavoratori, ancora sui campi. Crudeli con la propria famiglia, con gli animali, e in ultimo con gli schiavi importati in gran quantità (in ordine di importanza per loro).

L’indiano Satnam  Singh è uno dei tanti. Ha prima pagato per venire in Italia. Poi qui si è rivolto ad un certo Paul Uttam che fungeva da ufficio di collocamento a basso costo per gli imprenditori agricoli della zona. Attenzione, non solo per i Lovato dove Singh lavorava ma per decine di altri bravi impresari. Una prassi consolidata, accettata da una cultura del lavoro degradata e senza prospettive. Poi Singh ha iniziato a lavorare per 12-13 ore al giorno in condizioni di schiavitù totale, insieme ad altri connazionali, altri schiavi silenziosi. Per un tozzo di pane.

Quando Singh ha subito l’incidente che gli ha tranciato un braccio e schiacciato le gambe, nessuno ha pensato di chiamare il 118. Antonello Lovato in un impeto di generosità lo ha caricato nel suo furgone, ha messo il braccio in una cassetta della frutta, quelle di plastica verde, e tra le urla strazianti del suo lavoratore, lo ha scaricato davanti alla casa dove c’era la moglie, senza fermarsi neanche a tamponarlo un po’. È stato generoso perché poteva fare ancora peggio: poteva scaricarlo in un posto isolato e seppellirlo, perché anche questo succede, si sparisce all’improvviso e nessuno sa il perché.

Ora si scopre che il padre di Lovato, è indagato da circa 5 anni per caporalato. Come si legge nel capo di imputazione, Renzo Lovato e il collega Massimo Varelli si sarebbero rivolti al caporale indiano Paul Uttam per trovare manodopera a basso costo. Di più, a costi stracciati. I lavoratori, secondo la ricostruzione della procura, venivano pagati a cottimo senza il rispetto del salario minimo. Violate anche le norme di sicurezza e di igiene sul lavoro: gli investigatori a cui i PM hanno delegato l’indagine hanno trovato bagni fatiscenti e nessun luogo idoneo a consumare i pasti o per cambiarsi i vestiti. Hanno trovato case pericolanti e senza nessuna forma di sicurezza, con tetti precari, dove i lavoratori vivono ammassati come animali. Per di più pagando, ovviamente al datore di lavoro, un affitto da 110 euro al mese.

Questa è l’Italia creata dalla Bossi-Fini che nessun governo ha davvero cercato di abolire in toto, perché legge disumana, fonte di un reale apartheid, di odio razziale, di proliferazione della malavita e dei predatori dell’economia sommersa. Questa però è l’Italia che la maggioranza vuole: senza etica, senza prospettive, crudele con i poveri e genuflessa ai potenti di turno. Immaginate cosa succederà quando, tra un’Autonomia differenziata e l’altra, nell’inevitabile caos normativo, le regole del lavoro saranno stabilite Regione per Regione. Avremo certamente un Lovato Governatore, prima o poi.

(dedicato al mio amico indiano Soni che ha fatto il badante a mio padre con solerzia e dedizione, che ora vive a Lecce, aspetta in Italia il figlio da quattro anni e non riesce a farlo arrivare in nessun modo legale).

FB - 23 giugno 2024

alfredo de giuseppe

2024-06-22 - I miei cari 81 cittadini europei - il Volantino

 A mente fredda rifletto sul voto popolare per le Europee 2024. Prendo in esame una sola cittadina, mediamente mediterranea, dove in definitiva si potrebbe vivere bene, dove ci sono ancora servizi come ospedale, scuole superiori, attività commerciali, imprese storiche e di nuova generazione, alberghi e case-vacanze, mare e terra, con una scarsa presenza delinquenziale, dove la bellezza dei luoghi si scontra solo con l’inciviltà di molti. Questa cittadina la chiameremo Tricase, così tanto per darle una certa importanza, per dire che è anche più di una cosa singola. Insomma Tricase, nel suo piccolo, ha le carte in regola per essere un modello da studiare.

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