2014-04-30 "Di fanti e santi"
Il 24 aprile del 2014, un ragazzo di 21 anni è morto per la caduta di una croce alta trenta metri posizionata sul paese di Cevo in Valcamonica. Marco Gusmini , figlio unico, viveva a Lovere, aveva una leggera disabilità e questo gli ha impedito di mettersi al riparo dal crollo della Croce del Redentore come invece hanno fatto gli altri 40 compagni di oratorio che erano in gita con lui. Una sfortunata coincidenza: la croce in legno si è rotta mentre lui era seduto sulla panchina posta sotto la statua. Una fatalità come tante, la solita disgrazia fra disattenzione, incuria, caso.
Però fa riflettere il caso della croce inaugurata nel 1998 in occasione della visita di papa Wojtyla e crollata su un bravo ragazzo proprio alla viglia della canonizzazione del papa polacco. Una santificazione oltretutto complessa perché la Sacra Congregazione è ancora alla ricerca del suo secondo miracolo, modalità necessaria nelle regole ecclesiastiche.
Allora mi è venuto spontaneo fare un pensiero blasfemo. Se il giovane disabile pregando intensamente avesse migliorato leggermente la sua situazione motoria si sarebbe gridato al miracolo e quindi Wojtyla a cui era dedicata la statua sarebbe stato ancora più santo, ancora più glorioso nelle sue opere di bene. Ora però, di fronte ad un evento così evocativo, nessuno osa dire che il papa santo o addirittura il fondatore del cristianesimo hanno volutamente ucciso quel giovane. Sarebbe troppo e obiettivamente non vero. Le santificazioni per miracoli sono una di quelle grandissime manifestazioni teatrali di cui la religione cattolica ha bisogno da oltre duemila anni, per ribadire concetti e credenze spesso superati dalla scienza, dal buon senso, dalla semplice ragionevolezza. Però i miracoli, a partire dalla dubbiosa e controversa (per gli stessi evangelisti) resurrezione di Cristo, sono il pane di cui si nutre la pancia del cattolico. Non è la parola di tolleranza, né il concetto di pace, non è il codice etico e neanche l’esempio a risvegliare la religiosità, ma la credenza della causa-effetto, della preghiera rivolta ad un ente superiore per risolvere casi umani singoli, casi di miseria, lutti, disperazione. Uno perde il posto di lavoro perché il commercio mondiale ha cambiato le sue regole e confida nel miracolo di San Giuseppe, eletto santo patrono del lavoro dopo essere stato il falegname più bistrattato della storia; uno ha le piaghe e prega San Rocco, un altro è epilettico e trova rimedio con san Donato. C’è un santo per tutti, per le Forze armate di ogni genere, per i maschi infertili e per le donne obese, c’è il santo protettore degli studenti e financo la santa protettrice d’Italia. Insomma un olimpo enorme, con dei di ogni tipo, in grado di soddisfare ogni umana richiesta. Basta solo schiacciare il pulsante giusto, basta solo trovare la via alla giusta raccomandazione. Con Padre Pio vai a nozze: è uno buono per tutte le emergenze e se sei del Sud ha un occhio di riguardo (e si vede, mentre in Svezia non pare ci sia bisogno). Ricordo una vicina di mia nonna che aveva un perenne altarino, in costante devozione di un sant’Isidoro, sconosciuto ai più ma che aveva il pregio di essere il santo del giorno in cui cadde il lampadario della sua camera da letto senza rompersi e senza ferire nessuno.
Ora, noi che vogliamo scherzare sia con i fanti che con i santi, avremmo due alternative da offrire alla Chiesa, conformi ai suoi dogmi e alle sue parole: considerare la caduta della croce di Valcamonica un grande miracolo, perché evidentemente la volontà di Dio era quella di riportare subito al creatore il buon Marco oppure non offendere mai l’intelligenza umana e considerare ogni singolo fatto per quello che è. (Con lo stesso metro potremmo giudicare la Shoah, l’affondamento di una nave o la bomba atomica). A volte le scelte politiche sono preponderanti, a volte il caso gioca brutti scherzi su cui ridere o piangere, fatti inspiegabili sono stati spiegati dopo anni, dopo scoperte scientifiche e approfondimenti, a volte l’isteria produce gravi danni alla psiche anche di chi ascolta, a volte l’uomo ha semplicemente bisogno di aggrapparsi a qualcosa che non esiste. Che strano destino, l’uomo…
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Alfredo De Giuseppe